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L’euro diventa anche digitale: un’analisi sulle implicazioni e le sfide

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Dal 2020, anche in ambito europeo si parla di un euro digitale, cioè una valuta che mantiene le caratteristiche di moneta sovrana con l’aggiunta della variante digitale. Si parla così di moneta digitale della banca centrale (Central Bank Digital Currency – CBDC) o, anche di Cash+.

L’euro digitale, utilizzabile come strumento di pagamento al dettaglio, non sostituirà la moneta cartacea, che continuerà a circolare, come pure non sostituirà gli altri strumenti di pagamento, ma potrà coesistere con essi. L’euro digitale sarà convertibile alla pari con le banconote e avrebbe lo status di moneta a corso legale (al pari del contante), diversamente da altre valute digitali, che sono per lo più impiegate per investimenti più altamente speculativi.

L’introduzione di un euro digitale comporta, da un lato, la comprensione del perché è rilevante e per chi; e dall’altro, richiede si pongano attenzioni particolari con riguardo ai temi inerenti la sua implementazione e l’impatto sulla politica monetaria, economica e la stabilità finanziaria.

Il tema richiede, di necessità, anche il coinvolgimento di una molteplicità di attori, tra i quali:

  • l’Eurosistema che si è espresso favorevolmente alla sua introduzione (che rappresenta il sistema di banche centrali dell’area euro responsabile dell’attuazione della politica monetaria e che comprende la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali dei Paesi dell’UE). La BCE, quale istituto di emissione, nel periodo luglio 2022 e febbraio 2023 ha condotto alcuni test, a valle dei quali è risultato che è possibile integrare un euro digitale nel panorama dei pagamenti esistente, lasciando comunque spazio al mercato per l’utilizzo di funzionalità e tecnologie innovative durante la sua distribuzione. Tuttavia, dalla fattibilità tecnica alla sua effettiva realizzazione passerà ancora del tempo. In effetti, il nodo da sciogliere è proprio la tempistica, perché in autunno la BCE procederà con una fase preparatoria per sviluppare e testare l’euro digitale e da qui decidere circa la sua emissione;
  • il Consiglio direttivo al quale spetta di assumere una decisione circa l’opportunità di emettere un euro digitale in una fase successiva, ma ancora sono da definire aspetti rilevanti, come quelli inerenti aspetti tecnici, di sicurezza e privacy;
  • l’Eurogruppo (quale organo che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri della zona euro), che si è espresso circa l’opportunità di elaborare una narrazione convincente e chiara circa il valore aggiunto di tale sviluppo e di cosa porterebbe ai cittadini europei e all’attività commerciale delle imprese. A tale riguardo, analizzerà anche il ruolo dell’euro digitale quale valuta di riserva internazionale;
  • la Commissione Europea, alla quale compete l’emissione di un regolamento, previsto a breve, che conterrà una serie di regole, pratiche e standard che supporteranno la distribuzione armonizzata dell’euro digitale tramite intermediari vigilati nell’area dell’euro; e da ultimo
  • il Parlamento europeo, che sarà chiamato a delineare il quadro normativo finale. 

Per comprendere cos’è l’euro digitale, è importante ricordare che la moneta di una Banca Centrale (definita moneta pubblica), rappresenta una passività della stessa e, nel caso specifico, la Banca Centrale Europea rimarrà quale emittente unico. Di fatto, in Europa, le banconote e le monete metalliche sono l’unica forma di moneta della BCE disponibile al pubblico. Il modo più agevole per poterla utilizzare è rappresentato dal deposito bancario, che è il surrogato per eccellenza della moneta legale dal quale si genera una molteplicità di strumenti di pagamento alternativi e/o complementari, come il bonifico, il giroconto, l’addebito ricorrente. Tutto questo costituisce la cosiddetta moneta bancaria, che oltre alle carte di pagamento e ai più recenti surrogati, come i digital wallet, permettono alle banche di espletare in modalità differenti la propria funzione monetaria. Essa rappresenta un cardine importante della centralità delle banche non solo negli scambi ma anche nelle attività di credito, laddove si consideri che i depositi bancari rappresentano una fonte importante di raccolta nell’attività di prestito (per molte banche).

Va ricordato che la moneta legale cartacea, come mezzo per lo scambio, incorpora il massimo grado di fiducia, da parte del pubblico. E che per ogni surrogato la fiducia si basa anche su emittente, titolare di carta, convenzioni di acquisto, circolarità, costi di utilizzo e accettazione, ecc.

Nella società contemporanea l’evoluzione del pagamento sarà sempre più una costante nel prossimo futuro. Questo, perché l’industria dei pagamenti è un vettore di innovazione, in grado di portare con sé nuove specie monetarie, una maggiore velocità di circolazione della moneta, una migliore efficienza nelle transazioni – quanto a costi e tempi di esecuzione – così accrescendo la certezza circa l’esito del trasferimento della moneta tra pagante e pagato, oltre a rendere possibile una maggiore inclusione finanziaria a favore di sempre maggiori fasce di popolazione.

I surrogati monetari, dei quali si è fatto cenno, appartengono all’ampio aggregato della moneta privata. Essi, di fatto, costituiscono una modalità importante – per volumi e numerosità – nel trasferire fondi tra le controparti in uno scambio. E poiché la moneta, oltre a essere unità di conto, è anche espressione di riserva di valore, va allora ricordato che ciascun pagamento sottintende un trasferimento di valore monetario nel tempo e nello spazio. Tale aspetto ha rilevanza crescente tanto più un’economia si sviluppa anche oltre i propri confini e tanto più le “infrastrutture” tramite le quali quella moneta transita possano sfuggire al suo istituto di emissione. È allora indispensabile ricordare che l’accentramento dell’emissione di biglietti presso la Banca Centrale non è motivo né causa di annullamento della funzione monetaria dei debiti bancari: anzi! L’importante è che il sistema dei pagamenti non sfugga al controllo dello stesso istituto. Si può allora ritenere che l’euro digitale per i pagamenti al dettaglio possa rappresentare uno strumento per contenere quell’eventualità. La quale può essere foriera di manifestarsi tanto più la moneta privata diventa protagonista degli scambi di beni e servizi e tanto più la stessa sia espressione di surrogati monetari di terze parti al di fuori di quelli strettamente bancari e ancor più espressione di operatori localizzati al di fuori del contesto europeo.

A questo punto il quadro descritto sin qui ci presenta: da un lato, il pagamento, quale espressione di trasferimento della moneta, come unità di conto e valore scambiato, e dall’altro, emerge la necessità di preservare la stabilità – interna ed esterna – della moneta, indispensabile per il buon funzionamento e la crescita dell’economia di un dato paese. Ne consegue che, alla BCE, presso la quale l’emissione della moneta legale è stata accentrata, ha anche il dovere istituzionale di preservare quella stabilità e tale obiettivo va mantenuto e perseguito anche in un contesto di elevata intensità tecnologico-digitale.

L’euro digitale, quindi, parrebbe rappresentare il nesso funzionale che spiega l’urgenza della BCE con riferimento all’obiettivo di riequilibrare il peso tra moneta pubblica (la propria, che al momento è solo cartacea) e moneta privata. Questo secondo aggregato monetario, di fatto, vede le banche commerciali quali intermediari principali l’emissione di strumenti di pagamento alternativi, sia propri – come i bonifici – ma anche di terze parti. Le banche, infatti, fungono da canale di promozione e vendita per molte alternative di pagamento, spesso esterne al contesto europeo, come è il caso di alcuni emittenti carte di credito e digital wallet. Negli ultimi anni, molti di questi “portafogli digitali” sono cresciuti sia per numero che per volume di transazioni e la propria funzione economica dal pagamento si è estesa anche ad alcune forme di investimento, a oggi, ancora di piccolo cabotaggio. Questi strumenti sono promossi e realizzati da grandi player della tecnologia, come PayPal, ApplePay, Samsung Pay, ecc. che vedono in essi uno strumento di rafforzamento del proprio business tradizionale.

Provando quindi a rispondere al perché e a favore di chi sarebbe l’euro digitale, riportiamo tre motivazioni strategiche, che la BCE riporta e, in quanto tali, mostreranno i propri risultati su orizzonti di non breve termine. Essi sono quelle di:

1. supportare la digitalizzazione dell’economia europea;

2. rispondere a un graduale superamento dell’uso del contante come mezzo di pagamento tra i cittadini europei, come si evince da una recente ricerca (2022,  Study on the payment attitudes of consumers in the euro area – SPACE), nonostante il contante rimanga ancora un’opzione importante;

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  1. dare riscontro a uno scenario di maggiore diffusione di monete digitali emesse da privati o da banche centrali di altri Paesi (oltre 100 le iniziative di BC che hanno ritenuto, ciascuna adducendo uno o più obiettivi – dalla stabilità del valore della moneta, all’inclusione finanziaria, al controllo del riciclaggio, ecc. – di proporre una versione digitale della propria moneta). Non ultimo, il progetto FedNow. In questo modo, un euro digitale renderebbe disponibile la moneta pubblica in forma digitale.

Tutto quanto sopra indicato però non deve limitare l’innovazione nei pagamenti, bensì aiutare a ristabilire il più adeguato combinarsi di aggregati di generi monetari differenti (pubblico versus privato, cartaceo versus elettronico, bancario versus non bancario, ecc.) che nella storia di ogni sistema economico hanno mostrato una progressiva coesistenza ispirata ai criteri di maggiore efficienza e stabilità. Tornando allora alla BCE, la sfida importante è quella di comprendere se e come il contante, nelle sue varianti cartacea e digitale, in mano ai cittadini possa continuare a rappresentare l’àncora di fiducia nel nostro sistema monetario. E cioè che l’euro digitale integrerebbe quello cartaceo, fornendo un duplice ancoraggio monetario al sistema dei pagamenti, da un lato, tramite la garanzia che la moneta privata possa sempre essere convertita in moneta pubblica sicura. E dall’altro, che laddove il contante non possa ritrovare un proprio utilizzo efficiente in quei pagamenti emergenti (si pensi ai pagamenti peer-to peer), si ritroverebbe nella specie digitale lo strumento in grado di sostenere la fiducia nell’unicità della moneta a prescindere dalla sua variante. In questo modo, si preserva il ruolo della moneta pubblica quale àncora dei sistemi di pagamento al fine di assicurare in maniera ordinata la coesistenza, la convertibilità e la complementarità delle varie forme di moneta.

Banca d’Italia, in un recente scritto, ha dichiarato che è necessaria un’àncora salda per tutelare l’unicità della moneta – in quanto la cartacea e la digitale sono differenti espressioni ma di fatto sono un’unica moneta -, e per questa via preservare anche la sovranità monetaria e l’integrità del sistema finanziario. Si aggiunga poi che l’euro digitale contribuirebbe all’autonomia strategica e all’efficienza economica dell’Europa controbilanciando la comparsa in grandi economie di altre valute digitali e il loro potenziale utilizzo transfrontaliero che potrebbe impoverire il ruolo internazionale dell’euro. Inoltre, si metterebbe anche a disposizione un mezzo di pagamento europeo utilizzabile e che sarebbe altresì gestito da un’infrastruttura europea.

Se si condivide questa prospettiva di analisi, possiamo giungere alle conclusioni ricordando che certamente sono presenti criticità progettuali e sfide di più ampio respiro per la BCE. Tra le prime, ci sono una serie di temi riguardanti le modalità e regole operative; una tra tutte ha riguardato l’affermazione che l’euro digitale sarà solo mezzo di pagamento e non anche di investimento al fine di non creare tensioni nel sistema finanziario, nell’economia e nella società. Ci sono poi altri aspetti più tecnici che riguardano il tema delle infrastrutture tecnologiche, che saranno adottate, e i design tecnici. Va ricordato che molte sono ancora le analisi e riflessioni in corso.

Se tutto questo accadrà, entrambe le varianti dell’euro contribuiranno ad accrescere il suo ruolo nel rappresentare una riserva di valore anche per altre banche centrali nell’ambito delle rispettive e crescenti varianti delle proprie monete digitali.

Tuttavia, affinché l’euro digitale possa assolvere anche a questo ruolo, è necessario che i cittadini sappiano riconoscere e ricondurre le sue funzionalità differenzianti rispetto ad altri strumenti di pagamento elettronici tradizionali (carte di pagamento, bonifici, ecc.) e, pertanto, possano e vogliano utilizzarlo nei propri scambi. Dovranno allora essere ricercate e rese più esplicite le sue caratteristiche attraverso la costruzione di casi d’uso specifici che volgano maggiormente a integrare ancorché competere con la moneta di banca commerciale.

Da ultimo, ritengo che l’euro digitale possa anche ri-portare nel sistema bancario l’utile distinzione tra depositi moneta (come il conto corrente con funzione puramente transazionale) e depositi tempo (diversamente idonei all’investimento), dove nei primi l’euro digitale troverebbe la propria sede ideale. Questo, avvalorerebbe la sua identità di strumento di pagamento, e conseguentemente orienterebbe maggiormente a una più consapevole politica di saggi di interesse accrescendone, da un lato, la significatività economica e, dall’altro, la loro idoneità verso una più equilibrata politica creditizia.

*Dipartimento di Finanza Università Bocconi

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