Prima viene l’intuizione, poi le cose bisogna progettarle. Sognare, pianificare, realizzare.
La vita e la tecnologia hanno in comune molto più di quanto ci si possa aspettare. Giorgio Metta lo ha capito presto, prima di diventare direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. E prima di ritrovarsi a posare con ‘iCub’, l’umanoide più diffuso per la ricerca nel campo della robotica. Le dimensioni di iCub sono quelle di un bambino di circa 4 anni. Possiede 53 snodi di movimento, la maggior parte nelle braccia e nelle mani, e c’è chi ritiene che sia pronto a fare il suo ingresso nelle nostre case. “Magari per aiutarci con le faccende domestiche”, scherza Metta, convinto che il supporto della robotica e dell’intelligenza artificiale all’uomo sia una questione molto più complessa. E nobile, rispetto allo scrostare il grasso dalle stoviglie (azione che ha comunque il suo valore). “Il progetto di iCub, così come tanti altri, non è ancora terminato. Per cui non possiamo sapere quale sarà nella pratica la sua missione finale. Il mondo corre, la tecnologia pure. Non pensate che chi lavora con le macchine non ne sia spaventato. Anch’io custodisco i miei timori”.
INTERVISTA DI LORENZA FERRAIUOLO
In un’intervista ha raccontato che da grande le sarebbe piaciuto fare il programmatore di videogiochi. Una persona che ha cominciato a studiare certe tematiche anche solo dieci anni fa, ha fatto una scommessa. Quanto è stato sfidante credere nelle potenzialità del tech?