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Facility manager un ruolo da valorizzare. L’analisi di Marco Decio

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Crisi energetica, caro bollette, aziende che chiudono i battenti. La pandemia prima, la crisi energetica in atto e gli inasprimenti attesi per il prossimo futuro, hanno reso molto complesso il contesto in cui operano le aziende. Ma come tutte le situazioni sfidanti, quella che stiamo vivendo porta anche spinte positive. Vede le aziende impegnate a scoprire e valutare soluzioni alternative e innovative per far fronte alle criticità. Una delle figure strategiche, che potrebbe sostenere le imprese nel loro processo di adeguamento, è quella del facility manager (Fm), che nelle aziende ha il compito di assicurare ‘funzionalità, comfort, sicurezza ed efficienza dell’ambiente, integrando persone, luogo, processo e tecnologia’, come si legge nella definizione dell’Ifma (International facility management association). Ne abbiamo parlato con Marco Decio, presidente di Ifma Italia, in un’intervista che ha contribuito a chiarire il ruolo e la diffusione di questa figura professionale.

Chi è e cosa fa un facility manager
Vale la pena fare un breve excursus su Ifma, che rappresenta tutto il mondo del facility management, ed è baricentrica fra domanda e offerta. Dobbiamo considerare che ci sono imprese di Fm che vendono i servizi, con l’obiettivo di trasformare il ‘no core’ delle aziende clienti in fattore di business, per ottimizzare i risultati.
Ma il facility manager può anche lavorare nell’azienda che fruisce dei servizi, e funge da interfaccia fra chi quei servizi li eroga e chi li utilizza nel processo produttivo. In quel caso è una figura interna. Il perimetro che definisce il Fm è infatti molto ampio.
Questa figura deve possedere doti relazionali, di analisi delle problematiche, di problem solving. Ovviamente sarebbe auspicabile che il Fm interno all’azienda fosse collocato, organizzativamente, fra le figure apicali, questo gli consente di essere più  facilitato nell’attuazione delle misure che è chiamato ad applicare. Il Fm si occupa di persone, spazio, processi, se può agire contestualmente su tutti e tre gli ambiti, allora il suo apporto diventa determinante in qualsiasi tipo di azienda, sia pubblica che privata.

Quanti sono i facility manager in Italia
Nel privato ne contiamo circa 7mila. Anche se ci sono ancora aziende che collocano questa funzione nei servizi generali, che è un pò riduttivo, dal mio punto di vista. Il Fm ideale progetta i servizi in funzione di come deve essere vissuta l’azienda. Per fare un esempio concreto: se si guarda ai dati di presenza delle risorse negli uffici, anche prima della pandemia, c’era un tasso di occupazione media degli spazi di lavoro pari al 65%. Le cause erano varie, assenze per malattia, trasferte, o altro. A seguito della pandemia, fra remote e smart working, abbiamo un tasso di occupazione media degli spazi lavorativi di circa il 67%. Nel primo caso era un dato non controllato, nel secondo è il frutto di un processo organizzativo che consente anche di ottenere risparmio in termini di risorse utilizzate. Le aziende più evolute hanno impiegato il Fm anche per ricondizionare gli ambienti, per ridurre costi, per organizzare gli spazi in maniera più funzionale. Con un risparmio di circa il 23% sui costi. Quindi si tratta di passare dal subire la situazione delle assenze del personale, al poter invece ragionare in termini di organizzazione delle presenze.
Se però al Fm viene riconosciuta solo una posizione reattiva, ovvero non di programmazione ma di azione conseguente a eventi, questo non porta un impatto forte in azienda. Quello del facility management è un approccio integrato di pianificazione ed erogazione di servizi di supporto all’attività principale dell’azienda. Un ruolo strategico che va però valorizzato, soprattutto alla luce della digitalizzazione dei processi aziendali.

Internet of Things, Intelligenza artificiale, tutto questo porta sempre più nella direzione di una nuova figura, smart facility manager. Ci sono già risorse formate sulla base di questi nuovi requisiti?
Smart facility manager, mi piace anche come definizione, ma fra i 7000 Fm censiti dovremmo provare a capire quanti abbiano già acquisito queste competenze. Però è in quella direzione che stiamo andando, il Fm deve saper attrarre verso di sé le soluzioni e aggregarle. Sia chi compra che chi vende il servizio del Fm deve fare in modo che l’innovazione si diffonda il più velocemente possibile. Ifma ha già un suo percorso di formazioni certificate, che guidano il Fm nella sua evoluzione professionale, partendo dalla formazione economico finanziaria, di problem solving, di ascolto del cliente. L’aggregato di tutto questo porta al Cfm (Certified facility manager) figura molto richiesta. Solo di recente si sta affermando la necessità di acquisire nozioni di digitale e tech. Un’altra certificazione importante è quella ‘building modeling’, utile quando chi lavora in un facility department viene coinvolto fin dalla fase di costruzione dell’immobile e degli impianti. Rispetto alla formazione classica, la figura del Fm non è necessariamente laureata. Ma vediamo che la maggior parte dei laureati lo è in materie tecniche, ma in ogni caso serve una cultura ampia, perchè il Fm è, di fatto, un piccolo direttore operativo.

Guardando al pubblico: gli ospedali in molti casi sono dotati di Fm, ma le scuole?
Le scuole non hanno il facility manager.
A Milano, al comune, il Fm lo troviamo che governa acquisti e servizi di aziende, ma non c’è un Fm che risieda direttamente nella scuola, di solito è il dirigente scolastico che svolge quella funzione. Le scuole in Usa hanno il facility manager, ma questo è dovuto al fatto che parliamo di edifici di enormi dimensioni, plessi che solitamente ospitano i bambini per l’intero percorso scolastico. Ma sarebbe probabilmente utile prevedere questa figura anche nelle scuole italiane, come del resto accade per gli ospedali. Prima parlavamo di numeri, considerati i 7000 Fm censiti nel privato, potremmo immaginare numeri simili anche nel settore pubblico, se anche a livello locale ci fosse attenzione ai vantaggi che potrebbero derivarne.  Nel mondo sanitario si è arrivati gradualmente all’utilizzo della figura del Fm, c’è stato un processo evolutivo: chi costruisce un ospedale grande o ristruttura si affida ad un operatore che spesso è dotato del Fm, questo ha determinato il cambiamento, ma la stessa cosa ancora non è valsa per il resto delle imprese pubbliche.

Alla luce dei rincari delle forniture elettriche, il ruolo del Fm è quanto mai strategico. Una buona progettazione delle facility può portare anche a risparmiare sui costi delle bollette. Quanta consapevolezza c’è nelle aziende rispetto a questa possibilità?
Il facility manager non sempre è agganciato al vettore energetico, in pratica non deve comprare energia da chi la vende a meno, ma deve fare in modo che l’azienda consumi meno e meglio.  Per esempio progettando accensione e spegnimento delle luci in maniera coerente con quegli spazi, l’utilizzo delle stampanti o valutare il fatto che la mobilità aziendale si orienta sempre di più verso l’elettrico. Questo richiede anche di creare le strutture adeguate a fornire una soluzione per l’azienda. Sintetizzando: l’energia mi costa più di prima, ma deve rendere più di prima, e questo è il compito del Fm. Il decreto Cingolani riduce a 19 gradi il tetto del riscaldamento per tutti gli uffici pubblici, e questa è una soluzione pratica, ma poi c’è altro da considerare, e lo fa il Fm:  finestre, isolamento, luci che si spengono automaticamente. Oggi ci sono aziende che vogliono ritornare allo smart working per risparmiare, ma ribaltano il costo poi sulle famiglie. Faccio un altro esempio pratico: dopo la pandemia i Fm hanno suggerito alle aziende di rivedere la parte di areazione per evitare che si aprano le finestre, questo deve prevedere la progettazione di cicli di revisione dei filtri non ogni sei mesi ma ogni mese, questo è sufficiente per far sì che il rischio contagio si abbassi.

Un report di Fact.MR parla di un fatturato totale del Fm destinato a raggiungere i 47.5 miliardi di dollari entro la fine del 2022. Sul lungo periodo, si prevede di raggiungere un valore di 153 miliardi di dollari, entro il 2032. Quali sono le stime che possiamo immaginare, relative all’Italia?
In Italia sono le aziende strutturate, da 50 dipendenti in su, a comprare servizi di Fm, con un tasso di crescita media di 5% all’anno per la progettazione e la gestione di tecnologie, quasi tutta terziarizzata in outsourcing. Il nuovo mercato può essere rappresentato da soluzioni integrate di servizi. Un esempio sia quello delle colonnine elettriche, io ci vedo la grande opportunità relativa ai contratti di manutenzione, ad esempio. Il Fm può programmare i servizi di ricarica del parco auto aziendale. Questo settore fino a tre anni fa non c’era, perché non era previsto che il facility manager si occupasse dell’automotive. Ora la cosa lo riguarda perché deve gestire l’utilizzo dell’elettricità, che è invece di sua competenza. Ci sono quindi dei percorsi evolutivi che possono concorrere a far crescere il mercato.

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