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Giovani e politica: un rapporto da rinnovare

Giovani e politica

Giovani e politica. Come possiamo costruire il nostro futuro se non cominciamo a percepire noi stessi come il presente? Questa è una domanda che racchiude in sé il problema e la soluzione. Un binomio, giovani e politica, che accogliamo con diffidenza già solo a pronunciarlo, e che i numeri stessi ci inducono a leggere con un certo imbarazzo.

Il 43% di astensionismo nella fascia 18-34 anni alle ultime elezioni, un parlamento con età media sopra ai cinquant’anni e una stima di otto giovani su dieci che non vede riconosciuti i propri sforzi sono dati che forniscono un’immagine abbastanza chiara sullo scollamento in atto.

Va detto che non c’è alcun attrito tra i giovani e la politica, bensì tra i giovani e una politica che negli ultimi trent’anni ha anteposto la forma al contenuto, che ancor prima dei risultati ha guardato i sondaggi e che ha portato un misero 6% dei parlamentari under 35 nelle aule.

Quella politica che in nome dell’esperienza rifugge la creatività dei giovani. Un sistema che mette al centro delle proprie discussioni, organizzazioni e comunicazioni delle priorità che mirano a persuadere un elettorato ormai fluido, di cui non fanno parte le esigenze dei giovani, la cui soddisfazione richiederebbe necessariamente delle riforme strutturali. Ma queste non sono interessanti per il mantenimento dell’elettorato. In poche parole: la politica dei partiti per come si presenta oggi non ha quasi nulla a che fare con i giovani.

“Svecchiare la politica” significa paradossalmente ritornare a quell’età in cui, tutti insieme, ci siamo dati da fare per costruire una Repubblica partendo dalle macerie. Un’epoca fatta di circoli, discussioni e pensiero critico, in cui i giovani avevano un peso rilevante, perché si percepiva chiaramente la loro centralità.

L’errore oggi sta dunque nel ritenere che non ci siano alternative allo status quo, che esista una coincidenza perfetta tra il binomio giovani-politica, il binomio giovani-partiti e infine il binomio giovani-tavoli decisionali. Dunque tra politica, partiti e i luoghi in cui si prendono le scelte. La verità è che gli ultimi due coincidono nella misura in cui l’accesso a questi tavoli, soprattutto nel caso dei giovani, è precluso dalla saturazione dei partiti.

La politica, però, non si esaurisce in quelle aule, anzi è più viva quando si confronta con i territori a partire dal basso, con il volontariato, con gli enti del terzo settore, con le discussioni che avvengono tra persone dalle competenze più disparate che si interrogano su un’idea di futuro. Questa nuova politica appartiene ai giovani, sotto tante forme, che vanno dalle manifestazioni all’associazionismo toccando molte altre modalità di aggregazione che – seppur l’ISTAT anche qui ci riferisca dei numeri alquanto bassi – sono comunque un motore trainante dell’attività dei giovani.

Proprio da questa consapevolezza abbiamo deciso di fondare Cautha nel 2021, un’associazione che ormai conta quasi cinquanta ragazzi con un’idea precisa di futuro e che non ha affiliazione partitica.

Cerchiamo quindi di leggere il problema da una prospettiva nuova, parafrasando la domanda di partenza: come si può portare la competenza dei più giovani nei tavoli decisionali, a partire dalle amministrazioni locali, passando per i partiti?

A mio avviso questo si dimostra sempre più complicato, per due ordini di motivi: per troppo tempo i partiti hanno dimostrato la loro scarsa volontà di essere attrattivi, generando nei giovani stessi una delusione e un disincanto difficilmente sanabili. In secondo luogo, le istanze dei giovani molto spesso non hanno un colore politico. Sono istanze che appartengono ai giovani in quanto classe sociale e che una determinata connotazione non potrebbe far altro che indebolire.

Soprattutto a livello locale, per i ragazzi, non c’è un progetto, un’idea o un’iniziativa che sia di destra o di sinistra, non c’è una visione prospettica, un piano d’azione o un programma di crescita che possa incasellarsi in questa divisione ormai consunta. Lo dimostra di nuovo l’associazione di cui sono presidente. Non c’è mai stata una sola occasione in cui ci siamo scontrati, proprio perché al nostro interno la politica dei partiti non è mai entrata. Le convinzioni che abbiamo le portiamo avanti all’unisono e si traducono in progetti per la collettività, in eventi, programmi e iniziative di ogni natura che sono la nostra politica, vera e partecipata, proiettata al futuro che tutti noi vogliamo.

C’è una razionalità nuova nei ragazzi, una capacità di costruzione e decostruzione basata sul confronto e il senso critico, che rifugge l’ideologia perché vuole dimostrarsi tangibile, concreta: vogliamo accorgerci di tutto ciò e cominciare a costruire? Perché qui sta la chiave per un rinnovamento, qui sta la base per svecchiare le decisioni, per portare una ventata di nuova politica, quella vera, nei tavoli decisionali.

Come tradurre queste congetture in fatti? Si potrebbe chiedere ai ragazzi per quale ragione non si organizzino in autonomia proponendosi alle prossime elezioni, ma il problema allora si ribalterebbe: a questo processo di svecchiamento non può certo mancare l’esperienza di chi ha fatto della politica e del compromesso un mestiere per decenni, di chi conosce il territorio, la macchina burocratica, la società da un punto di vista in cui i giovani sono necessariamente carenti. Ciò che serve è un’integrazione, priva di colore politico, ma aperta a chiunque percepisca davvero quest’esigenza di rinnovamento, a chi abbia davvero l’intenzione di sanare il distacco giovani-politica e non ne faccia soltanto uno slogan.

Credo che il vero passo in più, la vera svolta verso una nuova politica che risolva ogni scollamento si possa compiere soltanto con un ingresso dei giovani nei tavoli decisionali, attraverso una figura che sia garante dell’effettiva volontà di prendere in esame quelle istanze una volta terminata la campagna elettorale. Ciò che serve è il coraggio da parte delle forze politiche di accettare la sfida e accogliere in amministrazione una componente apartitica, pronta a sostenerle o contrastarle in modo critico, che possa metterle in contatto con la rete di giovani già operante fuori da quelle sale garantendo un’effettiva rappresentanza.

Non serve una rivoluzione per fare la differenza: si può attuare una svolta passando per il dialogo e il senso critico, in un equilibrio tra esperienza e lungimiranza che restituisca ai giovani il loro presente.

 

Iacopo Mancini è presidente di Cautha, associazione di Cortona che opera in Toscana attraverso eventi culturali e di intrattenimento, con l’obiettivo di restituire i giovani alla vita attiva del territorio. Laureato in lettere moderne dopo un percorso scientifico al liceo, affianca all’associazionismo il lavoro di comunicatore e responsabile delle relazioni umane per Mirandola Comunicazione. Ha scritto alcuni saggi, articoli e racconti partecipando a concorsi letterari e collaborando con alcune testate locali e nazionali. 
Il suo sogno? Contribuire a un futuro in cui i giovani tornino a essere protagonisti del presente.
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