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Legno, nel 2023 -0,8% per le imprese. “Va sfruttato l’export”

L’Unione industriali Torino fa il punto sulle sfide che nei prossimi anni metteranno alla prova l’industria del legno. Ma nel caos si cela un’occasione da non perdere. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2022 – gennaio 2023.

In Piemonte il legno è una cosa seria: con 3.400 aziende e 11.600 addetti, quella parte di tessuto industriale che tratta il legno-arredo (anche se l’arredo ha poco peso nella regione: la parte del leone la fa l’edilizia in legno) registra un fatturato da 1,3 mld di euro. Ed è qui che si può trovare tanta materia prima: siamo nella seconda regione boschiva d’Italia, il 10% dei nostri boschi si trova in Piemonte.

Il 2021 per il legno della regione è stato un anno buono: l’import è aumentato del 42%, fino a un valore di 378 mln di euro. Secondo i dati Istat, anche il primo semestre 2022 ha segnato un +53% rispetto al primo semestre precedente, mentre l’export ha segnato un +41%. Perché allora, anche in una regione ricca di materia prima e di aziende che la lavorano, ci sono preoccupazioni sul 2023?

Durante il convegno organizzato dall’Unione industriali Torino a novembre, le aziende del legno si sono riunite per confrontarsi. Sul palco, tra gli altri, c’era Matteo Mazzoni, Ad della Durbiano Srl, azienda storica di Rivoli da 40 dipendenti, che ha da poco compiuto 100 anni di attività. Mazzoni è anche presidente dell’associazione legno dell’Unione industriali. La sua prospettiva, rispecchiata anche nel report Orizzonte Legno diffuso dopo l’incontro, non è così nera: sì, il 2023 sarà un anno difficile per il settore, e la domanda si abbasserà. Ci sarà un calo dei fatturati. Ma nelle difficoltà potrebbe nascondersi una nuova occasione.

I prezzi del legno iniziano a rallentare la loro corsa dopo le fiammate recenti. Non illudetevi, sono ancora alle stelle, e chiunque abbia recentemente chiesto un preventivo a un falegname lo sa. Un pallet di legno nuovo ora costa più di 20 euro, quando ne costava una decina solo pochi anni fa. Il prezzo del compensato registra un +112% rispetto alla media 2015-2021, mentre il legname di conifere arriva a un +45,5%.

Un 2023 complicato

I dati, presentati dal think tank Prometeia durante il convegno, confermano che il prossimo sarà un anno difficile. Con 14 mld di euro di valore della produzione, l’industria italiana del legno è il secondo produttore dell’Ue dopo la Germania, grazie alla specializzazione di comparti che si trovano alla fine della filiera: imballaggi e prodotti per l’edilizia. Rispetto ad altri siamo sicuramente più fragili: le nostre imprese sono molto più piccole rispetto a Germania, Austria e Svezia.

E va considerata anche la situazione geopolitica. L’invasione in Ucraina impatta anche il legno: la Russia, ha ricordato Nicola Alberti di Pfeifer Group durante il convegno, fa parte della top 3 mondiale della produzione di segati (dalle travi di lamellare ai listelli, fino ai blocchetti che si usano per i pallet), insieme a Svezia e Canada. Alberti individua anche la luce alla fine del tunnel, che poi è la stessa attesa dal resto del manifatturiero: il calo dell’inflazione, l’abbassamento dei tassi d’interesse. Intanto, meglio efficientare i processi e capire dove migliorare.

Mazzoni racconta che, rispetto al 2019, il fatturato della sua Durbiano “è aumentato del 25-30% all’anno. Per il 2023 l’obiettivo sarà il mantenimento di quanto raggiunto e magari una piccola crescita. Il 2021 è andato bene, come il primo semestre 2022. Il calo che vediamo oggi è una normale recessione dovuta a una domanda debole e a fattori geopolitici. Abbiamo già affrontato tanti anni difficili e sicuramente li affronteremo ancora, ma c’è un pessimismo inutile”. Anche perché, una volta superate le oscillazioni dei prossimi due anni, sopravvivrà chi si farà trovare pronto.

L’occasione da cogliere

Secondo Mazzoni bisogna “fare rete” e sfruttare l’opportunità che la riconfigurazione dei mercati potrebbe aprire: l’export. Attualmente, secondo i dati Prometeia, il ruolo italiano sul commercio mondiale del legno è modesto: abbiamo una quota dello 0,5% (-0,2% rispetto al 2019) nel mercato mondiale della prima lavorazione del legno, e del 2,2% (-0,5%) nel commercio di semilavorati. Il saldo commerciale è costantemente in deficit: importiamo molto più di quanto esportiamo, anche se tra 2021 e 2022 l’export è cresciuto, avvicinandosi ai 3 mld, con un deficit rispetto all’import di 2,9 mld. Secondo Prometeia, questo deficit si ridurrà di 500 mln di euro nei prossimi anni: nel 2024 sarà di 2,5 mld. Anche andando a confrontare i dati con il totale del fatturato, l’export darà un contributo positivo, ma non compenserà il calo della domanda interna. Dopo il +22% del 2021, il settore crescerà del 2,4% nel 2022, calerà dello 0,8% nel 2023 e crescerà dello 0,9% nel 2024.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2022 – gennaio 2023. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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