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Amazon e il capitalismo estremo

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Immaginatevelo il dito di Dio. Nella notte, il vento lo annuncia, i lampi lo illuminano in lontananza. Una colonna nera che si avvicina, circondata da un maelstrom di detriti, acqua, polvere, pezzi di case, auto. Vostra moglie con i figli è già al sicuro, mancate solo voi ma whazzappate alla vostra compagna di vita: “Amazon non ci lascia andare”. È l’ultimo messaggio che inviate, l’epitaffio sulla vostra tomba digitale, le ultime parole che vostra moglie e i vostri figli avranno da voi. Perché mentre il dito di Dio è su di voi… voi morite. Questa è la breve cronistoria degli ultimi atti di vita di Larry Virden, veterano della guerra in Iraq. Lavorava per Amazon, nel magazzino distrutto dal tornado.

Amazon: il capitalismo al suo apice

C’è da ammirare Jeff Bezos, e lo dico con la massima sincerità. È riuscito a prendere tutti gli strumenti del capitalismo moderno, tutte le strategie per risparmiare sulle tasse, per far pagare le esternalità agli Stati, scaricare i costi sui cittadini che pagano le tasse, cercare di portarsi a casa a tutti i costi grasse commesse governative etc.. e portarli a un livello di sofisticazione mai toccato prima. Amazon e Aws sono un’opera d’arte di capitalismo estremo. C’è solo un lieve problema: il capitalismo ha, come mandato, di valorizzare il capitale, non gli umani che contribuiscono alla creazione del capitale. Se non ci credete leggetevi Adam Smith, il fondatore del capitalismo moderno: segnatevi quante volte scrive di democrazia nel suo trattato. Leggetevi l’articolo di Friedman, il fondatore del globalismo, che titolava “La responsabilità sociale di un business è di aumentare i suoi profitti (The Social Responsibility Of Business Is to Increase Its Profits)”. Besos è il capitalista perfetto: il profitto prima di tutto. Veniamo al Kentucky: sono morti solo in 6 nel magazzino di Amazon in Kentucky, mentre nella fabbrica di candele di Mayfield sono morti in 8. Viene da domandarsi perché sprecar tempo a parlare di Amazon a cui ne son morti solo 6…quando agli altri ne son morti 8? Diciamo che si deve guardare questi 6 morti in proiezione, discutendo di sicurezza sul lavoro, di edilizia e di lobby.

La sicurezza sul lavoro e Amazon

Amazon dichiara che la sicurezza su ogni sito di lavoro è una priorità. Poi emergono qui e la rapporti sul numero d’incidenti, di solito non mortali, di coloro che lavorano nei siti Amazon. Nel Minnesota, per esempio, il NELP spiega che gli incidenti sul lavoro, presso i siti Amazon, sono il doppio della media nazionale. Parliamo prima di tutto di edilizia e magazzini. Il metodo di costruzione dei magazzini che va per la maggiore in American si chiama Tilt-up (un metodo usato da tutti, non solo Amazon): un’approccio veloce ed economico. Un metodo, come spiegano al Seattle Times, comune a molti magazzini di Amazon in aree a rischio di eventi climatici estremi; un metodo non adatto a resistere a un tornado. Con l’aumento di eventi climatici estremi, questo tipo di magazzini e metodo di assemblaggio, dovrà essere rivisto. Un’ulteriore criticità che emerge, dallo stesso articolo, è la sicurezza per i dipendenti. Kelly Nantel, portavoce di Amazon, spiega che il rifugio “anti-tornado” dell’edificio in Kentucky era una parte interna nell’edificio, senza finestra, e non era una “safe room (una stanza di sicurezza contro eventi estremi, secondo standard Fema)”.

Ora veniamo alle pratiche di sicurezza ed emergenza.

L’’OSHA ha avviato un indagine, non la prima per Amazon, per comprendere se vi fossero, nel magazzino, tutti gli standard e le procedure richieste in caso di emergenza. Ancora più rilevante sarà comprendere se le procedure di emergenza fossero state spiegate a chi lavorava nel sito. È bene ricordare che la  Occupational Safety and Health Administration ha standard riconosciuti a cui tutte le aziende devono attenersi.

Tuttavia, all’Intercept scrivono che molti dei lavoratori non erano stati addestrati per casi di emergenza. Sulla stessa analisi dell’Intercept si riporta come durante un altro evento (l’uragano IDA), un lavoratore di Amazon chiese di andare a casa perché temeva per la sua vita, ma gli venne risposto che questa azione avrebbe messo in pericolo la sua “perfomance quota”. Un altro tema preoccupante, per la sicurezza dei lavoratori, è il divieto di portare con sé il cellulare, come spiega Bloomberg. In America esiste un sistema di allerta via cellulare estremamente efficiente (WEA); di fatto la prima linea di allarme in caso di eventi atmosferici letali, come il tornado che ha ucciso chi lavorava nel magazzino di Amazon. Il non avere con sé il proprio cellulare può fare la differenza tra la vita e la morte, in molti stati americani.

Il ‘cecchino’ di Amazon

L’efficienza nei magazzini Amazon si deve a Dave Clark, Amazon worldwide consumer CEO, conosciuto con il soprannome di “il cecchino”. Uno dei manager storici del gruppo, si è fatto questo soprannome puntando i dipendenti che erano troppo lenti e licenziandoli. È conosciuto per la sua ossessione per l’efficienza. Quando ha scoperto i robot, e la loro efficienza, ha spinto per comprare Kiva (poi rinominata Amazon Robotics) e ora Amazon ha 200.000 dipendenti robotici. Ovviamente i robot hanno molti pregi: non si  lamentano, non si sindacalizzano e non tentare di abbandonare il posto di lavoro durante un tornado. Suo il successo nella logistica di Amazon, un successo “a rischio di tragedia” come spiega Marc Wulfraat nell’analisi del Seattle time linkato sopra. Tuttavia queste legioni di robot non bastano per colmare la domanda di forza lavoro, specialmente nei magazzini: ogni anno Amazon assume, temporaneamente, oltre 200.000 “esterni”. Assunti tramite cooperative, o soluzioni di somministrazione di lavoro equivalenti; questi lavoratori temporanei non hanno gli stessi diritti dei lavoratori assunti. Hanno tuttavia gli stessi doveri: devono imparare rapidamente tutti gli standard del magazzino dove lavorano. I nuovi arrivati a volte muoiono, come il caso del 2013, sotto natale, quando un nuovo arrivato venne schiacciato da un macchinario per fare pacchi. Si ricordi che “gli esterni” sono anche un vantaggio in termini di responsabilità: di norma la loro copertura assicurativa è a carico della azienda che li “affitta” ad Amazon. Un pò come i driver delle aziende esterne che si prendono querele e denunce per guida spericolata ma se non consegnano in tempo sono “ripresi”.

Amazon e i lobbysti

In America, quando si parla di licenziamento, il concetto di “giusta causa” è un poco soggettivo. Tuttavia in molti stati americani si sta affermando un movimento per garantire maggiori diritti ai lavoratori. Uno dei temi caldi, è la sicurezza: se un lavoratore ritiene che la sua vita sia in pericolo a causa di eventi pericolosi (terremoti, incendi, uragani etc..), potrà abbandonare il posto di lavoro senza essere licenziato. Numerosi stati, tra cui il Kentucky (dove è avvenuto l’incidente), stanno promuovendo questo approccio che va incontro alla sicurezza dei lavoratori. In Illinois o in Kentucky i dipendenti lavorano con una serie di limitazioni, soprattutto per la loro sicurezza. Anche nel Montana stanno tentando una cosa simile. Tuttavia questa legge, di vantaggio per i dipendenti e di svantaggio per datori di lavoro, potrebbe non piacere a tutti. Emerge, per esempio che la Chicagoland Chamber of Commerce e la Illinois Chamber of Commerce si sono opposte. Caso vuole che tra gli sponsor di queste due organizzazioni vi sia Amazon. La Integrity Staffing Solutions, un “affittatore” di lavoratori, che ha rifornito il magazzino di Amazon colpito dal tornado, come molti altri siti, è membro della American Staffing Association. L’associazione si oppone strenuamente ad ogni proposta di legge che integri le “giuste cause” nei motivi di licenziamento. Il progetto del NELP (National Employement Law Project) sta tentando di far approvare, su scala nazionale, una struttura legale normativa per integrare la giusta causa nei licenziamenti.

Può succedere in Italia?

Amazon ha numerosi centri di smistamento in Italia, viene da domandarsi se questi siti siano a prova di eventi estremi. Possiamo stare tranquilli: da noi tornado come quello che ha colpito in America non si sono mai visti (in effetti nemmeno in Kentucky ne avevano mai visto uno così).

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