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Fiducia anche al Senato, Meloni: così cambierò l’Italia

Il tetto al contante? Non frena l’evasione e “penalizza i poveri”. Il salario minimo? Non risolve il problema dei “bassi salari”. E poi la gestione del Covid. Le scelte “senza basi” sposando la scienza quasi fosse “una religione”. Da oggi cambia tutto. All’Italia “senza visione”, che non trova soluzioni “efficaci” a tanti problemi promette risposte Giorgia Meloni nell’Aula al Senato dove incassa la fiducia facendo – come alla Camera – bottino pieno con 115 sì, tutti i voti della sua maggioranza. In 50 minuti di intervento, tutto politico, Giorgia Meloni risponde punto a punto alle critiche, fornisce la sua ricetta per risollevare l’Italia dalla pesante “eredità” dei governi passati. La parla d’ordine, anche quando non la pronuncia, è sovranità. Che non equivale a quella che la premier definisce la stupidaggine di passare “dalla dipendenza dal gas russo a quella dalle materie prime cinesi”. Da qui la Meloni parla di superare blocchi burocratici incomprensibili, di far ripartire le trivelle nell’Adriatico perché se il gas lo estraggono altri “non è che inquina di meno”.

E pensa di trasformare il Sud “nell’hub energetico dell’Europa”, anche per evitare di dover correre a installare rigassificatori “con procedure di urgenza e gravosi impatti sui territori”. Meloni ha le idee chiare anche sulla pace, che non si ottiene né “con la resa di Kiev” né “con le bandiere arcobaleno” in piazza. Quando tocca il capitolo tasse, la Meloni chiama in causa i governi del Pd e con l’ex ministro Pier Carlo Padoan al Tesoro. Era proprio lui, ricorda la premier, a sostenere che non c’era correlazione tra livello del contante ed evasione. E delinea una delle prime mosse “concrete” del suo esecutivo, oltre a introdurre la “flat tax incrementale”, anche quella di “rimettere mano al tetto al contante” , trovando il muro di Pd e M5s. Un’idea lanciata poco prima dalla Lega, che in questi primi giorni corre – non senza creare qualche irritazione in casa di Fdi – ad anticipare l’agenda.

Mentre l’altro alleato, Fi, continua a chiedere pari dignità almeno nella partita dei sottosegretari. Che la premier vorrebbe definire il prima possibile ed evitare altre frizioni come quelle nella composizione della squadra di governo. “La situazione è difficile – dice non a caso Silvio Berlusconi, che torna in Senato dopo 9 anni, garantendo comunque il sì “convinto” alla fiducia. Ne ha per tutti, Meloni. A Ilaria Cucchi che la sollecita tra l’altro sugli scontri alla Sapienza di ieri ribatte che non si va in piazza “per impedire agli altri di parlare”, che “il rispetto delle idee altrui” è l’essenza “della democrazia”. E respinge le accuse dell’ex magistrato Roberto Scarpinato sottolineando di non essere stupita da un approccio “smaccatamente ideologico”. Lo stesso di “parte della magistratura” che negli anni hanno costruito sulla base di “teoremi” processi “fallimentari” a cominciare da via D’Amelio. Non risparmia nemmeno il Covid e il Pnrr, i due fiori all’occhiello del governo Draghi: i fondi spesi sono appena 21 miliardi su 42. Non andava quindi poi tutto “così bene” e ora il governo di centrodestra si caricherà anche “la grande responsabilità di velocizzare, sintetizza, ripetendo di fatto il concetto – l’unico finora – che aveva incrinato i rapporti con il suo predecessore. Quanto alla pandemia, i governi – usa il plurale – hanno adottato provvedimenti senza che ci fossero “evidenze scientifiche”, compreso il via libera ai vaccini ai 12enni. Misure che peraltro, hanno pure rischiato di fiaccare la lotta alla mafia con “l’uscita di decine di detenuti dal 41 bis con la scusa del Covid”.  

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