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The Conversation

Nicoletta Corrocher

Un’ondata di licenziamenti che non sembra volersi arrestare quella portata avanti dal settore tecnologico. Dall’inizio dell’anno, infatti, più di ottanta aziende tech hanno sensibilmente ridotto la propria forza lavoro dimissionando oltre 23mila dipendenti. Tagli che in questo caso però non sembrano riflettere venti di crisi, anzi. Lo stato di salute delle Big Tech ad oggi si presenta più che ottimo.

In realtà, infatti, ci spiega la professoressa Nicoletta Corrocher, Lecturer in Applied economics presso l’Università Bocconi e Fellow di ricerca presso Icrios, “in questo periodo le imprese tech si presentano in forma e questo lo si evince dai risultati delle ultime trimestrali che evidenziano incrementi di fatturato importanti. Alcune più di altre, in particolare Meta e Microsoft, stanno effettivamente registrando crescite significative. Ma non è solo il fatturato ad aumentare, sono anche i profitti. È un momento in cui, diversamente da quanto accadeva nel recente passato, queste aziende sembrano aver raggiunto una vera e propria maturità dal punto di vista finanziario, ottenendo risultati eccellenti anche sul mercato azionario. Microsoft di fatto ha superato i tre miliardi di capitalizzazione, Meta invece ha recuperato tantissimo. Tutto ciò è avvenuto anche in forza di una crescente rilevanza della pubblicità online che negli anni passati aveva subito un rallentamento”.

INTERVISTA DI FRANCESCA AZZURRA CONIDI

Quali sono i fattori che spingono questa crescita?

Ne esistono diversi ma quello che incide moltissimo è l’investimento portato avanti nell’ambito dell’intelligenza artificiale che sta già dando i suoi frutti. La crescita però è anche una questione legata alla ristrutturazione aziendale che queste imprese hanno messo in atto. I licenziamenti, (1) diversamente da quanto avvenuto negli anni passati, sembrano proprio andare nella direzione di ridare organizzazione alle società e, in qualche modo, renderle più efficienti riducendo per di più i costi. Ciò fa anche sì che insieme, appunto, all’attività di investimento in settori strategici per il futuro, queste aziende risultino ora particolarmente profittevoli (2).

Quindi dove si sta andando?

Le società tech venivano da un periodo di ondate di grandi assunzioni vissute durante e subito dopo la pandemia. Soprattutto Meta e Amazon avevano avuto un incremento fortissimo dei dipendenti. Naturalmente poi tale scelta nel post emergenza ha comportato un rimbalzo negativo, in particolar modo nel 2023, che è stato un anno nero da questo punto di vista. Parte dei licenziamenti sono stati conseguenza di ciò. Ad oggi però il clima è cambiato, non sono solo le grandissime società del settore a portare avanti tagli ma esiste un’ondata di esuberi anche da parte delle aziende più piccole. E tale situazione è un chiaro sintomo che qualcosa sta accadendo nel modo in cui queste imprese hanno deciso di ristrutturare i loro processi e come vogliono renderli più efficienti, cercando di investire in aree critiche e utilizzando per questi fini anche le tecnologie. In alcuni casi, nonostante non sia l’unico fattore che spiega il processo, questo è avvenuto anche per sostituire alcuni tipi di competenze e investire in risorse che siano deputate all’analisi di specifiche aree tecnologiche, in particolare quelle dell’intelligenza artificiale. Non è una casualità, per esempio, che ci siano stati tagli in un’area che è sempre stata estremamente di successo e che adesso sta un po’ soffrendo cioè quella del gaming, quindi dei giochi. Sia Microsoft che Amazon hanno licenziato molti profili in quell’ambito, in parte magari per sostituirli con strumenti tecnologici, in parte perché appunto c’è in corso una razionalizzazione dei processi.

E quindi quale sarà il futuro del lavoro (3) in questo comparto?

In realtà sarà caratterizzato innanzitutto dalla ricerca pressante di nuove competenze. Uno dei temi che le imprese si trovano ad affrontare oggi è proprio la mancanza di esperienza in aree che loro definiscono strategiche, in primis, come dicevamo prima, quella dell’intelligenza artificiale. Questo sicuramente è un settore in cui le grandi imprese, Microsoft in primis ma anche Apple e la stessa Google, stanno investendo moltissimo e che sarà chiaramente cruciale. Però è necessario reclutare nuovi profili che spesso le Big Tech faticano a trovare sul mercato. Il problema è legato al mismatch, al disallineamento fra il sistema di formazione e le necessità richieste da queste grandi imprese.

Quali sono le nuove priorità di queste società?

Le priorità delle Big Tech, mi verrebbe da dire, sono molto eterogenee e si diversificano a seconda dell’impresa che andiamo a considerare. Non bisogna dimenticare infatti che, ad esempio, Apple è molto diversa da Amazon e che quest’ultima è altrettanto diversa da Google. Quindi se la prima ha sempre cercato di derivare profitti e di investire tantissimo nella creazione di un ecosistema puntando molto sull’hardware, Amazon invece ha una origine da retailer – e infatti è una delle aziende che ha licenziato di più perché è nel settore vendite che si sono avuti maggiori licenziamenti – mentre  Google sostanzialmente è una società che si è sempre concentrata sulla parte dei motori di ricerca e che adesso, essendo rimasta  un po’ indietro nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, sta cercando di recuperare la corsa rincorrendo gli investimenti delle sue concorrenti. Quello che le lega invece è un’attenzione particolare allo sviluppo di tecnologie e algoritmi legati all’AI e agli ambiti di applicazione. Ad oggi poi secondo me è mutata anche la modalità di gestione delle stesse imprese che ormai non sono più nuove e che ora vivono, sia da un punto di vista di strategia delle imprese sia da quello di strategia finanziaria, un processo di maturità. Cioè queste società stanno effettivamente diventando grandi (4) nel senso che stanno arrivando ad avere una strategia finanziaria estremamente solida.

Questo anche grazie a tutti questi esuberi?

Certo ma esiste anche un aspetto che secondo me va tenuto in grande considerazione e che è stato più volte sottolineato sia da altri analisti sia in ambito accademico: chiaramente un sistema che continua a licenziare e ad assumere con un turnover così elevato rischia di creare degli effetti negativi su chi rimane a lavorare per queste imprese. Rischia di incrementare la mobilità dei lavoratori e di conseguenza abbassare la fiducia dei dipendenti all’interno del sistema. E quindi in realtà quello che si riscontra è che a fronte di grandi tagli ci sono anche tante persone che decidono di andarsene.

TRA LE RIGHE

(1)  Licenziamenti: Le  Big Tech in questi anni stanno ottenendo crescite significative mentre licenziano personale. Non sono solo le grandissime società a portare avanti tagli, spiega Corrocher, ed esiste un’ondata di esuberi anche da parte delle aziende più piccole.
Il numero delle assunzioni nelle Big Tech negli anni precedenti è stato però da record: a confronto i tagli al personale del 2023 hanno rappresentato una variazione abbastanza contenuta (vedi pagina 31). Un esempio su tutti: dal 2013 al 2023 il numero dei dipendenti Amazon è aumentato del 1.200%.

(2)  Cifre da record: I conti delle Big Tech valgono più del 40% della capitalizzazione del maggiore indice di Wall Street, lo Standard&Poor’s 500.

(3) I posti di lavoro: In Italia il settore dell’intelligenza artificiale vale circa 760 milioni di euro, con una crescita del 52% nel 2023. In 10 anni l’AI potrebbe sostituire il lavoro di 3,8 milioni di persone, secondo l’Osservatorio artificial intelligence della School of management del Politecnico di Milano.

(4) Le magnifiche sette: 12mila miliardi di dollari è il valore totale delle cosiddette ‘magnifiche sette’, i colossi tecnologici che dominano il settore. Questi sono Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Tesla e Meta.

 

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