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Silvio Berlusconi: la vita dell’imprenditore, dalle navi da crociera ad oggi

“Sono un sognatore pragmatico. Altri fanno sogni che restano sogni, io cerco di trasformare i sogni in realtà”. È con queste parole di Silvio Berlusconi che si può riassumere il suo percorso imprenditoriale. Prima venditore porta a porta di scope elettriche, poi la vita da imprenditore, quella vera. Prima ancora l’esperienza, da giovanissimo, come cantante e intrattenitore sulle navi da crociera insieme all’amico Fedele Confalonieri. Un dettaglio che spiega plasticamente la doppia natura di Berlusconi, che non lo ha mai lasciato: da una parte un imprenditore geniale, serio e senza grilli per la testa; dall’altro un comunicatore, un talento delle battute e della ‘risposta pronta’ in qualsiasi occasione. Una dote che gli ha permesso di entrare anche nella storia, ad esempio contribuendo alla storica stretta di mano tra Putin e Bush a Pratica di Mare, nel 2002.

putin berlusconi bush

Da agente immobiliare prima a fondatore di un’impresa poi, nel 1961: insieme al costruttore Pietro Canali fonda la ‘Cantieri Riuniti Milanesi Srl’. È solo il primo passo di una serie di attività che lo porteranno al successo. Nel 1963 crea la Edilnord Sas e un anno dopo arrivano le prime difficoltà: l’azienda apre un cantiere a Brugherio per edificare una città modello da 4mila abitanti ma i condomìni non si vendono con facilità.

Silvio Berlusconi è morto, finisce un’era

silvio berlusconi fortune italia

È con la costruzione di Milano 2 che Berlusconi acquista la notorietà, quando nel 1968 compra alcuni terreni a Segrate per i quali ottiene l’autorizzazione a costruire 2,5 milioni di metri cubi in cambio dell’impegno a provvedere alle opere di urbanizzazione. Fu, secondo alcuni, l’intensa attività di lobbying presso i ministeri a dargli la possibilità di rendere l’investimento fruttuoso, facendo addirittura cambiare alcune rotte aeree dell’aeroporto di Linate, le cui onde sonore superiori ai 100 decibel rischiavano di rendere l’operazione immobiliare un flop.

Un fatto che iniziò a rendere Berlusconi una persona conosciuta non solo per le sue capacità imprenditoriali, ma soprattutto per quelle comunicative e relazionali. L’imprenditore aveva capito perfettamente che senza relazioni e senza la politica, non sarebbe arrivato al successo tanto desiderato.

C’è un’altra considerazione che nella mente di Silvio Berlusconi non tarda ad arrivare: quella che la comunicazione, e la televisione in particolare, può essere uno strumento di propaganda micidiale, se saputa utilizzare bene. E così l’imprenditore decide di allargare il proprio raggio di affari ai media.

Approfittando della sentenza n. 202 del 1976 della Corte costituzionale, che apre definitivamente la strada all’esercizio dell’editoria televisiva – che era stata fino ad allora appannaggio dello Stato con la Rai – nel 1976 Berlusconi rileva TeleMilano, che dal dicembre 1980 cambia nome in ‘Canale 5’, un marchio che raccoglie venti televisioni locali che trasmettono lo stesso programma, alla stessa ora. È un escamotage per aggirare il divieto di trasmissione in diretta nazionale, previsto dalla legge dell’epoca.

Da quel momento Berlusconi inizia a coinvolgere grandi nomi della tv pubblica italiana, cominciando da Mike Bongiorno, registra le trasmissioni in anticipo sui cosiddetti ‘pizzoni’ (i nastri, ndr), che diffonde alle reti regionali per la trasmissione in simulcast. In via ufficiosa nasce una nuova televisione nazionale. A tutti gli effetti. E grazie a questa nuova dimensione nazionale, la sua concessionaria Publitalia, inizia a vendere gli spazi pubblicitari a grandi inserzionisti nazionali.

Ai limiti della legalità. È a questa parola che viene spesso associata la figura di Berlusconi. Descritto dai media come in bilico perenne fra giusto e sbagliato, tra corretto e scorretto. Tra legale e illegale. Berlusconi sa quello che deve fare, sa quello che può fare e quello che non può fare (quasi) sempre. Le accuse, i ricatti, i regali, il bunga bunga. La mafia. Spesso associato alla parte cattiva della storia, ma lui sempre solido, apparentemente tranquillo. Per davvero o per finta, questo non importa.

Nel 1978 Berlusconi fonda Fininvest, una holding che coordina tutte le attività dell’imprenditore. Nell’82 decide di allargarsi con l’acquisto di Italia 1 e poi nell’84 di Rete 4. È di fatto la nascita del duopolio televisivo. Da un lato la Rai, dall’altro Fininvest. Da un lato lo Stato, dall’altro lui.

berlusconi mediaset

Berlusconi però non si accontenterà di competere con la tv italiana di Stato. Delle istituzioni finirà per far parte dopo la discesa in campo del 1994. Nel 1984 i pretori di Torino, Pescara e Roma oscurano le reti Fininvest per violazione della legge che al tempo proibiva alle reti private di trasmettere su scala nazionale. È grazie al governo guidato da Bettino Craxi che l’azione giudiziaria viene fermata dopo pochi giorni, legalizzando di fatto il ‘metodo Berlusconi’. Una strategia messa in atto grazie ad amicizie, appoggi politici, operazioni di lobby.

Nel 1990, grazie alla Legge Mammì, si rende definitivamente legale un sistema radiotelevisivo misto pubblico e privato. È la fine del monopolio Rai. Non solo televisione. Nello stesso anno acquisisce la maggioranza azionaria di Mondadori e diventa il principale editore italiano nel settore dei libri e dei periodici.

Qui la legge Mammì, accusata da molti come ‘infinitamente’ favorevole alle posizioni berlusconiane, dimostra però anche di contenere dei limiti ai suoi appetiti, inserendo uno scudo antitrust. I soggetti che esercitavano l’attività televisiva in ambito nazionale con più di due reti non potevano acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o prendere parte alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani. E così quando Berlusconi pensa di dare l’assalto al gruppo Espresso, è proprio la legge Mammì a costringere il Cavaliere a dismettere Repubblica, Espresso e i quotidiani Finegil.

E poi lo sport, con l’acquisto nell’86 della squadra di calcio del Milan. Una luna di miele lunga trentuno anni, fino al 2017. Trentun’anni di successi, coppe, scudetti, campionati, Supercoppe, Uefa, una Coppa del mondo per club Fifa. 29 trofei ufficiali, fino alla cessione totale delle quote in suo possesso all’imprenditore cinese Li Yonghong.

Silvio Berlusconi con Cesare Cadeo a Milanello, il 25 settembre 1986. ANSA/OLDPIX

Possedere una squadra di calcio per passione sì, ma anche per scelta politica, di vita: Berlusconi sapeva quanto fosse importante il calcio per gli italiani. E sapeva anche quanto fosse importante investirci per diventare un personaggio ancora più ‘mainstream’, ancora più popolare. E infatti non si arrende.

È sua la firma di un successo importante come quello del Monza Calcio: nel 2018 la Fininvest compra il 100% della società che in appena quattro anni, anche grazie al fedele Adriano Galliani, fa una vera e propria galoppata dalla Serie C (Lega Pro) alla Serie A. Gli investimenti del tycoon italiano riguardano anche il mondo finanziario, con le partecipazioni nelle società Mediolanum e una forte presenza nel settore delle assicurazioni e nella vendita di prodotti finanziari. E poi il cinema, con Medusa Film.

Cinque figli, due ex mogli, 17 nipoti e una bisnipote. A ognuno una fetta, con l’eredità di sicuro potenzialmente c’è spazio per tutti. Nel 2023 Silvio Berlusconi era al terzo posto tra gli uomini più ricchi d’Italia, con un patrimonio di 6,3 miliardi di euro.

I figli di primo letto, Marina e Pier Silvio, hanno a testa una quota della holding pari al 7,65% attraverso due società per azioni, mentre Barbara, Eleonora e Luigi hanno una quota complessiva del 21,4% riunita in un’unica Spa: un assetto deciso una decina di anni fa, prima del divorzio da Veronica Lario.

Ora, con l’eredità, si apre la partita decisiva. L’ultimo capitolo di una storia che se fosse un libro, come ha detto l’ex senatore Marcello Dell’Utri poco prima che Berlusconi morisse, sarebbe “L’elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam.

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