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Agrifood e trasformazione digitale, il futuro connesso di colture e imprese

La quarta rivoluzione industriale ha indotto le imprese ad adattarsi ad un nuovo paradigma industriale basato sull’interconnessione digitale e sulla capacità di rispondere in modo sempre più rapido alle esigenze dei consumatori e degli utenti. Ancor di più nell’ultimo periodo, dove la diffusione del virus Covid-19 ha evidenziato in modo dirimente come l’innovazione digitale ed il ripensamento dei modelli di business sia da considerarsi fattore sempre più cruciale per la sopravvivenza dell’impresa.

Condizioni, queste, strettamente connesse all’avvento delle nuove tecnologie digitali, le quali consentono l’integrazione real time di dispositivi e sistemi di controllo, predizione delle produzioni e dei consumi mediante piattaforme tecnologiche, quest’ultime veri “corpi” intermedi tra imprese e consumatori.

Uno dei settori maggiormente effervescenti ed interessanti è senza dubbio quello dell’agri-food tra i principali motori dell’economia italiana ed europea, con un valore del commercio pari a 401,5 mld di euro nel 2022 (ISTAT). In particolare, la trasformazione digitale interessa tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione agricola al consumatore finale. Studi recenti suggeriscono che la filiera agroalimentare potrebbe offrire soluzioni pratiche a problemi tipici legati agli standard di qualità e alla tracciabilità dei prodotti, al consumo energetico, alla riduzione dei costi, al consumo idrico, alla salute e benessere del consumatore finale, sino ad arrivare alla mitigazione del rischio idrogeologico con lo studio delle colture e dei terreni. Una recente ricerca condotta dal Mercato

Ortofrutticolo di Fondi e Università Sapienza ha fatto emergere come gli investimenti nella transizione digitale siano legati maggiormente alla volontà delle imprese di ampliare e rafforzare la presenza sui mercati di sbocco (circa il 60% degli intervistati) ma anche la necessità di incrementare la qualità delle produzioni, unità ad una riduzione dei costi di gestione (40% degli intervistati).

In questo contesto grande vivacità registra il mondo delle start up che sta scoprendo l’universo agricolo con un interesse molto più vibrante che in passato, alimentato anche dai fondi di investimento che vedono nuove opportunità di investimento. Una di queste è la società Agricola Punto Zero “accelerata” nell’incubatore, promosso da sinapsi, certificato dal MIMIT. La start up che vede tra i promotori, ingegneri ambientali, agronomi, tecnologi, docenti universitari, esperti di marketing (e già questo è un nuovo modo di concepire il mondo agricolo) ha sviluppato un sistema di coltivazione connesso ad una serie di sensori immersi nel terreno in grado di raccogliere una mole di dati utili a favorire la diffusione di antagonisti naturali a difesa della qualità delle colture, soprattutto in una prospettiva preventiva. Il sistema controlla simultaneamente i parametri vitali di tutto l’ecosistema produttivo, anche in relazione alla vicinanza delle colture vegetali (concetto di ecosistema agricolo) e fornisce le informazioni necessarie alla presa di decisioni, come ad esempio, irrigazione e fertirrigazione.

Rimane ancora un tema da superare quello della dimensione minima efficiente delle nostre aziende agricole, molto spesso di moderate dimensioni, anche se con produzioni eccellenti.

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