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Mappa dei rischi di Sace: guida agli investimenti esteri per le imprese italiane

Le imprese italiane vogliono continuare ad investire all’estero, lo fanno però calcolando i rischi.
Se l’export italiano ha sfiorato i 600 mld nel 2022 – come evidenziato da Istat – segnando una crescita del +3,9%, probabilmente è stato anche grazie alle azioni strategiche e mirate messe in campo dal comparto produttivo italiano che punta all’export. E nel definire le loro strategie di espansione, le imprese italiane possono anche contare sulla Mappa dei Rischi 2023 di Sace uno strumento chiaro, che elabora uno scenario di valutazione complessiva, messo gratuitamente a disposizione di tutte le aziende italiane. Appuntamento annuale che dal 2006 fotografa lo stato dell’arte dei rischi globali, valuta i rischi del credito, i rischi politici e climatici, dandone una lettura completa, basata su metriche integrate.

 

Metodologia di calcolo dell’indice di rischio – Mappa dei rischi 2023 – Sace

Una stabile fragilità

E’ la condizione in cui versa lo scenario globale dei rischi: l’assetto economico mondiale resiste e non crolla, resta stabile, e quindi non migliora. Il 2023 segnala uno stato di fragilità che rallenta l’attività economica globale e il commercio internazionale. Incidono la debolezza del ciclo economico, l’incertezza geopolitica, l’allerta climatica ed energetica.
La mappa interattiva che Sace aggiorna ogni anno, delinea i profili di rischio in circa 200 mercati esteri, utile per le imprese che esportano e investono nel mondo. Lo strumento si  avvale di un set di indicatori che valutano il rischio di credito, il rischio politico e aspetti di sostenibilità ormai inderogabili, sviluppati in collaborazione con la Fondazione Enel: cambiamento climatico, benessere sociale e transizione energetica.

“Strumenti come la nostra mappa dei rischi sono oggi più che mai indispensabili alle imprese italiane per continuare a crescere sui mercati in maniera competitiva, sana e sostenibile. I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro Paese”. – ha dichiarato Alessandra Ricci, Amministratore delegato di Sace. “Il lavoro svolto dal nostro ufficio studi si affianca a tutte le iniziative di formazione e informazione che noi di Sace portiamo avanti per accompagnare ogni giorno le aziende italiane, soprattutto le Pmi, in un contesto internazionale fluido e incerto.”

Alessandra-Ricci-Amministratore-Delegato-Sace

La ripresa attesa

La Mappa dei Rischi 2023 evidenzia una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, ma non si è assistito all’attesa inversione di tendenza,  dopo i marcati incrementi dello scorso anno. Questa è comunque una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere la loro stabilità economica, attestandosi su un livello di rischio che resta immutato. È però anche un’occasione persa, per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari, erogati a fronte della pandemia e della successiva crisi, che sono stati quindi utili non per un rilancio ma per mantenere la stabilità.
Non si può trascurare, però, il netto peggioramento dei rischi politici nel contesto globale, in particolare riguardo alla componente di violenza politica. Peggiorano anche i rischi climatici, mentre sono in miglioramento gli indicatori di transizione energetica.

Un’economia globale resiliente

E’ uno scenario che denota una chiara debolezza del ciclo economico, in cui l’interscambio globale resterà sostanzialmente fermo, secondo le stime di Oxford Economics. Guardando alle stime dei dati a livello mondiale, per il 2023 ci si attende un calo dell’inflazione di circa il 5%, mentre la crescita del Pil è attesa in calo all’1,3%, oltre due punti percentuali in meno rispetto alle proiezioni pre-conflitto russo-ucraino.
Il contesto mondiale è stato caratterizzato da tre shock di grande portata, negli ultimi tre anni. In primis l’emergenza pandemica, a cui si è aggiunta l’invasione russa dell’Ucraina che ha innescato una forte ed inattesa crisi energetica ed alimentare, con importanti ricadute su alcune geografie già segnate da altre problematiche. Altra conseguenza globale del conflitto è stata il ritorno dell’inflazione sostenuta, coincisa con la fine delle politiche monetarie ultra-espansive. Last but not least, gli eventi naturali estremi, che sono aumentati in frequenza ed intensità a causa del cambiamento climatico in atto.
A risentirne maggiormente saranno i volumi degli scambi internazionali di beni, su cui pesa la debolezza della domanda, oltre che un rallentamento fisiologico dopo le performance molto positive dello scorso biennio. In merito ai servizi, ci si attende che continuino a beneficiare della ripresa dei flussi turistici e delle attività legate ai viaggi e al canale dell’ospitalità.
Ampie schiarite potrebbero però attestarsi all’orizzonte grazie ad un allentamento delle pressioni inflazionistiche – che si stima maggiore rispetto alle previsioni – e che sta aumentando la probabilità di uno scenario migliorativo.

Uno sguardo alla mappa

L’analisi del rischio su cui si basa la mappa di Sace, assegna a ciascuno dei 194 paesi analizzati, un punteggio da 0 a 100 – laddove 0 è il rischio minimo e 100 il rischio massimo –  per ciascun indicatore di rischio: del credito, politico, energetico, climatico.
Rischio del credito: misura la probabilità che la controparte estera – sovrana, bancaria o corporate – non sia in grado di soddisfare gli oneri dei contratti commerciali o finanziari. In 57 paesi il livello di rischio è diminuito rispetto al 2022, che si attestano per lo più in medio Oriente, in relazione alle geografie produttrici di commodity dell’energia che hanno registrato un immediato beneficio dall’aumento dei prezzi, con ricadute positive sulle finanze pubbliche, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.

Rischio di Credito – Sace

Sono 72 i paesi stabili. Si tratta di geografie avanzate, caratterizzate da un profilo creditizio che resta invariato, la crescita in rallentamento e i conti pubblici frenati dall’onere del sostegno a famiglie e imprese per gli impatti della pandemia e per il caro bollette energetiche. Parliamo di Germania e Francia. Bene Portogallo e Grecia in cui il dato di rischio diminuisce sensibilmente.
Sono ben 65 le geografie in cui il livello di rischio è aumentato. Si tratta per lo più di paesi africani, come Ghana ed Etiopia che stanno subendo le ricadute delle politiche post pandemiche e della dipendenza dai capitali esteri. Frena anche il Kenya a causa delle limitate risorse da destinare a politiche di supporto. Nonostante le esportazioni energetiche anche l’Egitto vede peggiorare il proprio score a causa dell’impatto della guerra sull’approvvigionamento di materie prime agricole e sul market sentiment. In Tunisia si registra un peggioramento della situazione economica in tutti i comparti.

 

Rischio politico: Gli indicatori comprendono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, i rischi di esproprio e di violazioni contrattuali e i rischi di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari. Si fotografa un peggioramento del contesto globale polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica. Dei 194 Paesi analizzati, 35 migliorano, 71 sono stabili e 88 peggiorano.

Rischio Politico – Mappa dei rischi 2023 – Sace

 

Il rischio di cambiamento climatico: Monitora le principali componenti, come temperatura, fragilità idrogeologica e vento, e viene  sempre più integrato nelle valutazioni del rischio d’impresa. A questo si aggiungono due campi di analisi: di benessere sociale, che approfondisce la demografia, l’uguaglianza, il livello di salute, l’istruzione e il lavoro; di transizione energetica, che misura lo stato di avanzamento della riconversione verso un nuovo mix energetico, quale fattore di resilienza.
Gli indicatori mostrano poi un parziale miglioramento, trainato dalla crescita del mercato delle energie rinnovabili. Un processo avviato con il conflitto russo ucraino, che ora si attesta come positivo e irreversibile, capace di reggere anche rispetto alle più complesse condizioni economiche e geopolitiche su scala globale. E che rappresenta l’unica alternativa al modello energetico attuale, fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. Europa, America Latina e Asia, trainata dalla Cina, si confermano le aree di maggiore crescita nelle rinnovabili.

Transizione Energetica – Mappa dei rischi 2023 – Sace

 

In avanzamento anche l’America Settentrionale grazie ai progressi registrati da Stati Uniti e Canada. Il Brasile si conferma a ridosso dei Paesi più virtuosi su scala globale grazie anche al sostanziale contributo dell’idroelettrico e all’espansione del solare. Gli indicatori di rischio climatico presentano un peggioramento nell’ultimo anno, seppure con alcune differenze dal punto di vista geografico.
L’Asia è la più esposta al rischio di fenomeni naturali avversi a causa di temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale. India  e Bangladesh  sono le geografie con il più alto indice di rischio climatico dell’area e colpite da eventi ricorrenti e di forte entità in termini di perdite umane ed economiche.
Il surriscaldamento globale espone poi alcune aree dell’Asia a fenomeni di estrema siccità, come quelli che hanno interessato la Cina nei mesi estivi del 2022 danneggiando la produzione agricola e causando anche una crisi energetica nel Paese, con ripercussioni negative sulla produzione industriale.
L’Africa Subsahariana riporta un cospicuo aumento degli indicatori di rischio climatico, con dinamiche differenti nei vari quadranti regionali. Eventi alluvionali hanno colpito ad aprile il Sudafrica emla Nigeria oltre a vari paesi dell’Africa occidentale causando 1,3 milioni di sfollati.
Problema contrario lo si registra in Etiopia, Kenya, Somalia e Tanzania, vittime della siccità che si protrae dal 2020, e gli score sono in aumento. Altri fenomeni riconducibili ai cambiamenti climatici, quali la desertificazione del Sahel, i cicloni, l’invasione di locuste in Africa orientale nel 2020, mostrano le varie facce di un problema sempre più al centro del policy making dei governi africani, le cui economie dipendono ancora in gran parte dall’agricoltura di sussistenza. Eventi climatici estremi mettono inoltre a repentaglio la sicurezza energetica, come in Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Uganda, Zambia e Mozambico, che producono oltre tre quarti della propria energia tramite idroelettrico.

 

 

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