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The Conversation

Morena Sangiovanni

Dalla pandemia alla guerra, fino alla crisi dell’energia. Non mancano le sfide per l’industria del farmaco italiana, ma si è aperta anche un’importante finestra di opportunità. A colloquio con il presidente del gruppo Boehringer Ingelheim Italia, presente nel nostro Paese da 50 anni – La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre 2022.

INTERVISTA DI MARGHERITA LOPES

Dopo la pandemia l’Italia (e l’Europa) si trova a fare i conti con la guerra in Ucraina e la crisi delle materie prime. Come sta impattando sull’industria del farmaco e sulla sua azienda?

Dopo anni di Covid-19, l’ultima cosa di cui c’era bisogno era un conflitto prolungato con i rischi di una escalation, in primo luogo per le comunità che ne sono colpite. Boehringer Ingelheim, come del resto tutto il comparto, si è attivata immediatamente per far fronte all’emergenza, offrendo supporto concreto e continuativo alla popolazione ucraina. Allo stesso tempo, però, si è resa necessaria un’analisi approfondita sulle possibili ripercussioni della guerra sulla continuità della produzione.

Per l’industria del nostro settore, infatti, il problema non è tanto assicurare la fornitura di farmaci ai Paesi coinvolti, perché i medicinali, essendo ritenuti beni essenziali, sono stati esclusi fin dall’inizio dalle sanzioni, quanto proprio l’assicurare la continuità della produzione a causa sia della scarsità di alcune materie prime intermedie, sia della crisi energetica. Stiamo vedendo tutti quello che sta accadendo sul fronte del gas. Come Boehringer Ingelheim ci stiamo attivando al fine di scongiurare il rischio di interruzioni o rallentamenti della produzione, ricorrendo a  fonti energetiche alternative. C’è anche un altro tema da tener presente: l’aumento dei costi associato alla crisi delle materie prime e dell’energia, nel caso dell’industria del farmaco, non può comportare un aumento dei prezzi, che devono essere quindi assorbiti dalle aziende produttrici. Questo aspetto sta mettendo in crisi alcuni produttori e, nel medio-lungo periodo, potrebbe avere un impatto sulle produzioni stesse e sui livelli occupazionali.

Il tema più generale su cui ci stiamo interrogando è come diventare indipendenti dal punto di vista del fabbisogno energetico: da tempo la nostra azienda, anche in Italia, ha accelerato sulla trasformazione verso una riduzione dei consumi di acqua ed energia elettrica ma per arrivare all’autonomia occorre tempo. Dobbiamo dunque continuare a lavorare su due livelli: per portare a compimento i piani a lungo termine e per la gestione dell’emergenza, contenendo l’impatto negativo sulla produzione.

In questi anni difficili la ricerca farmaceutica non si è fermata. Quali sono le novità più interessanti nella vostra pipeline?

Non solo la ricerca non si è mai fermata, ma è cresciuta, grazie anche al fatto che il pharma ha adottato sempre di più strumenti digitali per poter sviluppare e condurre studi clinici a distanza anche durante la pandemia. Noi investiamo il 20% del fatturato annuo in R&S  e nel 2021 abbiamo addirittura aumentato di quasi il 12% questo investimento rispetto all’anno precedente. Abbiamo circa 100 progetti di pipeline , che certo non vedranno tutti la luce (il 95% dei progetti nel pharma non arriva al letto del paziente) dedicati a cercare risposte a bisogni clinici insoddisfatti nel campo delle malattie rare, dell’oncologia, del sistema nervoso centrale. Speriamo di riuscire a portare a termine 15 lanci di nuovi prodotti entro il 2025 e – per questo – abbiamo pianificato di investire 25 mld di euro in R&S nei prossimi 5 anni. Non solo, vediamo già segnali importanti che ci confermano come questa nostra strategia funzioni: nel 2021 tre nostri farmaci hanno ottenuto la designazione di Breakthrough therapy dalla Fda. Dunque incrociamo le dita, per noi e soprattutto per i pazienti e le loro famiglie.

Lei è una donna leader in un settore un po’ particolare, che vanta una percentuale più elevata della media di donne al comando. Quali erano i suoi obiettivi e quali sono i numeri di BI in Italia in termini di presenza femminile?

Quella della farmaceutica è una realtà unica rispetto alla media nazionale: il dato per l’industria manifatturiera è del 18%, contro il 43% della farmaceutica. Per quanto mi riguarda, mi sono molto impegnata e ho avuto anche l’opportunità di misurarmi con situazioni che mi hanno permesso di crescere. Forse, col senno di poi, il mio merito è stato quello di non tirarmi indietro quando mi sono state fatte proposte particolarmente sfidanti e impegnative. L’importante è potersi esprimere in un contesto lavorativo che punti sulla meritocrazia e sulla qualità del lavoro e che, quindi, non presenti barriere di genere o di altro tipo. In Boehringer Ingelheim Italia, per esempio, abbiamo il 43% di presenza femminile, il 33% nei ruoli dirigenziali e fra i colleghi della direzione medica abbiamo l’80% di presenza femminile. Un risultato ottenuto concentrandoci, appunto, sul merito . Ma anche prendendo atto della presenza in azienda di categorie di lavoratori che nel corso della vita hanno bisogno di supporto o maggiore flessibilità, come ad esempio nel caso delle neo-mamme o dei caregiver. Ecco perché abbiamo adottato politiche di welfare  che consentano maggiori flessibilità ai lavoratori e attivato gruppi di sostegno specifici per offrire supporto a chi può avere bisogni particolari.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

TRA LE RIGHE

Country Managing Director Italy – Boehringer Ingelheim

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