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The Conversation

Giorgio Metta

Giorgio Metta

Prima viene l’intuizione, poi le cose bisogna progettarle. Sognare, pianificare, realizzare.
La vita e la tecnologia hanno in comune molto più di quanto ci si possa aspettare. Giorgio Metta lo ha capito presto, prima di diventare direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. E prima di ritrovarsi a posare con ‘iCub’, l’umanoide più diffuso per la ricerca nel campo della robotica. Le dimensioni di iCub sono quelle di un bambino di circa 4 anni. Possiede 53 snodi di movimento, la maggior parte nelle braccia e nelle mani, e c’è chi ritiene che sia pronto a fare il suo ingresso nelle nostre case. “Magari per aiutarci con le faccende domestiche”, scherza Metta, convinto che il supporto della robotica e dell’intelligenza artificiale all’uomo sia una questione molto più complessa. E nobile, rispetto allo scrostare il grasso dalle stoviglie (azione che ha comunque il suo valore). “Il progetto di iCub, così come tanti altri, non è ancora terminato. Per cui non possiamo sapere quale sarà nella pratica la sua missione finale. Il mondo corre, la tecnologia pure. Non pensate che chi lavora con le macchine non ne sia spaventato. Anch’io custodisco i miei timori”.

INTERVISTA DI LORENZA FERRAIUOLO

In un’intervista ha raccontato che da grande le sarebbe piaciuto fare il programmatore di videogiochi. Una persona che ha cominciato a studiare certe tematiche anche solo dieci anni fa, ha fatto una scommessa. Quanto è stato sfidante credere nelle potenzialità del tech?

Lo confesso: non avevo grandi ambizioni, ho cominciato il mio percorso con ingenuità. Poi è arrivata la passione, perché mi sono reso conto di avere a che fare con strumenti totalmente nuovi, e quindi lo studio. Per dire che da una parte c’è stata l’intuizione, dall’altra le cose non avvengono per caso. Bisogna impegnarsi. È vero: sulla tecnologia non c’era certezza. Mi sono fidato. Però ricordo che già quando ero ragazzo io, sulle riviste scientifiche si leggeva di macchine che sarebbero appartenute al futuro. È successo in maniera dirompente e se non ne sono sorpreso è perché ci sono stato dentro, il progresso l’ho percepito e cavalcato. Mi sento come su un’onda che continua a crescere e non intende frangersi.

Una fiducia quasi cieca che l’ha portata a diventare il direttore di un centro di ricerca tra i più prestigiosi. L’IIT, appunto.  (1)

Quasi, esatto. Perché avevo studiato, con la tecnologia lavoravo, e la conoscenza è l’arma migliore per poter capire e quindi gestire le cose. Forse ho avuto fiducia per questo motivo. Ma non è necessario sforzarsi a capire la tecnologia in ogni singolo dettaglio. Anche il pubblico generico dovrebbe evitare di fare un lavoro investigativo che porta a scervellarsi su quali siano i principi che stanno dietro a un sistema di AI. Si alimentano timori inutili. I professionisti, che sono gli unici che guardano dall’interno, capiscono quali sono i limiti, dove sta la frontiera. Perché una tecnologia non è pericolosa e perché se lo è dipende dall’uomo e non dalla tecnologia.

Quando abbiamo inventato le prime pietre scheggiate, ne abbiamo poi fatto usi utili e meno nobili. Sono decisioni che stanno alla persona e alla società. Per questo è giusto che si ragioni sulla regolamentazione delle nuove tecnologie. Lo si sta già facendo e credo sia un ottimo segnale.

Quali sono i timori legati allo sviluppo delle nuove tecnologie?
C’è qualcosa che la preoccupa?

Ci sono due aspetti che preoccupano le persone: anzitutto, la perdita di controllo. Ma i computer impazziscono nei film di fantascienza che restano, appunto, film. Invece il timore di essere sostituiti è reale ed è opportuno prevenirlo. I robot però, non rimpiazzeranno nessuno. Siamo davanti a sfide importanti come quelle del cambiamento climatico a cui l’AI può dare una risposta forte. La stessa che sta già dando in campo medico. Poi sì, anch’io ho una mia preoccupazione personale. Quella di non riuscire a rimanere al passo con lo studio della tecnologia. Ho iniziato in un certo periodo, e le tecnologie nel frattempo sono cambiate. Occorre continuare costantemente a seguirle. Lo si fa mentre si lavora. Insomma, un giovane laureato non arriva alla meta e un professionista non smette di imparare.

Lei è il papà di iCub. “I robot non rimpiazzeranno nessuno” non le suona un po’ come la frase di un genitore che si mette sulla difensiva? Chi è iCub?

No, ma un papà fiero lo sono [ride, ndr]. Cominciamo col dire che iCub è costato tanto. Non in termini economici: il progetto è iniziato grazie a un finanziamento europeo. Ma è costato fatica a noi ricercatori. Il robot è un umanoide che abbiamo immaginato per studiare alcuni aspetti dell’AI che hanno a che vedere con il corpo. L’intelligenza, quando ha un corpo, impara cose che in maniera astratta non potrebbe. Gli ultimi sviluppi dell’AI come Gpt sono strumenti che non hanno un corpo. Il mio pensiero da tecnico è che invece questo sia un fattore importante.

Se devo imparare ‘alto e basso’ o ‘destra e sinistra’ non ho modo migliore di farlo se non eseguendo azioni. Non c’è bisogno di aggiungere altro: è una prova di come l’uomo, rispetto alla tecnologia, resti un passo avanti.

Lei ChatGpt lo utilizza?

Poco. I miei colleghi (2) lo usano perché si fanno aiutare quando devono programmare. Tuttavia, devo ammettere che è un risultato eccezionale. A volte mi emoziono perché penso che siamo di fronte a uno scatto incredibile. Gpt è l’esempio di AI alla portata di tutti. In biologia grazie all’AI stiamo riuscendo a fare qualcosa che fino a qualche anno fa ci saremmo sognati. Osservare la struttura tridimensionale delle proteine, capire come interagiscono con altre molecole. Dati che renderanno la salute, alla portata di tutti.

C’è un progetto a cui attualmente sta lavorando l’IIT (3) che la emoziona particolarmente?

Diversi. Con gli algoritmi stiamo lavorando sull’apprendimento continuo, ossia come dare alla macchina la capacità di imparare un compito e poi un secondo senza dover ricominciare da capo, accumulando esperienze. Stiamo sviluppando nuovi robot, che vanno dall’applicazione nella chirurgia all’aiuto in ospedale inteso come riabilitazione robotica. Dal 2015 abbiamo un programma di biologia molecolare che si occupa di mRNA, vengono studiate le molecole grazie all’AI. E infine, nel campo dello sviluppo di nuovi materiali, (4) effettuiamo simulazioni per prevedere quello che sarebbe il funzionamento di un materiale che non è stato ancora costruito.

Tra altri vent’anni cosa si aspetta?

Intanto, realizzare il mio sogno da programmatore [ride ancora, ndr]. Quello che mi aspetto dalle tecnologie, è che ci avranno aiutato a effettuare una transizione energetica. Con pannelli solari super efficienti, la gestione di reti energetiche dove l’approvvigionamento non è costante. Avremo un’energia nucleare sicura. In definitiva, potremo risolvere una serie di problemi che in questo momento minacciano il nostro pianeta. Ma non è la tecnologia che arriva da un punto A a un punto B: è l’uomo che ce la porta.

 

TRA LE RIGHE

NOTE

(1) L’IIT: è stato fondato nel 2003. La sede principale è a Genova, ma ci sono altri 11 centri di ricerca IIT nel territorio nazionale (a Torino, due a Milano, Trento, Roma, due a Pisa, Napoli, Lecce, Ferrara e Venezia) e 2 outstation all’estero (MIT ed Harvard negli USA). L’attività di ricerca dell’IIT afferisce a quattro aree scientifiche: robotica, nanomateriali, scienze computazionali e intelligenza artificiale e tecnologie per le scienze della vita.

(2) Staff: lo staff complessivo di IIT conta circa 2.000 persone, di queste il 50% proviene dall’estero, da oltre 60 Paesi nel mondo. L’età media del personale IIT è di 35 anni e il 42% è rappresentato da donne.

(3) Attività di fund rasing: dal 2006 IIT ha raccolto da fondi esterni oltre 500 mln di euro. A dicembre 2022 risultano attivi oltre 400 progetti tra i quali: 147 progetti europei, 176 progetti commerciali.

(4) Laboratori congiunti: all’interno dell’IIT sono attivi 23 laboratori congiunti con aziende e istituzioni di rilevanza nazionale e internazionale che coprono tutte le tematiche di ricerca di interesse dell’istituto: dalla robotica alla riabilitazione, dalla salute ai nuovi materiali, dall’intelligenza artificiale alla farmacologia.

 

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