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Africa, il nodo della sovranità alimentare

africa agricoltura

Il colonialismo ha stravolto le abitudini alimentari e i sistemi colturali degli africani, scrive Angelo Turco* sul numero di marzo 2023 di Fortune Italia. Per battere i rischi di fame e malnutrizione dovuti alle calamità naturali (come il cambiamento climatico) e a guerre incombenti (come  il conflitto russo ucraino), è necessario aiutare le popolazioni a recuperare i loro saperi agrari tradizionali, innovandone il potenziale produttivo, nel rispetto dell’ambiente.

Il popolo Wolof è il più importante del Senegal. La sua alimentazione era tradizionalmente basata sul miglio, un cereale nobile, altamente nutritivo, meravigliosamente adatto al clima saheliano e alle terre sabbio-argillose (dior), lavorate con uno strumento a manico lungo, facile da usare: l’iler. Quando il colonialismo comincia a imporre le sue pretese, verso la metà dell’800, destruttura la macchina agro-produttiva costruita in secoli di armonici rapporti tra i bisogni sociali e l’ambiente, con i suoi limiti e le sue possibilità. La rivoluzione industriale si diffonde in Europa, la popolazione lascia le campagne e si concentra nelle città. Uno dei nutrimenti di cui le masse urbane hanno bisogno è l’olio.

Quello d’oliva non basta più, la Francia lo deve importare e paga una fattura spropositata che non si può permettere. E se passassimo dall’olio d’oliva a quello d’arachide? È l’ipotesi vincente.

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