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Digitalizzazione e talenti, la versione del sottosegretario di Stato al Mef Federico Freni

L’erba del vicino non è sempre più verde. Ce lo ricorda Federico Freni (nella foto in evidenza), sottosegretario di Stato al ministero dell’Economia e delle finanze, quando spiega che mentre in Italia oltre 11 milioni di persone hanno una casella Pec attiva, nel resto d’Europa molti ignorano cosa sia. “Sulla digitalizzazione siamo a buon punto. Sulle competenze, un po’ meno”. Il problema, secondo Freni, è che la pubblica amministrazione, ad esempio, non è ritenuta attrattiva. E le competenze si creano se il lavoro è ritenuto attrattivo.

Ci troviamo in un momento storico cruciale, in cui è imperativo coniugare il superamento della crisi con la ridefinizione del quadro di medio termine. In questo quadro, rientrano anche le nuove competenze di cui ha bisogno il Paese.

 

Quali sono le strategie che vuole mettere in campo il Governo per assicurare una programmazione di medio-lungo periodo?

Il Governo sa che siamo di fronte a qualcosa che due anni fa non c’era: ciò che era buono per il Paese prima non necessariamente lo è adesso. L’obiettivo è rendere il quadro strutturato, sensato, adeguato a tempi e costi. Va fatto d’intesa con la Commissione europea. Il piano non è la tavola che Mosè prese sul monte Oreb, immodificabile. Con buon senso può e deve cambiare, e noi vogliamo farlo.

Di quali competenze specifiche si ha bisogno per mettere a terra il piano?

Mettere a terra richiama bene l’idea di concretezza. Siamo bravi a scrivere, credo, ma poi? Servono competenze che l’Italia, va detto, non ha mai valorizzato nel modo giusto: competenze ingegneristiche e amministrative di alto livello che vadano oltre l’ordinaria amministrazione.

Il ddl capitali sta proseguendo il suo iter parlamentare. È una riforma organica che punta ad aumentare competitività e dinamismo delle nostre imprese. Saranno introdotte misure di rafforzamento delle competenze delle Pmi?

Sì. Con il ddl capitali vogliamo creare un ecosistema all’interno del quale le Pmi possano prosperare e rendersi attrattive per e verso il mercato dei capitali. Le Pmi devono cambiare passo. La corporate governance non esiste. C’è una gestione anche contabile che va rivista secondo indici adeguati al mercato finanziario. Dobbiamo dotare le Pmi di tutte quelle competenze strutturate necessarie al salto.

In tema di governance del Pnrr, quali misure saranno utili a potenziare le strutture preposte a monitorare gli effetti a regime dei finanziamenti?

Il ministro Fitto ha ritenuto che la migliore governance del Pnrr fosse quella accentrata.
Il sistema Regis gestisce la rendicontazione del Pnrr e i soldi dall’Ue arrivano solo se la rendicontazione è fatta bene. Io batto molto su organizzazione e gestione: se ci approcciassimo al Pnrr con una dinamica industriale, quasi da ingegneria aziendale, forse avremo risultati migliori. Più in fretta e con meno fatica.

A che punto siamo con la digitalizzazione in Italia?

A buon punto. Abbiamo confermato l’applicazione PagoPA, SPID e tutti i protocolli che si reggono su quest’applicazione.
La società del futuro, quella che io auspico per le mie figlie, non avrà bisogno di patenti e documenti cartacei, ma manterrà gli stessi standard di garanzia, certezza e rispetto della legge. Il lavoro da fare è molto, ma in Europa ignorano cosa sia una Pec o una firma digitale. L’erba del vicino non è sempre più verde.

Digitalizzare il Paese vuol dire semplificare. Il nuovo codice degli appalti prevede delle norme che semplificheranno anche la gestione dei contratti pubblici. Sarà così?

In materia di appalti abbiamo fatto enormi passi nella gestione del contenzioso. Prima un contenzioso durava molto, ora davanti alla giustizia amministrativa, in doppio grado di giudizio, al più tardi passa un anno. Sono standard superiori a quelli europei. Con la punta di orgoglio dell’avvocato amministrativista che ero, la giustizia amministrativa in Italia funziona magnificamente. Quello che manca è appunto la semplificazione delle prassi e delle procedure per arrivare alla gestione dell’appalto. Questo codice semplifica moltissimo, ma è presto per fare un bilancio.

Una delle sue deleghe riguarda la finanza locale. Enti locali e regioni gestiscono gran parte dei servizi di welfare. Alla luce delle tendenze in atto sull’aumento della povertà, le risorse effettive, al netto dell’inflazione, saranno aumentate?

Abbiamo speso già 36 mld di euro dedicandole alla pubblica amministrazione e al personale. Il tema vero è che vorremmo far tornare la pubblica amministrazione attrattiva. Lavorare nella pubblica amministrazione non deve essere un ripiego, il ‘posto fisso’ di Zalone. Le competenze si creano se il lavoro è ritenuto attrattivo.

Considerando anche la carenza di risorse umane, saranno messe a disposizione ulteriori risorse per supportare il capitale umano dei nostri territori?

Purtroppo abbiamo un debito pubblico e un rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno. Ma da qui alla fine della legislatura ci saranno interventi per garantire la crescita delle risorse umane degli enti locali.

Che tipo di Paese vuole lasciare alle sue figlie?

Un Paese per il quale valga la pena restare. Ci stiamo lavorando.

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