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Deep-tech e Blu Economy, l’italiana Wsense tra le imprese più innovative al mondo

Chiara Petrioli, founder e CEO WSense
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Si chiama Wsense ed è l’unica realtà italiana premiata al World Economic Forum di Davos. L’azienda, nata nel 2017 come spin-off dell’Università La Sapienza di Roma, è stata gratificata con l’Ocean Data Challenge, nell’ambito della sessione The Earth Data Revolution, inserendola tra le imprese più innovative al mondo nella raccolta e nella gestione dei dati per la protezione dell’ambiente oceanico.

Fra centinaia di progetti valutati, trenta sono arrivati in finale. “E poi a Davos sono stati comunicati gli 11 vincitori, tre aziende americane, una australiana, un paio inglesi e solo una italiana, la nostra Wsense” ha raccontato a Fortune Italia la Ceo di Wsense, Chiara Petrioli, prorettrice dell’università La Sapienza di Roma con delega all’incubazione d’impresa.

Il premio Ocean Data Challenge consiste nella possibilità di entrare nella community di top innovators del World Economic Forum, di avere occasioni di networking con imprenditori e policy makers che lavorano per la sostenibilità globale e con investitori interessati a portare a scala le tecnologie utili per la sostenibilità.

Questo riconoscimento ci ha dato un’importante visibilità internazionale, e per me è stato un grandissimo stimolo. Quando ho cominciato il mio percorso da ricercatrice, l’ho fatto per avere un impatto, per contribuire a plasmare il futuro, con la speranza di agire sui grandi temi come l’ambiente”.

 

 

Il progetto Wsense sviluppa sistemi di comunicazione subacquea nell’ambito dell’Internet of Underwater Things. Per dirlo con le parole della Petrioli: “Tutto quello che fa funzionare i sistemi Internet of things in superficie, le tecnologie di comunicazione radio sviluppate negli ultimi 30 anni, sott’acqua non funzionano. Noi abbiamo creato nuovi sistemi di comunicazione acustici, che operano senza fili e fibre ottiche, con tecnologie a led che servono per comunicare sott’acqua, nuove soluzioni che ora diventeranno standard”.

E’ un cambio di logica e di paradigmi, come spiega l’esperta: “Abbiamo usato AI per modificare il percorso seguito dai nostri bit, con soluzioni nuove e affidabili”, che trovano poi applicazione in tutti gli ambiti della Blue Economy: energia, difesa, ricerca e tutela del patrimonio archeologico, acquacoltura. “La tecnologia che abbiamo sviluppato è molto disruptive, sviluppa connessioni senza fili che funzionano sott’acqua grazie a sensori e attuatori che possono scambiare dati fra di loro e con device in superficie, sfruttando la rete wireless”.

Si tratta di brevetti sviluppati da La Sapienza, sottolinea la Petrioli, che hanno cambiato la comunicazione e la raccolta di dati relativi agli oceani. “Oggi abbiamo la possibilità di accedere, a basso costo, ad una notevole mole di dati che i satelliti non vedono e che altre tecnologie possono invece raccogliere, ma fino ad ora questo avveniva in ordine sparso”.

 

Sistema di monitoraggio WSense

La Blu economy rappresenta un settore sempre più importante, a livello internazionale. Secondo Eurosat, in Europa c’erano 4,5 mln di impiegati nel settore, prima della pandemia il comparto ha generato circa 650mld di fatturato, con 176 mld di valore aggiunto e 68 mld di utile lordo. Il settore sta crescendo a un ritmo vertiginoso e l’Ocse prevede che si raggiungeranno i 3 trilioni di dollari entro il 2030.

“La Blu economy è l’ottava economia del mondo, e il nostro settore emergente, la wireless communication, già valeva 13 mld di euro nel 2017”. La Ceo di Wsense ci invita a ragionare in termini globali: “Noi siamo partiti nel 2017 e già l’anno successivo lavoravamo con la Norvegia. Le aziende italiane devono cominciare a ragionare guardando ai mercati esteri, soprattutto nel nostro settore”.

Un mercato che è destinato a crescere e analizza i cambiamenti climatici, partendo dalla valorizzazione e sfruttamento della grande risorsa che sono gli oceani. “Le nostre tecnologie possono contribuire ad analizzare le conseguenze dell’impatto climatico sugli oceani, oltre al monitoraggio dell’inquinamento marino, la presenza di sostanze chimiche, plastiche e microplastiche”. Ma non tutti sanno che gli oceani stessi possono rappresentare una risorsa nella lotta all’inquinamento, sottolinea la Petrioli: “Dal momento che assorbono circa un terzo della CO2 prodotta dalle attività antropiche”.

L’importanza strategica degli oceani è anche sottolineata dall’iniziativa delle Nazioni Unite, che hanno proclamato il Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile, che va dal 2021 al 2030 con il chiaro obiettivo di aiutare i paesi nel raggiungimento dell’obiettivo 14 dell’Agenda 2030. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.

Uno scenario di sicuro interesse in cui, come ricorda la Petrioli: “Il nostro lavoro si inserisce organicamente. Siamo impegnati in questi obbiettivo di lungo periodo, che riguardano i temi di sostenibilità, di analisi della life below water, del climate change. Un ruolo che ci è stato riconosciuto a livello internazionale. Siamo fra i partner del Marine Robotic Center della Norvegia, il che ci ha portato a lavorare per diverso tempo con esperti di oceani. Questo consente alle nostre tecnologie di essere utilizzate anche per studiare, comprendere ed utilizzare gli ecosistemi marini in maniera diversa e più funzionale”.

Fra i vari progetti realizzati da Wsense, c’è un nuovo ambito di indagine che riguarda lo scambio di dati fra robot sottomarini che, ci racconta la Petrioli “stiamo sviluppando con Saipem. Si tratta di un team di robot sottomarini che saranno in grado di esplorare, controllare e gestire gli impianti off-shore”.

Per la raccolta dei dati e per l’analisi c’è molto utilizzo di intelligenza artificiale che, ricorda la Ceo di Wsense: “Utilizziamo Ai quando ci garantisce prestazioni migliori di altre tecniche, per processare dati e individuare cosa e quando trasmettere. C’è anche molta AI nei meccanismi di compressione dei dati e nell’analisi di correlazione degli elementi che mandiamo al nostro sistema in cloud”.

Wsense è stata sviluppata nell’ambito di un contesto universitario, quello de La Sapienza. Il compito della ricerca e dell’innovazione deve rimanere nell’Università, ne è fermamente convinta la prorettrice Petrioli: “Questo ci consente di formare i ragazzi in maniera adeguata, è utile porli alla frontiera dell’innovazione.

Le deep tech non possono che nascere da laboratori universitari di eccellenza, che facciano anche ricerca sperimentale. Servono anche laboratori e strutture, ed è poi importante valorizzare nella carriera i docenti che vogliano avere impatto e favorire il cambiamento”. In Italia è possibile fare innovazione, servono le idee, la visione degli innovatori che noi abbiamo e dobbiamo trattenere. Anche pochi casi di successo, che facciano la differenza, possono invertire la rotta di un Paese.

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