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I numeri della ricerca italiana sull’intelligenza artificiale

Di Claudio Colaiacomo, vice president Elsevier – Ci siamo chiesti quale sia lo stato dell’arte della ricerca scientifica italiana in tema di Intelligenza Artificiale (AI), partendo dal presupposto che se il nostro Paese intende giocare un ruolo da protagonista sulla scacchiera globale, questo non può prescindere da una solida base di competenze e da una fitta rete di collaborazioni internazionali virtuose. L’analisi che segue è il frutto di un lavoro realizzato da Elsevier utilizzando ed incrociando una serie di dati dai finanziamenti pubblici alla ricerca, i brevetti registrati, la capacità di attrarre fondi europei, le collaborazioni tra università e azienda e la quantità e qualità di lavori scientifici pubblicati dai nostri ricercatori. Ed è proprio da qui che parte la nostra analisi.

In termini di quantità di pubblicazioni scientifiche in area AI l’Italia è terza in Europa, seconda solo a Germania e Inghilterra, e decima se si considera il mondo intero. Tra gli istituti più prolifici annoveriamo il CNR, il Politecnico di Milano, e La Sapienza di Roma. In sostanza l’Italia è un grande produttore di scienza, nei nostri atenei e nei nostri istituti si sforna nuova conoscenza quotidianamente. Questa prerogativa non si limita al numero di pubblicazioni scientifiche ma anche alla qualità dei lavori pubblicati in termini di citazioni ricevute. Da questa prospettiva l’Italia è sul podio in Europa mentre nel mondo la qualità della nostra ricerca non è lontana da quella statunitense e di gran lunga superiore a quella cinese nonostante l’enorme volume di ricercatori e finanziamenti che queste nazioni possono vantare.

Questi risultati positivi assumono un valore eroico se andiamo a vedere il volume di fondi pubblici che la nostra nazione investe in ricerca scientifica, un livello che la l’Associazione Europea delle Università (EUA) definisce senza mezzi termini “sotto finanziamento critico”. Dal 2008 infatti l’Italia ha ridotto i fondi alla ricerca del 15% mentre le nazioni a noi più vicine hanno fatto l’opposto. Se nel 2020 abbiamo investito in ricerca scientifica pubblica lo 0,4% del PIL, in Francia ne hanno investito quasi tre volte tanto e in Germania più del doppio.

Fonte Elsevier. Grafico dal numero di Fortune Italia di marzo 2022

Si dice che di necessità si fa virtù e nel paese dove l’arrangiarsi è un’arte registriamo una spiccata capacità tutta italiana di attrarre i fondi per la ricerca disponibili, un trend positivo trend in forte crescita negli ultimi anni. L’anno scorso quasi un quarto dei finanziamenti totali europei disponibili in area AI è finito nei nostri atenei e centri di ricerca (22.5%), per un totale di oltre 200 progetti dal valore medio complessivo di 6 milioni ciascuno.

Ma c’è un’altra risorsa disponibile ai nostri atenei per finanziare ulteriormente la ricerca in Intelligenza Artificiale: la collaborazione con le aziende private che in questo settore sono particolarmente virtuose e ben finanziate. Nonostante le azioni strategiche di alcuni atenei in questo ambito, in generale registriamo una limitata attitudine alla collaborazione università-azienda. Solo il 5% di tutti i lavori scientifici pubblicati nel nostro paese sono stati prodotti in collaborazione con il settore privato. In Germania e negli USA la percentuale sfiora l’11% mentre in Francia è al 9%.

Tra queste collaborazioni citiamo le più virtuose con IBM, STMicroelectorics, EURAC research e Eni. Interessante come tra le dieci collaborazioni più prolifiche non ci siano aziende asiatiche, solo tre sono con aziende italiane (Eni, Telecom, Eurac), mentre il resto è dominato da aziende americane.

Come è normale che sia, quando si tratta di ricerca scientifica, il risultato di questi lavori è l’incremento della conoscenza umana. In alcuni casi, e certamente nel caso dell’intelligenza artificiale, questa conoscenza si trasforma in vere e proprie invenzioni che vengono registrate e brevettate. Per dare un passaporto a queste invenzioni abbiamo analizzato la nazionalità dei lavori scientifici che hanno portato alla registrazione di un brevetto. Nel mondo è la Cina il paese dove ha origine il numero più alto di invenzioni. Oltre 200 mila invenzioni parlano cinese, un numero sorprendente se si considera che una potenza in termini di produzione scientifica come gli Stati Uniti vanta poco più di 50 mila invenzioni nate sul proprio territorio. Le invenzioni Italiane sono appena un migliaio, un numero esiguo se si considerano le diecimila invenzioni tedesche e le quasi quattromila francesi.

 

Fonte Elsevier. Grafico dal numero di Fortune Italia di marzo 2022
Fonte Elsevier. Grafico dal numero di Fortune Italia di marzo 2022

 

L’immagine che emerge dalla nostra analisi è quella di un paese che si assesta nel panorama mondiale tra i grandi produttori di conoscenza in area di Intelligenza Artificiale. L’Italia è in grado di produrre elevati standard di ricerca scientifica e di attrarre fondi dalla comunità europea. Ci chiediamo se queste qualità possono rappresentare un’opportunità per dare ulteriore impulso al lavoro dei nostri ricercatori magari programmando un graduale aumento dei fondi destinati alla ricerca. Ci chiediamo inoltre quanto i successi argomentati in questo articolo siano il frutto di una programmazione coordinata nazionale e quanto invece ascrivibili a virtuosità locali pertinenti a ciascun centro di ricerca, laboratorio o persino alle capacità dei singoli ricercatori. Forse anche questa potrebbe essere un’opportunità per sistematizzare la ricerca scientifica nell’ambito di precisi obiettivi di interesse nazionale, sempre nello spirito di libertà che deve governare la ricerca scientifica.

 

Una versione di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di marzo 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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