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Marco Montemagno: dobbiamo capire come usare e non farci usare dall’AI | VIDEO

Ogni giorno da vent’anni a questa parte pubblica un video su internet e, da quando esistono, sui social. Oggi ha superato i 3,5 milioni di follower sulle varie piattaforme: è Marco Montemagno, divulgatore e imprenditore digitale. Fortune Italia lo ha incontrato, a due decenni dalla sua prima esperienza TV sulla nascente Skytg24, per riflettere sulla comunicazione digitale e su mondo dei social media, anche alla luce del potenziale impatto dell’intelligenza artificiale.

Imprenditore digitale, youtuber, influencer, comunicatore, giornalista, conduttore e scrittore. In quali di queste definizioni ti riconosci meglio?

Sono un dilettante professionista: questa è la definizione in cui mi riconosco meglio, perché non ho studiato per fare l’imprenditore, non ho studiato per fare startup, non ho studiato per parlare in video, né per fare eventi o cose del genere. Sono laureato in legge. Ho imparato sul campo e quindi sono un po’ fuori da queste definizioni. Diciamo che un po’ di esperienze e di sperimentazioni mi hanno portato dove sono ora.

Sei seguito da oltre 1 milione di follower su Facebook e da oltre 600mila su Instagram. Come si diventa Marco Montemagno?

Anzitutto devi avere la fortuna di trovare una persona che crede in te, come sei stato tu per me. Senza di te io probabilmente non esisterei. Ai tempi, quando ero un ragazzino, tu avevi visto in me delle potenzialità e mi hai fatto fare un programma televisivo su Sky TG24. Hai visto prima di me ciò che io neanche immaginavo di poter fare: facevo appunto startup, ma non ero un giornalista né ero mai andato in video. Bisogna quindi anche avere la fortuna di trovare delle persone che vedono in te qualcosa e ti aiutano anche a capire qual è la tua vocazione. Per quel che riguarda i social, io sono ormai tredici anni che faccio contenuti video in modo costante e credo molto in ciò che dice Umberto Galimberti: “La quantità ha un impatto qualitativo sul contesto”. Tradotto in soldoni, nel mio caso significa che io per tredici anni, ogni giorno, mi sono messo a fare video. C’è un film con The Rock, in cui Kevin Hart lo vede molti anni dopo la scuola e The Rock è diventato gigantesco e allora gli fa: “Come sei diventato così grosso, che eri piccolo e magro?”. E lui gli dice: “Guarda, è facile: sono andato in palestra ogni giorno per dieci anni, tutto qua!”. Il problema è che poi le persone non lo fanno. Con i social funziona un po’ alla stessa maniera; non sono tanti quelli che si mettono lì con costanza. La costanza direi che è il requisito numero uno.

Al di là della costanza, dell’impegno, della passione, esiste secondo te un ‘Montemagno pensiero’?

Non lo so. Sono sempre perplesso rispetto alle formule: magari una formula funziona per me ma non funziona per una persona che oggi inizia a fare contenuti. Oggi vado verso i 3,5-4 milioni di follower complessivi sulle varie piattaforme. Quello che riscontro è di avere risonanza su un certo tipo di pubblico, un pubblico curioso, magari interessato alla tecnologia e alla comunicazione, a nuove idee, alla possibilità di lanciare un proprio progetto. Se c’è quindi un ‘Montemagno pensiero’ – e non so se sia la definizione giusta – è l’intraprendenza. È questa la cifra che unisce un po’ tutta la mia community.

Quali sono le doti di un buon comunicatore?

Ieri riguardavo una vecchia clip di un giovanissimo Steve Jobs che rispondeva alle domande di un pubblico variegato. C’erano studenti, persone diversamente giovani, che gli ponevano domande. Era una tavolata che assomigliava più a una commissione d’inchiesta che a una delle presentazioni scenografiche della Apple. Presentava uno dei primi Mac. C’erano varie domande, alcune anche difficili. Ad un certo punto una persona gli chiede: “Come mai usate il nuovo floppy disk al posto di quello grande da 5 inch?”. E lui risponde: “Perché crediamo sia migliore”. Poi mette una mano nella giacca e tira fuori un floppy disk. “Vedi? Questo qui è molto più resistente!”. E lo lancia. È un momento di grande capacità comunicativa. Secondo me il grande comunicatore è una persona che riesce a spiegare in modo semplice concetti che spesso sono complicati. La seconda caratteristica di un buon comunicatore è la capacità di saper leggere la sala. Un po’ come il grande comico, lo stand-up comedian che dice la battuta che tutti hanno nella testa in quel momento.

La tua passione per il digitale è nota, risale a oltre vent’anni fa, all’inizio del 2000. Come hai fatto a farla diventare poi un’impresa?

Sono partito smanettando dietro le quinte e svolgendo lavori anche molto umili. Facevo la programmazione di siti web, grafiche, tanti lavori dietro le quinte che non ha mai visto nessuno. Spesso li facevo anche male perché non ero bravo in quei mestieri. Però mi sono fatto un’idea di tante attività e ho compreso che internet offriva tante opportunità. La cosa interessante è che internet non richiede il permesso: non c’è una Internet SpA a cui tu devi chiedere il permesso per lanciare un progetto. Semplicemente hai un’idea, registri un dominio e lo lanci. E basta. Io questo l’ho trovato molto liberatorio. Ho fatto anche vari progetti che sono falliti miseramente, uno peggio dell’altro. Però questo mi ha dato la possibilità di farmi le ossa, fin quando ho trovato un progetto, che ai tempi era Blogosfere, che invece ha funzionato molto bene e ha avuto grande successo.

Qual è stato, fra i tanti che hai lanciato, il progetto di maggiore successo, quello che ti ha dato più soddisfazioni?

A parte Sky Tg24, che però non ho lanciato io, ma è stata un’esperienza bellissima che abbiamo fatto insieme, direi che questo medium che sono riuscito a costruire negli anni sui social, arrivando a tante migliaia di persone, è quello che mi ha dato più soddisfazione. Io ormai da tanti anni vivo in Inghilterra, quando giro qui sono totalmente anonimo, perché i miei video sono soprattutto in italiano. Quando vengo in Italia invece la situazione cambia subito e quando cammino per strada ogni due minuti c’è qualcuno che mi ferma. Il rapporto con le persone è meraviglioso, in molti mi fermano per ringraziarmi perché qualche mio video gli è tornato utile in qualche modo. Faccio video in cui condivido le mie esperienze, le mie idee, le mie storie, poi ognuno ne fa quello che vuole. Però l’impatto che hanno questi contenuti è straordinario e questo è forse il progetto che mi ha dato più soddisfazioni in questi anni.

Che cos’è esattamente il Monty Lab?

È un progetto che è nato un paio d’anni fa sull’onda degli NFT. L’idea alla base è molto semplice: avere una community di persone che magari non guarda soltanto i contenuti, ma vuole essere aggiornata in anteprima su quello che faccio, avere accesso gratuitamente alle mie iniziative senza dover comprare ogni volta il biglietto, e far parte del dietro le quinte del mio mondo. È quindi nato questo progetto sperimentale, pionieristico. Vedremo dove ci porterà.

Sul web hanno molto successo le tue interviste. C’è un personaggio che non hai ancora intervistato e che invece vorresti assolutamente intervistare?

La premessa fondamentale è che io sono un pessimo intervistatore, infatti le mie interviste sono più delle chiacchierate. Io sono uno curioso che vuole conversare con l’ospite in modo improvvisato, parlando del più e del meno davanti a un caffè. Dopo tanti anni che faccio queste chiacchierate, ho però perso quella reverenza o rispetto all’ospite, per cui non ho una persona con cui vorrei chiacchierare a tutti i costi. Tempo fa mi avevano proposto di intervistare Elon Musk, ma in quel momento non avevo tanta voglia di prendere un volo per gli Stati Uniti. Ci sono tante persone interessanti, penso a Barack e Michelle Obama. Oggi però mi interessano più personaggi meno noti che fanno cose interessanti, straordinarie, penso a Wim Hof e alle sue teorie della doccia fredda, ad esempio. Mi interessano più personaggi del genere, rispetto a quelli super famosi che però poi ci parli e spesso non hanno niente da dire.

Oggi l’intelligenza artificiale sta interessando un po’ tutti i campi. Qual è la tua valutazione, quale futuro avrà? Sta cambiando anche il modo di stare sul web?

Credo ci siano tre trend da monitorare nei prossimi due, tre anni. Intelligenza artificiale, bitcoin e realtà virtuale e realtà aumentata. L’AI impatterà tutti, penso anche a chi fa contenuti video come me, a un giornalista o al conduttore di un telegiornale. Ti faccio un esempio. Tu oggi puoi clonare la mia voce, creare un avatar che mi assomiglia; prendi ChatGPT o Bard e gli fai scrivere il testo che l’avatar dovrà recitare. A quel punto io teoricamente non servo più a niente. Quale sarà il valore aggiunto di un conduttore del telegiornale? L’impatto sui lavori sarà drammatico, perché è vero che nasceranno tanti nuovi lavori, però moltissimi li porterà via l’AI. Ti faccio un altro esempio molto semplice, il montaggio video. Oggi tu per mettere un video sui social hai bisogno di un montatore, che taglia il contenuto, lo monta e ne tira fuori una clip da un minuto che funziona bene sui social. L’altro giorno è uscito uno strumento che semplicemente realizza delle clip in automatico: individua e seleziona i momenti migliori del video, mette i sottotitoli, elimina le pause e tira fuori una clip. Un semplice strumento che mette fuori gioco tutta l’attività dei montatori. È una riflessione che dovremo fare tutti, per capire come usare l’intelligenza artificiale e non farci usare da questo strumento.

Che consigli ti senti di dare ai giovani d’oggi?

Premetto che penso di non essere la persona più giusta per dare consigli, perché negli anni ho fatto tanti errori, però due cose forse sono importanti. La prima, più filosofica. Invece di concentrarsi su quello che si vuole fare, forse può essere utile capire ciò che assolutamente non si vuole fare, che è più semplice. Io ho studiato Legge: se mi fossi concentrato di più sul fatto che non mi piaceva fare l’avvocato, avrei risparmiato un sacco di anni. L’altro consiglio, più pratico, è quello di studiare l’alfabeto della comunicazione sui social, perché qualunque attività uno scelga di intraprendere, saper comunicare sui social aiuta. Un esperimento semplice che si può fare è provare a vendere qualcosa online, anche senza l’obiettivo di guadagnare tanti soldi. Per sperimentare: nel momento in cui vendi, devi registrare un dominio, mettere in piedi un sito, capire come essere pagato, la fatturazione, pagare le tasse. E poi devi sapere vendere, comunicare, trovare dei collaboratori. Un semplice esperimento così ti fornisce un set di competenze che poi ti torna utile per tutta la vita.

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