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Le richieste dei giovani alla politica

Portare all’attenzione della politica tematiche di impatto per i giovani con uno sguardo accurato su lavoro, occupazione, ambiente, salute mentale e diritto allo studio.

Questo uno degli obiettivi del report ‘Le richieste dei giovani alla politica: stato dell’arte dopo i primi sei mesi di Legislatura’ che l’associazione ‘20e30’ ha realizzato tramite il suo nuovo centro studi e che ha presentato lo scorso luglio nella sala Matteotti della Camera dei deputati.

Del progetto ‘20e30’ abbiamo parlato a lungo – intervistando su Fortune Italia uno dei fondatori Mattia Angeleri: l’obiettivo che si sono posti e su cui continuano a lavorare incessantemente è proprio quello di permettere ai giovani e alle loro priorità di avere un peso agli occhi della ‘Politica’ così da non essere più messi in secondo piano. Il report presentato alla Camera è composto da 5 capitoli, dedicati a:

  • istruzione e capitale umano
  • lavoro e politiche sociali
  • ambiente, energia e transizione digitale
  • diritti civili e sociali
  • welfare e fisco.

Il centro studi ’20e30′ vede la presenza di numerosi professionisti del settore in grado di approfondire tematiche specifiche, con la caratteristica però particolare di essere tutti ricercatori under 35. Inoltre, il lavoro è costantemente monitorato da docenti universitari, Luiss e Federico II di Napoli. Ed è valorizzato dalla collaborazione con alcune realtà e think tank nazionali ed internazionali.

Gli autori del report hanno sottolineato che il 12,7% dei ragazzi in Italia abbandona precocemente la scuola dell’obbligo.

La permanenza agli studi in un Paese con un numero di laureati fra i 25 e i 34 anni molto basso (siamo la penultima nazione nella classifica dell’Unione europea) appare quindi prioritaria.

“Lo studio deve essere una scelta e ognuno deve essere messo nella possibilità di scegliere. L’orientamento al lavoro dopo le superiori o l’università – spiegano – deve essere considerato un nodo prioritario”.

L’Italia è, infatti, il terzo Paese dell’Unione europea con la percentuale più alta di disoccupati tra i 15 e i 29 anni nel 2021 (circa 23% rispetto alla media Ue del 13%) e detiene il primato negativo di giovani che non lavorano, non studiano e non sono in formazione, ovvero i ‘neet’, che sono pari al 23,1%, la percentuale più alta a livello Ue (valore medio 13,7%).

Il report non si limita solo all’analisi ma propone anche degli interventi che potrebbero affrontare seriamente le complessità denunciate: incentivare con contributi o agevolazioni fiscali la settimana lavorativa a 4 giorni, un miglior equilibrio tra vita e lavoro, un miglioramento del welfare aziendale senza ridurre la produttività ma abbattendo i costi aziendali e l’introduzione del salario minimo legale migliorando quindi le condizioni salariali.

In aggiunta, il documento analizza anche come i problemi ambientali incidano sulla salute mentale dei giovani. Su 300 persone intervistate nel report, il 38% dichiara di stare soffrendo o di avere sofferto di sintomi di ‘eco-ansia’ nel presente oppure nel passato e il 46% non esclude di subirne in futuro. Attualmente, l’Italia è particolarmente indietro in merito al tema dell’eco-ansia e in generale ad approntare strategie per combattere la crisi climatica.

La ricerca si occupa anche dello scenario di una società più inclusiva. In Italia, le politiche di diversity management orientate ad includere il personale LGBTQ+ sono poco diffuse. Secondo un’indagine condotta da Istat e Unar del 2019, solo il 5,1% delle imprese italiane con almeno 50 dipendenti ha preso una qualche misura per l’inclusione delle persone LGBTQ+. All’incirca il 79% delle aziende dichiara che non è mai emersa la necessità di adottare alcuna misura. Allo stesso tempo, circa il 21% delle persone LGBTQ+ in Italia denuncia di essere stata oggetto di clima ostile o di aggressione sul luogo di lavoro per via della sua identità, ma solo il 20% di coloro che riportano un evento di questo tipo ha agito in seguito tramite azioni legali o discutendone sul luogo di lavoro. “Il tessuto imprenditoriale, quindi, non sembra essere in grado di offrire un ambiente di lavoro veramente inclusivo ai lavoratori LGBTQ+. L’Italia è al 33esimo posto su 49 nella classifica Ilde sull’inclusività con un tasso del 25%”, scrivono.

 

Infine, lo studio ha concentrato la sua attenzione sul mercato degli affitti per i giovani, evidenziando come, se da un lato i prezzi degli immobili per uso abitativo sono in diminuzione, gli affitti hanno seguito una tendenza opposta. L’indicatore più usato per valutare la sostenibilità del costo di una casa è il rapporto tra spese in alloggio e reddito mensili, che si deve attestare attorno al 35%. Nell’85% delle province italiane il rapporto tra reddito e affitto è pari o inferiore a questa soglia. “Gli affitti costituiscono una grossa parte del mercato immobiliare per gli under 35 ed è quindi importante valutarne l’accessibilità. Il problema va affrontato nella direzione di un miglioramento delle condizioni lavorative dei giovani per garantire capitali e stabilità finanziarie maggiori”, aggiungono. Preoccupante il dato sulla rappresentanza giovanile nelle istituzioni: il 68,1% dei parlamentari ha tra i 40 e i 60 anni e gli under 30 eletti in Parlamento sono stati soltanto quattro. Il mancato coinvolgimento dei giovani all’interno dei processi decisionali va a incidere direttamente sulla loro fiducia nella politica e sulla loro partecipazione: il 43% degli under 35 dichiara di non avere alcuna fiducia nei partiti e non ritiene che il voto possa influenzare la propria vita.

 

*27 anni, è stato il più giovane portavoce dei governi Conte 2 e Draghi. Appassionato di politica, giornalismo e comunicazione. Lavora tra Camera e Senato

 

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