Cerca
Close this search box.

Più di 23 milioni di occupati, ma il record è del lavoro precario

lavoro pil disoccupazione crescita industria economia

Il lavoro cresce, ma non è un lavoro ‘solido’. La crescita dell’occupazione italiana raggiunge livelli che non si vedevano da prima della pandemia, ma è guidata dai lavoratori precari con contratti a termine. A marzo 2022, secondo i dati Istat, il numero di occupati torna a superare i 23 milioni.

È la prima volta dal febbraio 2020 che non si vede un numero così alto di occupati nel mondo del lavoro italiano, ma è un altro dato a scomodare record ancora più remoti: è dal 1977 che non si vede un numero simile di dipendenti a termine, che ora sono 3 milioni e 150mila.

L’aumento osservato rispetto all’inizio dell’anno, in generale, è pari a quasi 170 mila occupati. Rispetto a marzo 2021, la crescita del numero di occupati è invece di 800 mila unità, e in oltre la metà dei casi riguarda i dipendenti a termine.

L’aumento è trasversale per genere, età e posizione professionale. Il tasso di occupazione è più elevato di 2,8 punti percentuali. Rispetto al mese precedente, la crescita del numero di occupati si associa alla diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. L’aumento dell’occupazione (+0,4%, pari a +81mila) coinvolge le donne, i dipendenti e le persone con più di 24 anni di età; l’occupazione rimane sostanzialmente stabile tra gli uomini, mentre diminuisce tra gli autonomi e i più giovani (15-24 anni).

Il tasso di occupazione si attesta al 59,9% (record dall’inizio delle serie storiche)Il calo del numero di persone in cerca di lavoro (-2,3%, pari a -48mila unità rispetto a febbraio) si osserva per le donne e nelle classi d’età centrali. Confrontando il primo trimestre 2022 con quello precedente si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,6%, per un totale di 133mila occupati in più. La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione sia delle persone in cerca di lavoro (-6,0%, pari a -136mila unità) sia degli inattivi (-0,4%, pari a -54mila unità).

Il tasso di disoccupazione è all’8,3%, tornando ai livelli del 2010, e il tasso di inattività, al 34,5%, scende ai livelli prepandemici. A marzo il tasso di disoccupazione sale però al 24,5% tra i giovani (+0,3 punti). La diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-2,3%, pari a -48mila unità rispetto a febbraio) si osserva per le donne e nelle classi d’età centrali. Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce (-0,6%, pari a -72mila unità)per gli uomini, le donne e per tutte le classi di età. Rispetto a marzo 2021, diminuisce il numero di persone in cerca di lavoro (-16,6%, pari a -412mila unità) e il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-5,5%, pari a -747mila).

Il record dei contratti a termine

“Può apparire una buona notizia la crescita, anche se lenta, dell’occupazione, ma nasconde un dato gravissimo per il nostro mercato del lavoro: i contratti a termine registrano un nuovo record”, ha commentato in una nota la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti.  ”Pur in presenza di un calo dell’indice di disoccupazione e di inattività – sottolinea- il dato più eclatante è che la ripresa dell’occupazione si fonda sostanzialmente sull’esplosione dei contratti a termine, oramai quasi il 20% dei contratti di lavoro dipendente, segno che non sono più uno strumento per affrontare esigenze temporanee e limitate, ma una caratteristica strutturale”.

La Confcommercio, in una nota, fa notare un altro punto: il tasso di disoccupazione delle fasce di età più giovani si abbassa perché stanno invecchiando gli italiani. “La produttività del lavoro è moderatamente decrescente, in un contesto di generalizzato rallentamento dell’economia”, scrive in una nota l’Ufficio Studi di Confcommercio. “Nella lettura dei dati non va trascurata l’interpretazione alla luce della demografia – spiega l’associazione – che agisce nella direzione di uno strutturale abbassamento del tasso di disoccupazione: a marzo si colloca all’8,3%, un valore che non si riscontrava dalla metà del 2011. Nel confronto di lungo termine, infatti, se oggi l’occupazione tra 15 e 34 anni vale il 23,1% del totale, nel marzo del 2004 lo stesso parametro assumeva il valore del 35,3%. Per converso gli occupati con oltre 50 anni di età erano il 20,4% e oggi costituiscono il 37% di tutti i lavoratori.  L’invecchiamento della popolazione contribuisce a determinare questa configurazione”. Sotto il profilo congiunturale, “va sottolineato, infine, come il miglioramento del mercato del lavoro, ed il ritorno sui valori di inizio 2020, abbia interessato solo la componente dipendente. Per la componente indipendente dell’occupazione il saldo, rispetto a febbraio 2020, è ancora pesantemente negativo e pari a 215mila unità”.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.