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Lo storytelling della partecipazione

Lo storytelling della partecipazione

Sicuramente non sono il solo, negli ultimi tempi ho riflettuto su perché la “partecipazione” è così in calo. Le associazioni non hanno più volontari, i partiti non trovano persone da candidare e a ogni tornata elettorale non si può che constatare il vertiginoso crollo dell’affluenza. Si fatica anche a trovare scrutatori e scrutatrici, ruolo che era considerato quantomeno un ottimo modo per arrotondare. La domanda delle domande è: perché? Non c’è una risposta univoca, le cause sono molteplici, stratificate e dipendono da una società che mai prima d’ora era cambiata in maniera così repentina.

Una spiegazione che mi sono dato è che non sempre i responsabili di una comunità di partecipazione sono stati in grado di tenere la propria organizzazione al passo della società che cambiava, soprattutto per quanto riguarda le strategie di engagement. Non sto dicendo che le associazioni devono usare TikTok e smetterla di appiccicare i volantini nelle bacheche dell’università, ma che bisogna modificare lo storytelling con il quale (ci) si convince che partecipare è importante, da cui peraltro nascono cringe-claim e call to action di dubbio gusto non solo fonetico.

Facciamo un esperimento: alzate per tre secondi lo sguardo dallo schermo e rispondete a questa domanda: perché è importante partecipare? Scommetto che la maggior parte ha risposto: “per il bene della collettività”, “è l’essenza della democrazia”, “perché bisogna sempre fare la propria parte”.

Ecco, tutto questo non basta più. Non fraintendetemi, è tutto giusto, ma per coinvolgere le nuove generazioni bisogna toccare leve diverse, contestualizzate nel mondo in cui viviamo. Il tempo non basta mai, se leggo un articolo perdo più tempo a capire se è una fake news che a leggere l’articolo stesso, gli stimoli sono infiniti, e soffriamo tutti e tutte più di FOMO che di raffreddore, quindi figuriamoci se ci perdiamo l’ultima serie TV.

In questo frenetico scorrere del tempo si fa molta più fatica a spendersi, per lo più gratuitamente, per qualcosa o qualcuno. La sfida è trasformare quel “gratuitamente” in qualcos’altro, non necessariamente in uno stipendio, perché credo si debba allo stesso tempo mantenere saldo il valore del volontariato senza che venga negativamente influenzato da quello che accade con stage e lavori sottopagati.

Bisogna trasformare i momenti di partecipazione in esperienze e in occasioni formative vere e a valorizzare in maniera immateriale il tempo che la persona può donare alla comunità. Quanti e quante giovani sognano di lavorare nel mondo della comunicazione? Non è forse un modo per avvicinarsi al lavoro quello di mettersi a disposizione di una organizzazione ed entrare nel team di comunicazione?

Le nuove generazioni sanno bene che il tempo è quanto di più prezioso abbiamo, sta a chi le nuove generazioni vuole coinvolgerle offrire momenti per cui valga la pena investire il tempo. Poi, basta farglielo capire. E di fatto, questa riflessione ha anche questo scopo.

*Raffaele Di Staso, per tutti Raffo, è Capogruppo di “Passione Civica” nel Consiglio Comunale di Cesano Maderno (MB), lista civica di Cesano Maderno che nel 2017 ha fondato con altri giovani.

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