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Il valore di un sistema culturale pronto al futuro

digitalizzazione

Le continue evoluzioni digitali dimostrano quotidianamente quanto la creazione di infrastrutture informatiche innovative, resilienti e sicure sia un tema di interesse nazionale. Un vantaggio competitivo che abbraccia, oltre ai paesi che investono in questo senso, anche il tessuto imprenditoriale e sociale che opera al loro interno. 

A ben vedere, si tratta di un tema meno recente di quanto si pensi: Paesi come Francia ed Estonia sono stati pionieri nel dare il via a politiche di informatizzazione nazionale. In Francia nel 1982 venne commercializzato – attraverso la partecipata pubblica France Télécom – Minitel, un servizio digitale considerato l’antesignano di internet per come lo conosciamo oggi, mentre in Estonia già nel 1994 venne definito un primo schema strategico per lo sviluppo delle tecnologie informatiche.

A distanza di quarant’ anni, le diverse dinamiche di digitalizzazione che hanno coinvolto Francia, Estonia e Italia devono far riflettere sul valore aggiunto per un Paese di possedere un sistema culturale pronto ad accogliere, prevedere e investire in nuove tecnologie.

Oggi, infatti, l’Italia si trova al 18° posto in Europa per livello di digitalizzazione, secondo gli standard dell’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società (DESI): mentre la Francia è quinta nell’utilizzo dell’e-government, l’Italia è ventiduesima. Una valutazione in netto contrasto  con il nostro ruolo in Europa di terza maggiore economia e seconda per manifattura. Le cause possono essere imputate a molteplici fattori, tra i quali la bassa diffusione delle competenze digitali dei cittadini e delle imprese, l’adozione limitata delle tecnologie digitali nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici, e la scarsa connettività. Questo deficit rappresenta un evidente ostacolo per il rilancio della competitività e della produttività del paese ed è pertanto essenziale recuperare attraverso investimenti mirati in tecnologie, infrastrutture e processi digitali. 

Non è quindi un caso che il PNRR faccia della transizione digitale uno dei pilastri trasversali a tutto il Piano, anche seguendo le priorità di sviluppo dettate dalla Commissione Europea nel Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza. Il 20% della spesa complessiva prevista, infatti, deve essere destinato a investimenti e riforme mirate a migliorare le prestazioni digitali del nostro Paese. Un obiettivo in linea con la visione della Commissione Europea per un futuro digitale dell’Europa e con gli standard misurati dal DESI.

Per raggiungere questi obiettivi, il pilastro digitale definito dal PNRR comprende diversi ambiti di intervento. A partire dalla razionalizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione e dallo sviluppo dei servizi pubblici digitali, proseguendo per il miglioramento della connettività (con costi sostenibili per gli utenti) e per il sostegno alla ricerca e lo sviluppo nelle TLC (Teaching and Learning Centres), fino all’adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese, in particolare delle PMI.

Tuttavia, occorre tenere a mente alcuni punti di criticità nel percorso di transizione digitale del nostro sistema socioeconomico.

La digitalizzazione e la vulnerabilità rappresentano un binomio importante e complesso che richiede attenzione e soluzioni mirate per garantire la sicurezza dei dati e dei sistemi informatici. La crescente interazione tra questi due fattori porterà – e sta già portando – nuove sfide e opportunità, che richiedono un adeguato adattamento e una forte sinergia tra le diverse attività che si sviluppano nell’ambito della transizione digitale. Per questo motivo, l’Unione Europea sta adottando misure concrete per garantire la sicurezza informatica. Tra queste misure possiamo citare la creazione di enti di cybersicurezza nazionali, la formazione di esperti e la messa a punto di strategie a lungo termine che prevedano l’adozione di tecnologie e soluzioni avanzate per la sicurezza informatica. 

Nel mettere a terra le più recenti politiche di digitalizzazione nazionali occorre tenere sempre a mente il ruolo dell’interazione tra Stato e mercato nel guidare i processi di innovazione, e la necessità da parte dei policy-makers di adottare – con competenze e spirito critico – un approccio lungimirante alla programmazione economica. Facendo leva anche sulle straordinarie risorse dell’attuale programmazione economica europea e nazionale, ciò permetterà di costruire una società digitale sicura e affidabile, che sia in grado di supportare e catalizzare lo sviluppo dell’intero Sistema-Paese.

Claudia Bugno è Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.

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