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Celotto: FdI ha vinto le elezioni ma non è detto che Meloni diventi premier

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“Si fa presto a dire Giorgia Meloni premier, ma non c’è alcun automatismo tra vittoria elettorale larga di Fratelli d’Italia e formazione del nuovo Governo”. Col professor Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Roma tre, proviamo a capire che cosa accadrà nei prossimi giorni, qual è la strada che porterà all’insediamento del nuovo Parlamento e quindi alla formazione del nuovo Governo.
La vittoria del centro destra sembra schiacciante, ma i dati definitivi sullattribuzione dei seggi anche al Senato possono dirci se e quanto sarà forte, parlo di numeri, il prossimo esecutivo” spiega Celotto.

Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Roma tre

Quindi non è detto che Giorgia Meloni a breve possa ricevere l’incarico di formare il Governo?
E’ presto per parlarne e che non c’è alcun automatismo. Se ne riparla dopo il 15 ottobre, ovvero quando si sarà insediato il nuovo Parlamento, quando saranno stati eletti i presidenti dei gruppi parlamentari e avremo i Presidenti di Camera e Senato. Le confermo però che non c’è alcun automatismo tra vittoria elettorale e incarico di Governo. Il nostro non è un sistema presidenziale. Il punto centrale è che tradizionalmente ad inizio legislatura – ed è stato così nelle 18 legislature precedenti – il partito di maggioranza relativa è sempre andato al governo ed ha sempre indicato comunque un gradimento sul premier da nominare. Da qui l’automatismo che fate voi giornalisti: vince Fratelli d’Italia, Meloni premier.

Sembra una cosa normale.
Io non dico che è anormale che Giorgia Meloni possa diventare il primo premier donna. Faccio solo rilevare, da studioso, che non è detto che il leader del partito di maggioranza relativa sia poi incaricato a formare il nuovo governo. Le faccio un esempio: nel 2013 vinse il Pd, ma non fu Bersani a ricevere l’incarico di formare il Governo. Fu Enrico Letta a diventare premier. Nel 2018, l’anno in cui il M5S stravinse le elezioni, incassando più del 32 per cento dei consensi, non fu Luigi Di Maio a diventare primo ministro. Fu scelto Giuseppe Conte. Negli anni ’90, quando c’erano le coalizioni, il partito di maggioranza relativa spesso indicava un leader di un partito alleato come persona da incaricare per formare il Governo. Ricordo, ad esempio, che Craxi nel 1983 diventò presidente del Consiglio del cosiddetto pentapartito, con la Dc partito di larga maggioranza relativa.

Resta il fatto che Fratelli d’Italia ha ricevuto un consenso enorme nel centrodestra.
Certo, questo è un fatto indubitabile. Ed è evidente che a Fratelli d’Italia, partito di maggioranza relativa che ha vinto le elezioni, toccherà l’onore e l’onere di ‘dare le carte’. Va da sé che le indicazioni che arrivano da Fratelli dItalia sono indicazioni importanti anche per il Capo dello Stato. Poi, però, dipende da come vanno le cose, da quale sarà il dibattito politico, anche allinterno della coalizione di centro destra. La politica italiana non è così facile da comprendere. Al momento possiamo dire che il centrodestra a fronte di un consenso del 42 e 43% dovrebbe prendere almeno il 55% dei seggi. E questi sono gli effetti del premio di maggioranza del sistema elettorale. I numeri definitivi ci diranno se la schiacciante maggioranza c’è solo alla Camera o c’è anche al Senato. Governare con 110 senatori di maggioranza è un tantino difficile, con 128 senatori è un’altra storia. 

Presumibilmente Mattarella quando potrà dare lincarico di formare un nuovo governo?
Non prima del 14/15 ottobre, cioè dopo che saranno eletti i presidenti di Camera e Senato. Se la situazione politica è chiara ed è delineata, entro fine ottobre avremo il nuovo governo. Altrimenti il rischio è quello di arrivare a Natale senza un esecutivo o meglio con l’esecutivo Draghi ancora in carica per gli affari correnti.  

Quali sono le garanzie politiche ed istituzionali che il Presidente della Repubblica chiede, quando si tratta di scegliere la persona a cui affidare lincarico di formare un nuovo governo?
Deve essere un leader politico riconosciuto, capace di formare un governo con una solida maggioranza. Faccio un esempio banale perché si possa comprendere che in politica non è tutto semplice come sembra. Se nel corso delle prime consultazioni al Quirinale Giorgia Meloni dovesse indicare Tremonti come possibile primo ministro e poi nel centrodestra Berlusconi dovesse dire al Colle che c’è un veto su Tremonti, è evidente che il Presidente Mattarella capirebbe che quella persona non gode della fiducia di tutti e lo scarterebbe. 

Ci sono anche alcuni ministeri chiave su cui il presidente della Repubblica pone precise garanzie?
Di norma il premier designato di formare un nuovo Governo non sale mai al Quirinale con una lista secca di nomi dei ministri da nominare. Diciamo che si presenta con una lista e molte alternative.

Magari tenendo libere alcune caselle di ministeri chiave?
In linea di massima il Capo dello Stato ha sempre una parola importante da dire quando si tratta di scegliere i ministri del Tesoro, del Mise, del dicastero della Transizione ecologica, Esteri e Interni. Rientra invece più nella sfera politica la scelta di ministri senza portafoglio. In questi casi, Palazzo Chigi affida deleghe su materie che interessano in quel momento: ministero della gioventù, della disabilita, della famiglia. Sono quelli che definisco i ministeri del singolo momento.

Professore, la nuova maggioranza uscita dalle urne potrebbe modificare la Costituzione in senso presidenziale. Che cosa ne pensa di questa eventuale modifica dell’assetto istituzionale del Paese?
Io dico che è sempre più opportuno che la Costituzione venga modificata con una maggioranza ampia, perché è di tutti. Dobbiamo ricordare che anche in Assemblea costituente, la Costituzione è stata approvata con l’88% dei voti favorevoli, dunque con un alto consenso. Una modifica unilaterale della Costituzione da parte della maggioranza ne abbassa il valore, portandola nel portafoglio politico di quella maggioranza, come dimostrano i tentativi di Berlusconi nel 2005 e Renzi nel 2016. Io auspico che le riforme costituzionali possano trovare la condivisione più ampia possibile, perché a mio avviso sulla forma di governo e sul modello delle autonomie territoriali le riforme sono davvero urgenti.

 

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