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Europa, sguardo al futuro

La Presidente Von der Leyen ha recentemente affidato a Mario Draghi la redazione di un rapporto sul futuro della competitività europea, nella piena consapevolezza delle sfide che istituzioni, imprese e territori si trovano ad affrontare.

La competitività rappresenta infatti uno dei pilastri su cui l’Unione europea ha costruito sin dall’origine le proprie politiche, con istituzioni impegnate in programmi e misure volte a favorire la crescita. Basti pensare all’apposita Formazione del Consiglio Europeo – attiva in settori come mercato interno, industria, ricerca, innovazione, spazio – agli interventi della Commissione a sostegno delle economie degli Stati membri, agli strumenti in seno alla Banca Europea per gli Investimenti, la principale istituzione finanziaria multilaterale al mondo e tra i maggiori fornitori di finanziamenti per il clima, che vedrà i propri vertici rinnovati entro la fine del 2023.

Sforzi congiunti in un ambito d’azione complesso, se consideriamo che la mappa 2022 della competitività tra le regioni dell’Unione europea redatta dalla DG Politiche Regionali ha delineato un’Europa chiaramente divisa in macro-aree di sviluppo diverse. Partendo dall’analisi di indicatori chiave come istituzioni, infrastrutture, educazione, salute, mercato del lavoro, stabilità macroeconomica, è emersa una competitività sopra la media per gli Stati dell’Europa del Centro e del Nord, al di sotto della media per tutti i Paesi dell’Est e casistiche variegate nella compagine degli Stati del Sud.

Per affrontare la frammentazione regionale dell’Unione occorre mirare alla convergenza economica e sociale interna e, a livello internazionale, al rafforzamento del ruolo europeo sul piano globale, in uno scenario geopolitico che vede un crescente multipolarismo (si guardi al recente allargamento dei Paesi affiliati ai BRICS). In questo contesto è necessario abbracciare una rivoluzione culturale radicale che veda il coinvolgimento attivo delle nuove generazioni nella costruzione di un impianto capace di rilanciare l’Europa. Compito che non può essere affidato alle burocrazie europee né alle spinte dei governi nazionali, ma dovrebbe partire da un processo di ascolto e confronto che animi i giovani europei, a cui il Next Generation Eu si propone di guardare. La maggior parte di loro, infatti, esprime la sensazione di non avere influenza sulle decisioni e sulle politiche adottate, percezione che aumenta quanto più è distante la sfera di governo considerata: il 53% ritiene di non avere voce in capitolo su decisioni, leggi e politiche che riguardano la propria area locale, percentuale che sale al 70% per le questioni che riguardano l’UE nel suo complesso.

È quindi evidente l’esigenza di implementare procedure di ascolto e confronto strutturato con i giovani, per la definizione di strategie permeate da una visione europea unitaria di crescita e sviluppo, collettrice di principi valoriali comuni, pur nel riconoscimento delle diversità intrinseche. Anche per allontanare l’idea di un’Europa portatrice di burocrazia e fardelli normativi, è fondamentale che i nativi digitali siano motori del cambiamento, in una contaminazione generazionale che porti nuova linfa al concetto di limitazione di sovranità previsto dall’art. 11 della nostra Costituzione, secondo il quale “l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”.

Un nuovo corso che dovrà vedere protagonisti anche i professionisti del futuro, leve fondamentali per costruire quel processo di integrazione europea che gli eventi contingenti mostrano come sempre più necessario per competere nello scenario internazionale.

* Managing director Futuritaly e curatrice della rubrica ‘Il Valore delle Competenze’

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