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Il Fintech rallenta ma non crolla. AI generativa in una startup su 5

fintech banche

Il Fintech italiano è crollato o no? Lontani i round da record del 2022, le startup di fintech e insurtech in Italia registrano numeri ben diversi da quelli dello scorso anno: nel 2023 hanno raccolto 174 mln di euro dagli investitori, un 81% in meno rispetto al dato dello scorso anno. Ma il dato va contestualizzato, dice a Fortune Italia Marco Giorgino, responsabile scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of management del Politecnico di Milano che ha presentato il rapporto sulle fintech italiane.

“Nel 2022 ci sono state operazioni grosse come quella di Satispay, con volumi altissimi di raccolta che hanno portato il dato totale quasi al miliardo di euro, quindi è normale che un confronto con lo scorso anno sembri un crollo”. Ma guardando meglio i dati, suggerisce Giorgino, oltre a sicuramente un “rallentamento” si è verificato anche un “consolidamento”. Il trend in discesa è in linea con quanto successo lo scorso anno in Europa: in Italia, dice, l’evoluzione del mercato segue sempre uno “shift” di un anno.

Fintech e insurtech, dati diversi

Sono 622 le startup Fintech & Insurtech in Italia, un numero sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (-8), tra 24 nuove nate, alcune acquisizioni e qualche fallimento: un segnale di maggiore maturità, ma anche di una “fisiologica uscita dal mercato di idee che non hanno trovato pieno riscontro”, dice il report.

“Il 2023 è stato un anno di consolidamento, con tante iniziative. Nel complesso il numero di startup si è stabilizzato ma la qualità è migliorata, perché aumentano ricavi e margini”, dice Giorgino. In effetti, in questo caso i numeri sono decisamente positivi. I ricavi delle fintech italiane sono aumentati del 60%. E il 35% di queste startup è già arrivata all’utile.

Le insurtech sono un capitolo un po’ a parte: nel 2023 sono state censite 109 startup in Italia, che hanno raccolto 25 milioni di euro. Il tasso di crescita dei ricavi in questo caso è superiore alla media (+128%, rispetto a +60%). Ma il break-even è stato raggiunto solo dal 24% delle realtà (contro il 35% della media).

Tra le altre note negative, invece, solo il 41% offre servizi anche all’estero, segno di una certa difficoltà ad affacciarsi al di fuori dei confini nazionali in un settore che, a livello europeo, sicuramente non sta fermo. “È cresciuto il fenomeno delle challenger bank a livello europeo nell’ultimo anno, soprattutto nel Regno Unito, anche se il trend è rallentato anche in questo caso”, dice l’esperto.

Il peso dell’AI, tra marketing e prodotto

Tra i dati più interessanti del report dell’Osservatorio sul fintech anche quello sull’AI generativa, che il 19% delle startup ha iniziato ad usare con modalità differenti che vanno dalla creazione di un proprio modello a semplici tentativi di seguire il trend, per evitare di rimanere indietro.

Da una parte, insomma, c’è chi fa sul serio. Dall’altra chi deve utilizzare l’intelligenza artificiale solo per ragioni d’immagine.

“L’AI è uno degli elementi di novità più importanti trainato dal fintech ma anche da una crescita di investimenti di incumbent”, dice Giorgino. “Un certo numero di fintech nasce e cresce proprio grazie a soluzioni di intelligenza artificiale sviluppate internamente e che poi, con una logica plug and play, vengono messe a servizio anche di operatori tradizionali”, dice Giorgino.

L’intelligenza artificiale nel fintech italiano è più marketing o prodotto? “C’è anche marketing, come quando si vuole proporre qualcosa di nuovo e farlo conoscere, ma molte cose nuove si stanno effettivamente creando e vedendo. Anche perché ora il quadro delle regole inizia ad essere meno nebuloso”, anche grazie all’arrivo dell’AI Act approvato negli scorsi giorni dall’Europa. “È un percorso ancora lungo. È un approccio molto dirigista che prevede cosa si può fare e cosa no, che ci auguriamo nella propria applicazione non crei asimmetrie rispetto ad altre aree del mondo, come USA e Cina”, dice Giorgino.

Per ora l’AI viene utilizzata per rendere automatico o più efficiente un processo o la qualità di un output, ad esempio creare report per prendere decisioni di credito, di investimento o assicurative. Oppure per i chatbot di assistenza al cliente.

Le prospettive del fintech, tra tassi d’interesse e preferenze dei clienti

Il costante aumento dei tassi di interesse ha rappresentato una delle difficoltà maggiori per le startup italiane. “Il regime dei tassi d’interesse impatta: quando erano tendenti a zero era sicuramente meno complicato” convincere gli investitori, dice Giorgino. Lo stop della Bce ai rialzi dei tassi potrebbe essere sicuramente una buona notizia, in termini di prospettive future.

La voglia di crescere c’è: il 46% delle startup cerca il supporto dei venture capital con un round programmato nei prossimi mesi. Un 13% è già in chiusura del round di finanziamento e un restante 33% è ancora alla ricerca di un investitore. Un altro 30% non esclude di aprire un round a breve. Per il 28% si tratta di round di finanziamento inferiori al milione, per il 53% sotto ai 2 milioni. Il dato relativo alla ricerca di nuovi round “è positivo, perché evidenzia crescite pianificate e traiettorie ben ponderate, ma racconta anche una difficoltà delle startup a sostenersi con i round precedenti – rileva Laura Grassi, Direttrice dell’Osservatorio Fintech & Insurtech – Le principali ragioni per cui oggi le startup ricercano capitali sono far fronte alle spese di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, aumentare le spese di marketing per farsi conoscere e per espandersi in un altro mercato”.

Intanto, dice il report, i grandi operatori si stanno orientando sempre più verso canali digitali, mentre i consumatori sono sempre più ‘preparati’: oggi il 66% dei clienti italiani utilizza almeno un canale finanziario digitale, il 57% uno mobile. Nel 2023 crescono gli utenti dell’home e mobile banking, le transazioni online e i clienti acquisiti completamente online, anche se per i servizi più complessi, come la stipula di mutuo o una polizza vita, è molto più bassa la disponibilità all’utilizzo del digitale al posto che la filale.

“Un cospicuo numero di clienti italiani è già predisposto ad un’esperienza bancaria digitale – spiega Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Fintech & Insurtech – I nostri dati mostrano una crescita costante nell’uso dei canali digitali anche nel 2023 con tassi di incremento simili a quelli dell’anno precedente, a dimostrazione di un utilizzo comune tra tutte le fasce di utenti bancari. Crescono del 6% gli italiani che ricorrono all’home banking o al mobile banking, del 18% le transazioni online, del 7% i nuovi clienti acquisiti attraverso sottoscrizione completamente digitale. Ma il passaggio da un modello fisico a ibrido o completamente digitale deve sempre essere ponderato attentamente, coerentemente con le preferenze e disponibilità del cliente”.

Il maggiore istituto di credito italiano, Intesa Sanpaolo, ha attirato le attenzioni dell’antitrust proprio per il passaggio dei clienti alla sua banca digitale, Isybank.

Isybank-Intesa, stop Antitrust al passaggio di correntisti

“Oggi tutti gli operatori del settore sono chiamati a fronteggiare sfide interconnesse, tra l’avanzare di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa e la transizione verso modelli più sostenibili che stanno ridefinendo strategie e processi”, afferma Giorgino. “Per costruire il futuro del Fintech e dell’insurtech oggi è fondamentale andare oltre le buzzword: concetti come sostenibilità, ecosistema e valore dei dati devono diventare azioni tangibili in cui riuscire a generare impatto. Anche per questo l’Osservatorio ha seguito e promosso l’avvio di tre progetti di fondamentale importanza per il contesto italiano e europeo”, dice Giorgino che fa riferimento a tre progetti dedicati a blockchain, rischi climatici nel mondo assicurativo e sostenibilità urbana.

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