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Diritto di voto

Si parla di voto negato ai fuorisede, ma a livello legislativo nulla è cambiato. Proposte di legge sono state fatte, ma si sono arenate. Come quella del 2021 a prima firma di Marianna Madia che mai ha visto la luce.

Lo scorso aprile il disegno di legge che consentiva ai fuorisede di votare è diventato una legge delega: il Parlamento, quindi, ‘delega’ il Governo dando un termine di 18 mesi entro il quale disciplinare tramite decreto legislativo l’esercizio del diritto di voto per gli elettori che si trovano in un Comune diverso da quello di residenza.

La maggioranza ha approvato la legge delega stoppando gli emendamenti dell’opposizione. 18 mesi è un periodo lungo cui si devono aggiungere altri 12 mesi per l’introduzione di provvedimenti attuativi. In questo modo il Governo pone ‘sotto la sua ala’ il controllo sull’iter legislativo escludendo il Parlamento per almeno 30 mesi. Termine che non consentirebbe ai fuorisede di esercitare il voto per le Europee 2024. Un modo di agire non in linea con l’idea democratica di ‘diritto di voto’.

Nel Libro bianco ‘Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto’ si individua come promuovere la partecipazione al voto: voto anticipato presidiato, voto in un seggio diverso da quello di residenza il giorno delle elezioni.

L’Italia non prevede modalità di voto alternative tranne che per gli italiani residenti all’estero. Esistono modalità per riconoscere il diritto di voto, sono strade percorribili: serve la volontà politica. Per quanto ancora dovremo considerare studenti e lavoratori fuorisede cittadini di serie B ai quali negare un diritto? Pensiamo a quanto il loro voto potrebbe contare per il futuro dell’Italia. Se i cittadini fuorisede vogliono esercitare il proprio diritto di voto sono costretti a lunghi viaggi e a sostenere ingenti costi economici.

La partecipazione al voto è in calo da anni e uno dei fattori è il continuare a negare questo diritto ai fuorisede che rientrano nella categoria dell’astensionismo involontario.

Circa 5 milioni i cittadini che svolgono attività lavorativa o studiano in luoghi diversi da quello di residenza alimentando tra l’altro il partito degli astensionisti in cui militano tantissimi giovani (ultime elezioni 37% di astenuti tra i giovani).

Dovere dello Stato è garantire la partecipazione alla vita democratica. Lo stato di salute di una democrazia si misura anche sulla base di quanti e quali diritti si riconoscono e garantiscono. Se l’Italia non riesce a garantire un diritto così importante non gode di un buono stato di salute. Mi auguro che la classe politica torni ad affrontare il tema perché alla base vi è il riconoscimento e l’esercizio di un diritto costituzionale.

*Laureata in Giurisprudenza, ha conseguito il master in Diritto delle nuove tecnologie e informatica giuridica

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