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In God we trust: Faac e gli incassi della chiesa usati per fare del bene

Sono pari a 650 mln di euro i ricavi record della Faac Spa, capogruppo di Faac Techologies, com’è emerso dal bilancio di esercizio 2022 approvato dal Consiglio di amministrazione dell’azienda, leader nel settore dell’automazione e controllo di accessi. Con un +12% di ricavi rispetto al 2021, Faac registra un utile operativo di 71,3 mln di euro, in crescita del 7,7%, e stacca un dividendo 10 mln di euro all’azionista unico, la Curia di Bologna, che detiene il 100% delle quote societarie e che destinerà le somme ad opere di bene.
“Negli ultimi dieci anni abbiamo versato circa 100 mln alla Chiesa, che è l’azionista unico dal 2015” è quanto ha dichiarato Andrea Moschetti, già Presidente dell’azienda di cui diventa ora Executive Chairman, a seguito delle dimissioni dell’ex Ceo Andrea Marcellan, rese note proprio nel corso del Cda. “Il nuovo assetto organizzativo – continua Moschetti – consentirà al Gruppo di perseguire i propri obiettivi di crescita in grande continuità con i risultati raggiunti nel recente passato e in coerenza con la Vision: diventare un leader mondiale in soluzioni altamente performanti per il soddisfacimento dei bisogni di mobilità e gestione accessi, in modo sostenibile”.

La storia della Fabbrica automatismi apertura cancelli

La Faac è nata nel 1965 per iniziativa dell’imprenditore Giuseppe Manini, all’epoca operaio edile, che ha trasformato l’intuizione in un’azienda che oggi vale quasi tre miliardi. Manini notò che i cancelli delle abitazioni restavano sempre aperti, perché dopo essere scesi dalla macchina per aprirli nessuno si curava di richiuderli. Fu così che progettò il ‘750 interrato’, un cancello basato sulla tecnologia oleodinamica, di fatto il primo sistema di movimentazione automatica dei cancelli, e nacque Faac, a Zola Predosa in provincia di Bologna. Già alla fine degli anni ’70 Faac cominciò ad espandersi in Europa e oggi, a quasi sessant’anni dalla nascita, conta 75 brevetti, 3800 collaboratori, 53 società in 29 paesi, quasi 4.000 dipendenti (di cui 600 in Italia) e il 90% di export. Resta poi una delle poche aziende che accorpa l’intera filiera, dalla progettazione alla realizzazione.

L’eredità

Nel 2012 muore Michelangelo Manini, figlio e unico erede del fondatore della Faac. Il testamento, pare redatto già nel 1992 e mai modificato, ha sorpreso tutti. Non avendo eredi, Manini ha lasciato alla curia di Bologna il suo intero patrimonio: beni immobili, 140 milioni di euro e il 66% dell’azienda Faac. Nel 2014 la curia ha chiuso la controversia con i parenti, che avevano impugnato il testamento, ed ha liquidato il socio di minoranza, il francese Somfy, diventando così azionista unico della Faac. L’allora cardinale Caffara, a capo della diocesi di Bologna, anche vincendo un’iniziale contrarietà di Papa Francesco – che avrebbe preferito la vendita delle quote e la devoluzione del ricavato per opere di bene – si impegnò a seguire la direzione tracciata dal benefattore Manini, facendo di Faac un’impresa ‘etica e saggia’. La curia di Bologna è guidata dal 2015 dal cardinale Matteo Maria Zuppi, che lo scorso maggio 2022 Papa Francesco ha voluto a presiedere la Cei – Conferenza episcopale italiana.

A Cesare quel che è di Cesare

Faac fa capo alla diocesi di Bologna, ma è governata di fatto da un Trust, composto da manager e professionisti fra cui Andrea Moschetti, già presidente e nuovo Ceo della società, l’avvocato Bruno Gattai e Giuseppe Berti, manager Luxottica. Il Trust negli anni ha gestito l’azienda guidandola in un percorso di costante crescita e numerose acquisizioni. Fra le ultime, è del 2021quella del gruppo israeliano Tiba, primario operatore nel settore della fornitura di sistemi completi di gestione dei parcheggi off-street a pagamento, un’operazione da 136 mln di dollari.

A sostegno dei più deboli

La diocesi di Bologna si è posta al fianco dei bisognosi fin dalla crisi del 2008, a seguito della prima grande crisi di questo secolo, il cardinale arcivescovo Caffarra istituì il Fondo di Solidarietà per le Famiglie, nel quale confluirono offerte di privati, di parrocchie e la maggior parte dei contributi che le Fondazioni cittadine destinano ogni anno all’Arcidiocesi, per un totale di 5.160.000 euro. Nel momento in cui l’arcidiocesi è venuta in possesso dell’eredità Manini, fu disposto che altri 5 mln di euro fossero devoluti alla Caritas Diocesana per sovvenire alle famiglie della Diocesi in grave situazione di disagio. Anche in occasione dell’emergenza Covid è stato istituito il nuovo fondo San Petronio, destinato a quanti avessero perso il lavoro. Anche in quella circostanza, i dividendi annui destinati all’arcidiocesi furono pari a 10 mln di euro, dal momento in cui l’azienda aveva chiuso con un lieve calo di fatturato (-1%) ed un margine di 93 mln di euro. Nel 2021 si è anche provveduto a creare un fondo dedicato alle piccole aziende che rinunciavano a licenziare i propri dipendenti. Nel tempo, numerosi i progetti sviluppati col Comune di Bologna per combattere la disoccupazione, aiutare le famiglie in difficoltà con l’affitto, ma anche con borse di studio, iniziative per il doposcuola e per combattere la dispersione scolastica, con un investimento di circa 1,3 mln di euro. Questo impegno costante ha portato, solo negli ultimi anni, ad aiutare quasi cinquemila studenti, duemila famiglie in difficoltà, ed ha aiutato il ricollocamento di circa 400 persone che avevano perso il lavoro.

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