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Perché il pressing degli ambientalisti su Bitcoin non funzionerà

Il Bitcoin non è solo conosciuto come la più grande criptovaluta. È anche criticato come una delle maggiori fonti di inquinamento legate al mondo blockchain. Questo perché il mining di Bitcoin richiede un’enorme quantità di energia, poiché i computer della rete devono risolvere dei complessi ‘puzzle’ per convalidare le transazioni e creare nuove monete. Questo processo è chiamato proof-of-work.

Tuttavia lunedì i principali gruppi di attivisti per il clima hanno spiegato che Bitcoin potrebbe sospendere questo tipo di processo e essere il 99% più verde spostandosi su un modello diverso,  ovvero il proof-of-stake.

Greenpeace Usa, Environmental Working Group e altre organizzazioni hanno lanciato una campagna che prevede la pubblicazione di annunci sul New York Times, su Politico e altre testate, come riportato per la prima volta dal Wall Street Journal. Chris Larsen, il co-fondatore di Ripple, azienda fintech che sta dietro a una criptovaluta rivale e da tempo critico verso il proof-of-work di Bitcoin, avrebbe fornito 5 milioni di dollari a sostegno della mobilitazione.

La comunità Bitcoin afferma che l’obiettivo di questa campagna non solo è inverosimile, ma anche impossibile. È improbabile che abbia successo per una serie di motivi, dicono, e oltretutto il modello proof-of-work è una parte importante del motivo per cui sono così devoti a Bitcoin.

Larsen ha spiegato a Bloomberg che la sua decisione di sostenere la mobilitazione non è legata all’intenzione di “abbattere una criptovaluta rivale”, ma al suo interesse per la protezione dell’ambiente. Ha aggiunto che neanche Ripple è coinvolta nella campagna.

Sebbene Larsen non abbia spiegato con quale meccanismo vorrebbe che Bitcoin sostituisse il proof-of-work, ha parlato su Twitter del piano di Ethereum di passare al proof-of-stake. Attraverso questa modalità, gli utenti convalidano le transazioni impegnando una quota delle proprie criptovalute (cosiddetti ‘stake’). Questo meccanismo utilizza molta meno energia, rendendo obsoleto il mining.

Ciò che questa campagna non tiene in considerazione, dicono i Bitcoiner, è che il proof-of-work è una parte fondamentale del valore della moneta. Ritengono il proof-of-work vitale per la sicurezza e la decentralizzazione della blockchain e sono molto gelosi di questo meccanismo. La maggior parte di loro non desidera alcun aggiustamento.

“Le probabilità che Bitcoin passi al proof-of-stake nel prossimo futuro sono molto ridotte”, spiega a Fortune John Wu, presidente di Ava Labs, un team che supporta lo sviluppo della blockchain di Avalanche. “Il proof-of-work, sebbene ad alta intensità energetica, è stato fondamentale per la filosofia e il successo di Bitcoin sin dall’inizio”. Wu osserva che Satoshi Nakamoto, lo sviluppatore anonimo di Bitcoin, menziona il proof-of-work nel suo famoso white paper sui Bitcoin già nella quarta frase. “È altamente improbabile che la modifica proposta a questa funzionalità di base possa passare”.

Inoltre, il passaggio dal proof-of-work a qualcosa come il proof-of-stake distruggerebbe il reddito dei miner, dal momento che anche loro diventerebbero obsoleti.

“I minatori fanno soldi attraverso un business capital-intensive che prevede grandi investimenti nelle attrezzature che poi utilizzano”, dice a Fortune Jerry Brito, direttore esecutivo del think tank cripto Coin Center con sede a Washington. Questa mobilitazione essenzialmente “chiede loro di passare a un sistema in cui tutto il loro investimento di capitale diventa inutile”.

Oltre a tutto ciò, i sostenitori della campagna ritengono erroneamente che apportare questa modifica sarebbe facile. Bloomberg riferisce che secondo loro “basterebbero una cinquantina di attori chiave tra miner, exchange di crypto e sviluppatori per modificare il codice sorgente di Bitcoin’. Ma Brito sostiene che questo non è vero.

Essendo una rete decentralizzata, o non controllata da un gruppo o entità, una Bitcoin improvement proposal  (Bip) dovrebbe essere presentata alla comunità e essere votata per passare. Potrebbero volerci anni prima che tutti i minatori, gli operatori dei nodi della blockchain e gli sviluppatori si accordino sul Bip e raggiungano il consenso per andare avanti.

“Abbiamo visto in passato gente che diceva ‘possiamo andare da alcuni miner o exchange chiave, e se supportano una modifica del codice, alla fine si farà’. E invece il tentativo è miseramente fallito perché la stragrande maggioranza di quelli che gestiscono Bitcoin non sono d’accordo”, spiega Brito.

Alla gente piace sentire parlare di numeri per immaginare che ci sia un consenso, che però “non c’è”, osserva. “Deve esserci un consenso generale tra gli sviluppatori, i minatori e i nodi”, o i proprietari dei computer che compongono la rete Bitcoin.

Poi c’è il vero problema: anche se si dovesse concordare un Bip, il codice di Bitcoin non cambierebbe automaticamente. I minatori e coloro che si occupano dei nodi dovrebbero accettare di aggiornare il loro software per eseguire il nuovo codice.

Se alcuni miner e nodi accettassero di eseguire il nuovo codice, si verificherebbe un hard fork o una situazione in cui Bitcoin si dividerebbe in due blockchain: quella originale proof-of-work e una nuova che segue un diverso insieme di regole, forse proof-of-stake. Indipendentemente da ciò, la blockchain come proof-of-work esisterebbe ancora ed elaborerebbe transazioni.

“Ci sarebbe una nuova moneta, ma ci sarebbe ancora Bitcoin come proof-of-work’, sottolinea Brito. “Questo è già successo. C’è Bitcoin Cash creato da Bitcoin. Ma ciò che in genere accade a queste monete è che diventano irrilevanti perché non c’è proprio interesse per loro. L’interesse continua a essere nei confronti di Bitcoin“.

In effetti, “i nuovi protocolli non hanno mai avuto lo stesso successo dell’originale e penso che l’idea di modificare Bitcoin oggi ricordi le difficoltà di quest’epoca”, afferma Wu.

Ovviamente, gli attivisti probabilmente considerano il mining un male, dal momento che stanno supportando un allontanamento dal proof-of-work, che richiede appunto il mining. Ma per apportare una tale modifica a Bitcoin, i minatori dovrebbero essere convinti a smettere di fare ciò a cui hanno dedicato la propria vita. Ecco perché, la campagna appena lanciata “non è realistica”, conclude Brito.

L’articolo originale è su Fortune.com

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