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La pubblica amministrazione fra spoils system e competenze

Periodicamente si riaffaccia la polemica intorno alle nomine fatte dalla politica. Fin dai primi anni ’70 del secolo scorso Alberto Ronchey utilizzò la parola ‘lottizzazione’, a indicare che in queste nomine si inserisce una logica spartitoria, più attenta alle appartenenze politiche che alle competenze dei nominati.

Che la politica faccia nomine non deve stupire né scandalizzare: in fin dei conti sarà un ministro, o il Consiglio dei ministri, o addirittura la Presidenza della Repubblica a dover apporre la propria firma sulla nomina degli organi di vertice dell’amministrazione. Se si continua – purtroppo – a volere che ci siano imprese a controllo pubblico, nazionale o locale, qualcuno dovrà pure nominarne gli esponenti di vertice.

Il problema sono quindi le regole che disciplinano queste nomine, e i comportamenti di coloro che ne assumono la responsabilità.

Le regole sono sbagliate. Un quarto di secolo fa l’Italia scelse di adottare il modello dello spoils system di ispirazione anglosassone. Ogni governo ha la facoltà di sostituire i vertici – capi dipartimento e segretari generali – dei ministeri. Si trascurò il fatto che nel mondo anglosassone di norma i governi durano una intera legislatura, se non di più. La durata media dei governi italiani raggiunge a fatica un anno e mezzo. Il modello adottato espone quindi le amministrazioni a una instabilità perenne, con ovvi effetti su efficacia ed efficienza dell’azione pubblica.

Per gli altri dirigenti si prevedono nomine a scadenza ravvicinata, con limiti al rinnovo. Il risultato è che il nominato fa appena a tempo a rendersi conto dei problemi da affrontare che deve preoccuparsi dell’eventuale rinnovo ovvero cominciare a cercarsi un nuovo incarico. Di fatto è invalsa la deprecabile prassi secondo la quale gli incarichi possono essere revocati anche prima della loro scadenza: è sufficiente che il nuovo ministro emani un decreto di riorganizzazione del suo ministero per rendere possibile anche la sostituzione dei dirigenti che hanno ancora un incarico in corso.

Questo insieme di regole sbagliate viene condito con un vano chiacchiericcio intorno alla ‘managerialità’ dei dirigenti pubblici. Dimenticando che essi hanno a volte un effettivo potere discrezionale nei confronti dei cittadini, concedendo o meno una autorizzazione, accelerando o ritardando una pratica. Ma non dispongono di nessuna delle leve a disposizione di un vero ‘manager’: scegliersi i collaboratori, determinarne la retribuzione. Quando, qualche anno fa, un governo provò a dare qualcuna di queste leve ai dirigenti scolastici ne risultò una sollevazione generale che lo indusse a fare una veloce ritirata.

A ciò si aggiunga un irragionevole limite massimo generale alla remunerazione dei dirigenti pubblici. Limite che di fatto ha prodotto uno schiacciamento delle remunerazioni verso l’alto, sacrificando proprio le competenze migliori e le responsabilità maggiori.

Alle regole sbagliate si accompagnano comportamenti altrettanto sbagliati. La legge lascia la facoltà di nominare a funzioni dirigenziali una quota di persone esterne all’amministrazione. Un’opportunità che la politica ha spesso utilizzato per compensare aderenti alla propria parte frustrati in loro aspettative diverse: chi non ha trovato spazio nelle liste elettorali, ovvero chi non è risultato eletto. Addirittura sono stati nominati come ‘esterni’ impiegati della stessa amministrazione che non riuscivano ad accedere alla dirigenza per le vie ordinarie. Nel ministero dell’Economia la quota degli ‘esterni’ è stata di recente innalzata, creando di fatto un canale parallelo, del tutto discrezionale, per l’accesso alla dirigenza nell’amministrazione finanziaria. Nella nomina dei dirigenti interni, è stato poi spesso preferito chi si reputava potesse assicurare una qualche ‘fedeltà’ al nominante, dimenticando che l’unica fedeltà del dirigente pubblico deve essere – come recita la Costituzione – quella alla nazione.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2023. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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