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Vacanze romane in salsa di soia. In Cina vanno le ricette all’italiana, con Cannavacciuolo

Ricette, Roma e un personaggio che piace in tutto il mondo. C’è un film di cui nessuno parla. Eppure sta facendo numeri impressionanti su Migu, il servizio streaming di China Mobile: in due settimane ha fatto già 75 milioni di visualizzazioni. Su IQiYi invece, che è l’equivalente cinese di Netflix, è ai vertici della playlist da settimane. Sono risultati incredibili per un film italiano specie di questi tempi, in cui il cinema italiano è in attesa da due anni e mezzo (salvo sporadiche eccezioni) di un nuovo riscatto.

Il film-fenomeno si chiama ‘La ricetta italiana’, una via di mezzo tra ‘Mangia, prega, ama’ con Julia Roberts e il mitico ‘Vacanze Romane’. Per rendere tutto più appetibile e appetitoso, oltre alle due star cinesi Liu Xun e Huang Yao, è stato coinvolto il superchef Antonino Cannavacciuolo e il richiamo è quindi alla cucina italiana.

Fortune Italia ha intervistato in esclusiva il produttore Cristiano Bortone.

Avete realizzato un Vacanze Romane per il mercato cinese e asiatico con numeri strabilianti. Il cinema è anche esportazione del Made in Italy e distribuzione per i mercati esteri.

Negli ultimi anni in tutto il mondo molti film hanno dimostrato la capacità non solo di raccontare storie coinvolgenti, trattare tematiche importanti, ma anche di creare un fascino particolare presso il pubblico riguardo a luoghi, sapori e suggestioni culturali. È noto che alcune location sono diventate quasi luoghi di pellegrinaggio per il pubblico e prodotti legati al gusto o alla tradizione locale sono stati rilanciati proprio grazie al fascino della narrazione. Abbiamo cominciato a immaginare La ricetta italiana, ci siamo resi conto fin da subito che il film poteva essere un veicolo straordinario di promozione del nostro Paese e di tutte le cose belle e straordinarie che ci appartengono.

Che immagine e considerazione hanno in Cina dell’Italia?

In Cina, come in tantissime altre parti del mondo, l’Italia è conosciuta per la ricchezza storica, per le bellezze architettoniche e paesaggistiche, per il design, per la moda e anche per la straordinarietà del nostro cibo.

I cinesi prendono atto che le nostre due cucine, quella cinese e quella italiana, sono le più ricche e le più culturalmente stratificate in tutto il mondo. Tutto questo rappresentava per noi un’opportunità straordinaria. Per questo, nella produzione, abbiamo coinvolto alcune aziende che rappresentano brand dell’eccellenza italiana. Non poteva mancare la Vespa, legato al classico Vacanze Romane, a cui il film in qualche modo si ispira. C’è Aperol, legato alla cultura dell’aperitivo e della Dolce Vita romana e al tempo libero. Ma anche Lagostina, alcuni brand della moda, l’Hotel della Ville che ci ha ospitati e, ovviamente, tutti i luoghi iconici della città di Roma.

In che modo avete coinvolto lo chef Antonino Cannavacciuolo, anche lui partner del film?

Nel film era presente la figura dello chef italiano famoso che ispirava la protagonista e quindi abbiamo pensato fin dall’inizio di coinvolgere una vera personalità della cucina italiana. Cannavacciuolo c’è sembrato una figura molto iconica. Antonino come molti dei suoi colleghi non sono ancora famosi in Cina, dove la cucina occidentale comincia a farsi strada solo da poco. Però ha abbracciato con grande disponibilità il nostro progetto e spero che il risultato possa offrire anche a lui un’opportunità per ampliare il suo bacino di utenti in questo mercato così grande ed importante.

Raffigurate una Roma da cartolina con tanto cibo dentro. La Capitale sommersa d’immondizia, popolata da cinghiali e a tratti invivibile tra traffico, scioperi nazionali e disagi quotidiani vi dovrebbe essere molto grata perché gli avete letteralmente rifatto il look.

Roma è una città incredibilmente bella che ha fatto sognare, in tutto il mondo, intere generazioni anche grazie al grande schermo e alle centinaia di film che la raffigurano in tutta la sua magnificenza. E questa era l’immagine “di servizio” per il nostro Paese che, ovviamente, abbiamo voluto proporre per esportarla, nella cornice di una commedia romantica. Questa è l’immagine che fa sognare il mondo, non si tratta di mistificare, ma di renderle giustizia. Siamo contenti che la Regione Lazio, la Film Commission e il Comune di Roma abbiano abbracciato questo progetto capendone appieno le potenzialità promozionali. L’unico problema lo abbiamo avuto per girare al Colosseo dove, la allora dirigente, non ci ha permesso di realizzare le riprese affermando che il Colosseo non aveva bisogno di questo tipo di promozione nel mondo. Si tratta come sempre di burocrati che non si rendono conto dell’incredibile potenzialità del cinema e della necessità di continuare a promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo, perché non si campa di rendita e di vecchia gloria.

Forse il Colosseo non ha davvero bisogno di un film per essere promosso: a volte c’è il rischio che l’opera, nel suo complesso, non sia qualitativamente all’altezza – non è magari il caso vostro – e anziché fare promozione si rischia di fare un autogol.

Sono punti di vista. Avremmo promosso l’immagine di Roma in Cina e nel mondo. Ma va bene lo stesso, i risultati ci stanno dando ragione.

La vostra è comunque un’operazione di valorizzazione del turismo: che tipo di ricaduta economica sul nostro Paese questo film potrebbe avere?

La Cina rappresenta un mercato impressionante. Il nostro film, prima di finire sulle piattaforme streaming, è stato visto da 500 mila persone, ne hanno parlato siti, giornali e Tv. La ricaduta la vedremo nei prossimi anni, avremo dato un contributo positivo senza dubbio. Per quanto riguarda l’industria del cinema in Cina, bisogna ricordare che ci sono più di 80 mila schermi, 250 città con più di un milione di persone, piattaforme con centinaia di milioni di spettatori. Sono numeri che dovrebbero far riflettere qualsiasi operatore del nostro Paese sulla necessità, anche nell’audiovisivo, di guardare a quel pubblico come potenziali clienti ai quali abbiamo sempre rinunciato. Oltretutto un pubblico molto curioso e desideroso di aprirsi al resto del mondo. Sono noti alcuni esempi di blockbuster cinesi come il famoso Lost in Thailand, che ha fatto alzare addirittura il Pil della Thailandia di un punto e mezzo in un anno. Ora non vorrei dire che il nostro film ambisca a tanto ma comunque siamo contenti di aver fatto la nostra parte e dato il nostro contributo. Oltretutto attraverso un film godibilissimo e romantico, abbiamo fatto conoscere in Cina il nostro Antonino Cannavacciuolo e il maestro Santi Pulvirenti che, oltre alla colonna sonora originale, ha composto anche le varie canzoni del film che sono state promosse sullo streamer cinese Kugou come canzoni pop e stanno avendo successo.

Avete in mente un sequel, una serie o di seguire un filone su questo tipo di storie anche per altri mercati?

Attraverso l’associazione Bridging the Dragon, seguo tutte le iniziative che legano l’Europa alla Cina in campo audiovisivo e sono coinvolto in una serie di progetti. Per quanto riguarda La ricetta italiana stiamo valutando al momento una proposta per trasformarla in una serie tv che porti la protagonista femminile, aspirante chef, attraverso una serie di avventure nel mondo culinario italiano. Ora che questo progetto pionieristico ha dimostrato di poter essere realizzato, stiamo anche lavorando a vari adattamenti cinematografici nella stessa direzione, ambientati in altre realtà e paesi del mondo.

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