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Piccola e media editoria, Diego Guida: di chi sono le colpe della crisi

Diego Guida, Diego Guida, presidente del  Gruppo piccoli editori dell’Aie

Parla Diego Guida, presidente del  Gruppo piccoli editori dell’Aie: “Il Governo ha sempre dato poco”. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2023.

Diego Guida ha la voce che ti aspetti: calda, accogliente. Quella di chi ha imparato presto a sguazzare tra i libri e a entrare nelle vite dei personaggi che ha letto. Il presidente nazionale gruppo piccoli editori dell’Aie, ha cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia ‘Guida Editori’ che aveva quindici anni. Non vi è alcun dubbio che nel frattempo il mondo dell’editoria abbia vissuto una svolta epocale. “Era meglio quando si utilizzavano le lastre di piombo e la tiratura media superava le 3000 copie”, ha commentato Guida con un tono ironico, tradito da una punta di amarezza. “Sicuramente il mercato è cambiato. Ma la crisi in cui siamo piombati è anche colpa di scarse politiche di sostegno. Il governo, che nelle parole promuove la cultura, ha sempre fatto poco: soprattutto per i libri”.

Diego Guida, discendente da una famiglia di editori e librai, lei respira questo mondo da ormai tanto tempo, e ne ha vissuto varie fasi. Quali sono i maggiori problemi della piccola e media editoria italiana che riscontra oggi?

È vero, pensa che dovevamo festeggiare i 102 anni di attività quando è scoppiata la pandemia. Avevamo pensato a un evento in grande al teatro San Carlo di Napoli e siamo stati costretti ad annullarlo. Il primo grande scoglio nel mercato editoriale oggi è quello della distribuzione. Per quanto si possa sperare di ricevere un’attenzione da parte dei player di questo settore, non siamo in grado di risolvere i problemi legati all’incapacità degli operatori di far arrivare ovunque i nostri libri. Ci ritroviamo a pubblicare dei libri che difficilmente riescono ad essere riconosciuti – e riconoscibili – dai librai, e che quindi non possono essere presenti sul mercato a tutto tondo. È un danno, oltre che un peccato, per tutti: per chi scrive, per chi legge e per chi vende. Una volta nella fase di produzione esistevano le lastre di piombo, si preparava l’impaginato a mano. Si stampavano almeno 3000 copie. Adesso, la tiratura media è 500 copie, e molto lavoro viene fatto sull’editoria digitale. Abbiamo circa 120 libri nuovi in Italia pubblicati ogni giorno, con una situazione devastante per i librai che non sanno quali prediligere e che allora spesso si affidano ad algoritmi. E i libri dei piccoli editori, anche quando richiesti dall’utenza, non vengono riordinati perché l’algoritmo li ritiene esauriti. A questa drammatica situazione vanno aggiunti i dati sul particolare periodo storico. Con il rincaro delle materie prime causato dalla guerra, addirittura da giugno a dicembre abbiamo rilevato aumenti del costo per l’acquisto della carta di oltre il 180%. Una cosa è superare le 500 copie vendute e quindi ristampare un libro con i costi previsti nella fase in cui è stato prezzato, e una cosa è ristamparlo con un aumento dei costi di produzione (e anche di trasporto). La logica vorrebbe che aumentassimo i prezzi di copertina, ma è assurdo: non possiamo pretendere di rivendere un libro che ha un prezzo di 15 euro a 20 euro. Ne consegue una drastica riduzione dei ricavi netti. Forse, avrebbe più ragione di esistere il ritorno alla tiratura alta…

Pensa che ‘le colpe’, se esistono, vadano imputate alla filiera, ai lettori o a una cattiva gestione delle politiche di sostegno da parte del governo?

La domanda è perfetta, perché le colpe in parte sono di tutti. I lettori sono pochi, però il nostro mercato, che raggiunge mediamente i 3 mld l’anno, è piuttosto stabile. Questo ci conforta, ma il punto è che potremmo crescere, e allora noi editori ‘litighiamo’ tra noi per recuperare più quote su un mercato che resta stagnante. Di contro, tutto ciò significa che le politiche governative non incentivano affatto. Sono ormai tre, quattro anni che il ministero della Cultura (oggi Mic) ha costituito un braccio armato per le attività di promozione della lettura con il Cepel (Centro per il libro e la lettura), attraverso parecchi milioni di euro. Ma dovremo vedere con il nuovo esecutivo cosa accadrà. Tocca a loro fare delle politiche illuminate per la promozione della cultura e far crescere i numeri, che economicamente tornerebbero anche a loro. In questo momento non sono molto positivo, sono dispiaciuto per 18App, che rischia di trasformarsi in uno strumento non più alla portata di tutti. Conosco il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano dai tempi del liceo, è napoletano come me. Gli ho detto: “Gennaro, aiutaci”. Il bonus cultura è un segnale per una crescita sociale che giova all’intero sistema-Paese.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2023. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

 

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