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Tutti i rischi della transizione green

Un momento così delicato in termini di equilibri dei centri di potere riporta alla luce la necessità di politiche e competenze che assicurino un bilanciamento tra intervento pubblico e libero mercato, evitando un’eccessiva statalizzazione dell’economia.

Non a caso negli ultimi anni lo strumento del Golden Power è stato al centro delle agende governative, con sviluppi recenti finalizzati anche a garantire la sicurezza e la stabilità della transizione verde. In Italia il decreto-legge n. 21/2022 ne ha ampliato il raggio d’azione all’energia e alle concessioni di grande derivazione idroelettrica, ma anche altri paesi europei si sono mossi in tal senso: la Francia ha recentemente sottoposto le tecnologie coinvolte nella produzione di rinnovabili allo screening degli investimenti esteri, mentre gli Stati Uniti hanno ampliato i poteri di monitoraggio dei flussi in entrata al settore energetico nel 2018.

L’adozione di approcci strategici di questo genere mostra la necessità di un forte coordinamento internazionale per rendere le catene di approvvigionamento più resilienti e diversificate per le tecnologie e i minerali critici necessari per produrle.

Messaggio condiviso anche dalla Commissione europea, che ha più volte esortato azioni che mirino a rafforzare la capacità Ue lungo tutta la catena di valore, anche mediante partenariati strategici con Paesi terzi.

Processo che richiede ingenti sforzi finanziari, se è vero che per raggiungere il target della decarbonizzazione saranno necessari ogni anno circa 700 mld di euro. Per quanto riguarda l’Italia, non si tratta soltanto di risorse economiche, ma anche di competenze specialistiche e trasversali che consentano di attuare in modo efficace i diversi investimenti per la transizione previsti dal Pnrr, dalle Comunità energetiche rinnovabili alle Green communities, fino ai grandi progetti di sviluppo dell’idrogeno.

È evidente che interventi di questa portata dovranno necessariamente essere supportati dal settore pubblico per ridurre i rischi economici e geopolitici e per limitare l’esposizione del Paese agli shock derivanti dalle crisi internazionali.

Al contempo, il settore privato sarà prezioso per fornire expertise e risorse in chiave sinergica a supporto di una transizione economica di lungo termine.

Nell’ottica di diversificare i rapporti commerciali inerenti alla rivoluzione verde senza isolare la nostra economia, è importante coinvolgere profili professionali che, dalla fase strategica a quella di attuazione, sappiano implementare politiche di “de-risking” anziché “de-coupling”.

Figure dotate di competenze integrate e multidisciplinari per la cooperazione consentiranno di raggiungere il miglior equilibrio tra protezionismo e dipendenza estera, dotando il Paese di un driver fondamentale per portare un’innovazione che sia sostenibile e socialmente equa.

Interdipendenza, diversificazione e competenze saranno dunque le leve su cui costruire il futuro del Paese, realizzando progetti che potranno fungere da motore di sviluppo territoriale e nazionale. Non più soltanto una sfida, ma un’opportunità di rafforzamento delle filiere e dei sistemi economici che va necessariamente colta.

*Founder & Managing Director Futuritaly

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