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Draghi scopre le carte, speriamo abbia ragione

Alla politica, e in particolare ai premier, si contesta spesso la scarsa propensione alla chiarezza. Mario Draghi da sempre ha fatto eccezione e in occasione della conferenza stampa di fine anno, probabilmente la sua ultima da Presidente del Consiglio, ha risposto con chirurgica precisione soprattutto sui temi cruciali, a partire dalla sua permanenza a Palazzo Chigi. Basta utilizzare le sue parole e la sua definizione di se stesso, “un nonno al servizio delle istituzioni”, per inquadrare la linea che ha scelto di seguire: non spetta alle singole persone ma al Parlamento prendere le decisioni sullo scenario futuro.

Ragionare sulle conseguenze delle dichiarazioni di oggi di Draghi vuol dire inevitabilmente considerarlo come il primo, e forse unico, candidato al Quirinale. Secondo il premier l’azione del suo governo è sostanzialmente conclusa, nel raggiungimento di tre obiettivi: il successo della campagna vaccinale, il rilancio dell’economia, la messa in sicurezza del Pnrr. Tanto che “non c’è ragione per temere che non si possa fare bene in futuro”.

Il problema è tutto qui. Posto che Draghi abbia ragione sul bilancio positivo dell’ultimo anno, e si può sostanzialmente condividerlo stando ai numeri e ai fatti, l’interrogativo principale resta la tenuta del sistema senza Draghi a Palazzo Chigi. Tra le condizioni indicate dal premier per proseguire nel solco delle cose fatte finora ce n’è una che rappresenta una variabile fondamentale: “È importante che ci sia una maggioranza come quella che ha sostenuto l’attuale governo”. Questo fattore chiave, però, non è nella disponibilità di Draghi, soprattutto nell’ipotesi di un trasloco al Colle. E il grande interrogativo riguarda le scelte dei partiti, e del Parlamento, perché la fiducia e il sostegno a un nuovo premier, o a un nuovo governo, passa dalla condivisione di un piano per la fine della legislatura.

Importante anche la risposta di Draghi rispetto alle prerogative del Capo dello Stato. “È un garante e non un notaio”, ha puntualizzato, ricordando quanto hanno pesato le scelte del presidente Sergio Mattarella, “un modello”, nella soluzione della crisi politica che ha portato alla nascita del suo governo e nel sostegno all’azione che lo ha caratterizzato.

La domanda successiva, a cui neanche Draghi può rispondere con sufficiente certezza, è: basterà Draghi al Quirinale a garantire governabilità e a limitare la cronica instabilità politica che rischia di compromettere un’azione di governo adeguata? Dalla risposta dipendono, a questo punto, buona parte delle possibilità di portare avanti la trasformazione necessaria a questo Paese.

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