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Tim al centro dei rumors tra dossier rete e governance 

Kkr e Cdp con Macquarie studiano come migliorare le loro offerte e rispondere così ai chiarimenti richiesti da Tim. In Borsa il titolo recupera terreno (poco) e torna a 0,27 euro (+2,2%) aspettando di conoscere tempi e termini dell’operazione. La rete non è però l’unico fronte caldo per Tim, la governance è un tema su cui Vivendi, socio di maggioranza con circa il 24%, sta mettendo pressione sul cda.

I francesi hanno scelto la strada dell’Aventino e da mesi contestano il presidente Salvatore Rossi e il cda stesso da cui sono usciti definitivamente a gennaio; un mese fa in assemblea hanno respinto il candidato proposto dai fondi (e quello, autopresentatosi, dei piccoli azionisti) e ora puntano su Luciano Carta, ex presidente di Leonardo per riempire il posto lasciato vacante da Arnaud de Puyfontaine.

E’ stato definito ‘uomo delle istituzioni’ e nel suo curriculum vanta una carriera nella Guardia di Finanza, fino al ruolo di Generale, dal 2018 al 2020 ha diretto l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE). “Sarebbe un ottimo acquisto per un’azienda strategica per il nostro Paese. Un uomo delle istituzioni che ha già dimostrato di saper agire con indipendenza e che ben conosce il delicato dossier di Tim e della rete unica” commenta in una nota il sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche Sociali, Claudio Durigon ma per ora il suo nome è sul tavolo del Comitato nomine e non risulta ancora convocato un cda per la sua cooptazione.

Il primo appuntamento in agenda è quello del 22 giugno anche se basta la richiesta di due consiglieri perchè il presidente di Tim convochi una riunione. Sulla partita per la Rete invece per ora si gioca a carte coperte. Due settimane fa si era fatta strada l’ipotesi di un’offerta congiunta Cdp-Macquarie con Kkr con il sostegno del Mef che, secondo quanto era trapelato, avrebbe voluto coinvolgere anche F2i, il gestore italiano di fondi infrastrutturali, con asset in gestione per oltre 7 miliardi di euro, partecipato tra gli altri da Cdp, Unicredit e Intesa e da alcuni fondi sovrani.

Secondo il Messaggero il fondo, guidato da Renato Ravanelli, può investire 2,5 miliardi di euro nell’operazione ma vuole assicurarsi un ruolo chiave nella governance ma per ora F2i resta alla finestra. Per Intermonte ci sarebbe “un duplice vantaggio: garantirebbe un maggiore capitale disponibile per un aumento del prezzo dell’offerta, ma attenuerebbe anche le problematiche concorrenziali legate alla presenza di Cdp nel consorzio, fornendo una risposta alle precondizioni poste da Kkr per il proprio investimento e riducendo il futuro rischio di esecuzione (rimedi Antitrust)”. Se poi F2i o un altro fondo pubblico sostituissero integralmente Cdp nel consorzio, “si prospettano ancora maggiori possibilità che l’offerta venga approvata dall’assemblea di TIM (infatti, Cdp potrebbe partecipare al voto con il suo 9,8% in Tim)” fanno notare gli analisti.

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