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La ripresa passa dal welfare aziendale

La centralità delle risorse umane tra salute, benessere e organizzazione del lavoro. La versione originale di questo articolo fa parte del Dossier Welfare 2021, allegato del numero di Fortune Italia di novembre 2021. Il dossier può essere consultato online a questo indirizzo.

PIÙ SALUTE, più benessere, nuove organizzazioni del lavoro, più attenzione al territorio, più consulenza. E un possibile aggancio al mitico Pnrr. Il nuovo welfare integrativo – aziendale e non solo – si sviluppa secondo queste direttrici. Durante l’emergenza Covid qualcuno avrebbe scommesso su una contrazione dei piani di welfare aziendale; ma è stato subito smentito, con il nuovo mantra della centralità delle risorse umane.

Lo spiega bene una delle voci più autorevoli di questo mondo, Andrea Lecce, Responsabile direzione sales & marketing private e aziende retail di Intesa Sanpaolo: “Il welfare aziendale sta diventando sempre più “fattore chiave” di stimolo al sistema produttivo e può contribuire in maniera importante al miglioramento del clima aziendale, soprattutto in una fase come quella attuale, di robusta ripresa economica. Inoltre, non dimentichiamo che le strategie di welfare aziendale sono uno strumento importante per soddisfare quelle che sono le priorità del Piano nazionale di ripresa e resilienza: dalla salute, alla conciliazione vita-lavoro, con particolare riferimento alle donne, all’attenzione per i giovani, le famiglie e la comunità stessa”.

La cover del Dossier Welfare 2021

C’è una nuova responsabilità sociale di cui si stanno facendo carico le imprese. Lo ha messo in luce l’ultimo rapporto Welfare Index Pmi di Generali Italia. Lo ha segnalato Tiziano Treu, presidente del Cnel, commentando un recente accordo aziendale sottoscritto in Atlantia: per dieci giorni all’anno i dipendenti del Gruppo potranno svolgere azioni di volontariato a spese del datore di lavoro. “Che l’azienda usi risorse proprie per metterle a disposizione, con la loro competenza e con il loro tempo pagato dall’azienda, per scopi altrui e a vantaggio della comunità territoriale è una novità assoluta” commenta Treu: anche questo è un nuovo orizzonte del welfare integrato. Il benefit è il tempo, ma un tempo non semplicemente “liberato” dal lavoro e indirizzabile a scopi ricreativi e/o ludici, ma convertito in bisogni della comunità, del territorio, indirizzato dagli operatori sociali che lì vivono e operano.

“Vogliamo costruire ponti di connessione tra il mondo profit e il non profit” spiega Nicola Pelà, Direttore delle risorse umane di Atlantia. È un mix pubblico-privato (e privato sociale) che introduce una nuova area di integrazione. Non più solo la previdenza o la sanità, due dei pilastri tradizionali del welfare integrato, non più solo i flexible benefit frutto dei piani di welfare aziendale gestiti dalle piattaforme informatiche dei provider, e nemmeno soltanto le azioni promosse individualmente dai soggetti del Terzo settore, ma un percorso condiviso tra aziende, lavoratori e comunità territoriale, attraverso l’uso del tempo. La traccia delle banche del tempo, ma con un’evoluzione in più.

Andrea Lecce lo focalizza: “Non bisogna dimenticare l’impatto sociale che il welfare aziendale genera migliorando il dialogo delle aziende con il proprio territorio di riferimento. Il welfare può avere un ruolo importante nell’accrescere quella che si definisce social reputation aziendale, coinvolgendo i dipendenti per favorire il benessere della persona e lo sviluppo delle comunità e dei territori locali”.

 

La versione originale di questo articolo fa parte del Dossier Welfare 2021, allegato del numero di Fortune Italia di novembre 2021. Il dossier può essere consultato online a questo indirizzo.

 

 

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