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Emma Marcegaglia, le sfide della siderurgia in un mondo che cambia

In Italia, il nome ‘Marcegaglia’ è sinonimo di eccellenza e competenza nell’ambito della lavorazione dell’acciaio. Fondata nel 1959 a Gazoldo degli Ippoliti, piccolo paesino nella provincia di Mantova, da Steno Marcegaglia, questa azienda metal-siderurgica è oggi un pilastro nell’intera catena del valore, sia a livello orizzontale che verticale, con un posizionamento strategico unico. L’Italia si colloca tra i principali produttori mondiali di acciaio, seconda solo alla Germania in Europa. Questo settore riveste un ruolo di notevole importanza nell’economia italiana, contribuendo al comparto manifatturiero nazionale in misura approssimativa del 3,5%.

Nonostante i successi ottenuti, ci sono sfide da affrontare. Queste vanno dalla necessità di trovare le giuste competenze, fornendo adeguata formazione, alle risposte immediate richieste dalle attuali transizioni in corso, come quelle digitale ed ambientale. Emma Marcegaglia, presidente e amministratore delegato di Marcegaglia Holding, ci illustra un biennio 2021-2022 caratterizzato da un quadro positivo e un 2023 che ha registrato un rallentamento della domanda, in parte dovuto al contesto globale.

Per rimanere competitivi in un mercato in costante evoluzione, Marcegaglia sottolinea l’importanza di proiettarsi verso il futuro e affrontare le sfide emergenti con decisione e innovazione.

Lei è presidente e amministratore delegato di Marcegaglia Holding. La sua famiglia è testimone dell’evoluzione di un settore che è sempre stato strategico nel sistema economico nazionale. Qual è lo stato di questo settore? Quali sono i principali cambiamenti che ha rilevato nel tempo?

Veniamo da anni buoni. Il 2021 e il 2022 sono stati positivi – nel 2021 abbiamo chiuso il fatturato con il record storico di 7,3 mld – nel 2023, dopo un buon inizio, c’è stato un po’ di rallentamento della domanda. Ciò non sorprende: tutta l’economia sta rallentando. Il grande tema nel settore dell’acciaio è oggi la decarbonizzazione, per abbattere quanto più possibile le emissioni di CO2. Sostituire i combustibili fossili con combustibili a minore impatto, nella siderurgia, è difficile e molto costoso. Ma tutti gli operatori si stanno muovendo. Noi come Marcegaglia, per esempio, insieme a Exor, siamo stati gli unici investitori italiani in H2GS, la prima vera acciaieria completamente green che sta sorgendo in Svezia. E siamo tra i partner di un importante progetto di cattura e stoccaggio della Co2 a Ravenna. Oggi lo stato di salute del settore è in ogni caso discreto. C’è vitalità e grandi sfide da affrontare, come appunto la decarbonizzazione e la digitalizzazione, inserite in uno scenario economico e geopolitico complesso.

Recentemente si è espressa in merito alla questione salario minimo e lavoro povero sostenendo che il Governo e le parti sociali dovrebbero organizzare un tavolo di confronto per parlare di riforme che includano appunto lavoro, salari, produttività, cuneo fiscale, formazione, politiche attive. Quanto sono connessi tra loro oggi, rispetto al passato, formazione, retention e carriera?

Innanzitutto, ci tengo a precisare che il problema del salario minimo non riguarda l’industria, dove siamo ben oltre i 9 euro lordi. Ci sono una serie di settori in cui il lavoro povero esiste e credo che affrontare il tema sia fondamentale per tutelare soprattutto i più giovani. La formazione è essenziale, ma deve essere una formazione continua, ampia, che non sia solo delle singole funzioni ma ‘apra la mente’, aiutando le persone a trovarsi pronte in situazioni che variano con una rapidità mai vista prima. Oggi viviamo in un’economia molto incerta e in un mondo che cambia velocemente. Formare è un modo per capire questo mondo, valorizzarlo e valorizzarsi.

A proposito di mondo che cambia: tra le trasformazioni in atto c’è quella relativa alla tecnologia, che sembra correre sempre più veloce. C’è l’intelligenza artificiale. A lei spaventa o ritiene che possa invece essere una grande opportunità per migliorare e supportare il lavoro di tutti? Rispetto all’intelligenza artificiale, quale deve essere il ruolo dell’uomo?

L’intelligenza artificiale cambierà sicuramente il modo di lavorare, ma non dobbiamo temerla: è un’opportunità importante che può migliorare la qualità dei prodotti e dei processi; può aumentare la produttività, rafforzando la sicurezza sul lavoro, le connessioni con clienti e fornitori e così via. Credo possa apportare vantaggi eccezionali alle imprese, sia grandi che piccole. Anche qui però torniamo al tema di prima: serve molta formazione. Se un lavoratore non è formato per gestire l’AI rischia di essere spiazzato. Alcuni lavori con bassissimo livello di competenze potrebbero sparire, per questo dobbiamo formare le persone affinché i lavori a minor contenuto possano essere fatti dalle macchine, mentre quelli a maggior contenuto (dove c’è anche una parte di intelligenza sociale) dalle persone. Il nostro è un Paese in cui per il crollo demografico, nei prossimi decenni, mancheranno 3 milioni e 400mila lavoratori. Anche per questo l’intelligenza artificiale ci aiuterà. A patto che ne venga fatto un utilizzo virtuoso.

I ragazzi di oggi sono ‘nativi digitali’. Sono quelli che hanno le maggiori competenze tecnologiche e che potrebbero accelerare i percorsi di innovazione in azienda. Il paradosso è che spesso proprio i giovani fanno fatica ad entrare in azienda. Molti ne fanno un discorso di pretese: lo smart working, la settimana corta. È davvero così? Sono le nuove generazioni a essere troppo pretenziose o sono i leader più anziani che fanno fatica ad accoglierle?

Probabilmente entrambe le cose. Le imprese devono capire che oggi attrarre talenti giovani è diverso da come lo si faceva soltanto 10 anni fa. Allora i temi erano la carriera, il salario, la possibilità di crescere nella gerarchia aziendale. Ora contano il brand di un’impresa, la sua reputazione, la politica di sostenibilità che fa, quello che può offrire sull’equilibrio tra lavoro e tempo libero, vita famigliare. È imperativo operare un cambio di passo, altrimenti molte imprese perderanno di attrattività.

 

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