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Animenta, la no-profit nata per combattere il DCA, che coinvolge milioni di adolescenti

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 C’è una ‘epidemia silenziosa’ nell’Italia di oggi, quella dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Malattia che riguarda più di 4 milioni di italiani, 2 dei quali sono adolescenti. 

Mi sono ammalata di anoressia nervosa quando avevo 16 anni. All’inizio non mi sono accorta di quello che stava accadendo, la chiamano la fase della ‘luna di miele’. Nei primi tempi, la malattia sembra essere (in apparenza) funzionale alla tua sofferenza, ma è solo un meccanismo di sopravvivenza per far fronte ad un dolore più grande. La diagnosi è arrivata dopo due anni perché durante i primi tempi della malattia non ero ancora considerata ‘abbastanza’ grave, non ero ancora sottopeso. Il fatto è che i DCA non hanno un tipo di corpo con cui si manifestano, non possiamo dire se una persona soffre o non soffre di un DCA solamente dal suo aspetto fisico. 

Quando trattiamo i DCA non parliamo di qualcosa che ha a che fare solo con la propria immagine o l’alimentazione. Un DCA riguarda infatti un dolore profondo che si esprime con un rapporto complesso con il corpo o con il cibo. Come ha detto la dottoressa Rita Charon: “È necessario raccontare il dolore per sottrarsi al suo dominio”.

È da qui che nel 2021 nasce Animenta, no-profit che si occupa di DCA al fine di garantire un adeguato accesso alle cure. Animenta nasce dalle storie di chi ha vissuto o vive un disturbo alimentare ma anche dalle parole di chi sta accanto a chi soffre.

L’obiettivo è quello di abbattere lo stigma sociale che caratterizza i DCA fornendo una narrazione pluralista e autentica.

La nostra community ha più di 38mila utenti online e 300 volontari, con i quali organizziamo eventi divulgativi nelle scuole e reti territoriali locali di supporto. Collaboriamo con ASL territoriali, enti locali, partner specializzati in DCA, aziende, fondazioni e oltre 80 professionisti. Con Animenta poniamo attenzione alla comunicazione perché fare una corretta informazione significa anche fare prevenzione.

È fondamentale il modo in cui parliamo di un certo argomento, in particolare sui social media. Nel caso dei disturbi alimentari, sono tanti i giovani che affermano come la continua esposizione a modelli di corpi stereotipati (i trend come i ‘What I Eat in a Day’ e altri tipi di contenuti) possono essere fattori precipitanti per l’insorgenza di un DCA. Perché è importante conoscere ciò? Perché quando comunichiamo qualcosa la rappresentazione è fondamentale, perché c’è sempre qualcuno che guarda e che riceve quel contenuto.

La domanda quindi da farsi è: che impatto vogliamo avere su chi ci legge?

 

*Romana, 26 anni, fonda nel 2021 Animenta, non profit sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Si occupa di comunicazione inclusiva

 

 

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