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Banche, utili raddoppiati per le 5 big. Ora una nuova era, tra risiko e recessione

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La cinquina degli utili d’oro delle maggiori banche italiane è completa, dopo che Banco Bpm ha chiuso il 2023 con un utile netto di 1,2 mld di euro, in crescita dell’85%. Riassunto perfetto di una settimana di trimestrali che per le maggiori banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper e Banco Bpm) segna un punto di svolta storico. Ora che sono stati registrati utili quasi raddoppiati per circa 21 mld (sommando i conti dei cinque grandi Gruppi) cosa succederà alle banche italiane?

“Negli ultimi 20 anni c’eravamo scordati cosa volesse dire avere un sistema delle banche che non dovesse essere continuamente salvato”, dice a Fortune Italia Andrea Monticini, professore di econometria finanziaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Gli anni scorsi sono stati affrontati con un “un business delle banche tradizionale”. Un business inefficace nell’epoca dei tassi d’interesse a zero o negativi, con margini d’interessi nulli. Le banche tradizionali “non potevano fare utili, era un sistema bancario precario, con degli istituti che, se andava bene, non andavano in perdita. Adesso con il rialzo dell’inflazione e dei tassi per combatterla è cambiato lo scenario”, dice il professore.

I numeri da record delle banche

Uno scenario che ha premiato gli azionisti di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps (Monte dei Paschi), Bper e Banco Bpm. Secondo i dati riportati da First Cisl i margini d’interesse sono aumentati del 45%, con gli azionisti che hanno incassato 17 miliardi di euro tra dividendi e buyback.

Secondo l’analisi del sindacato bancario la crescita dell’utile dei primi cinque gruppi bancari italiani passa da 11,5 a 20,7 miliardi di euro.

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Le banche italiane e lo spettro recessione

Data la politica monetaria degli ultimi anni è normale quindi che si ottenessero utili del genere? “Sì, è un business che attraversa un momento buono dopo anni di sofferenze con tanti aumenti di capitale”.

Questo significa che “quando arriverà la prossima recessione (e potrebbe non essere lontana) le nostre banche saranno pronte quando bisognerà fare svalutazioni per prestiti non esigibili o di difficile riscossione”, dice Monticini.

Gli istituti, spiega Monticini, affrontano le svalutazioni sul credito proprio nei momenti di magra. “Ora le banche hanno più risorse per fare accantonamenti e prepararsi a periodi con meno margini”.

Non è un caso quindi se alcuni si preparano con una politica ‘zero Npl’, Non performing loans, come Intesa.

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“Prima o poi la recessione arriva. Avere banche con le risorse per affrontarla è la migliore garanzia per il sistema”.

Intanto le stime per l’anno in corso scendono. Le ha tagliate anche Banca d’Italia, che prevede un Pil a +0,6% nel 2024, con un’inflazione che crolla sotto il 2% in tre anni.

La politica monetaria della Bce, insomma, sta riportando sotto controllo i prezzi. Ma ora ci si aspetta che la rotta sui tassi venga invertita già in primavera, prima che il cammino verso la recessione diventi troppo rapido.

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Ma cosa succederà ora? “Tutti i fattori che sono stati estremamente positivi per le banche si stanno affievolendo, e con una recessione già presente in Germania è possibile che la crescita possa fermarsi. I margini d’interesse sono destinati a diminuire, perché la Bce li dovrà abbassare per contrastare il rallentamento ciclo economico. Poi piano piano ci sarà la voce legata alle svalutazioni. I profitti bancari dovranno diminuire necessariamente tra 2024 e 2025”.

Anche se le previsioni dei maggiori istituti italiani parlano di utili che rimarranno sugli stessi livelli del 2023 anche quest’anno e il prossimo, la First Cisl ha sottolineato come nonostante la solidità patrimoniale sia rafforzata, si sia verificato un calo dei prestiti del 4,2%.

L’impatto dell’AI sulle banche italiane

Intanto, gli istituti si stanno preparando a tempi peggiori facendo investimenti in nuove tecnologie. Per Monticini “questo permette di modificare i modelli di business che nell’arco di poco tempo prenderanno piede nel mondo bancario”, dice il professore facendo riferimento in particolar modo ai sistemi di intelligenza artificiale che, nel caso di Intesa, hanno prodotto già 100 mln extra rispetto al piano di impresa.

Ma l’impatto vero non è ancora arrivato.

L’AI sarà “un elemento di shock per il sistema economico e permetterà di avere un grosso balzo di produttività e prospettive di crescita che ancora non ci sono. Come quando a fine anni 90 ci fu il miglioramento della produttività per le nazioni in grado di appropriarsi dell’innovazione di Internet”.

Ora può partire il risiko bancario

Il risultato dello svincolo sulla tassa extraprofitti per le banche – una terminologia comunque “profondamente sbagliata”, sottolinea il professore, “visto che vengono remunerati azionisti che non hanno visto utili per anni” – cioè la possibilità di accantonare i profitti, ha portato gli istituti a tenersi in pancia somme consistenti. “Per il momento li hanno messi da parte. Per capire cosa ci faranno bisognerà attendere l’evoluzione della recessione in Europa”, dice il professore.

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Intanto però, ora può iniziare il risiko bancario italiano. Anche in funzione di una maggiore solidità proprio contro i rischi futuri. “Penso che ora ci siano spazi per un consolidamento, con almeno un altro Gruppo bancario che possa affiancarsi al gruppo Intesa, che è di gan lunga il principale in Italia”.

“Non sarebbe male se questo consolidamento avvenisse con altri Gruppi di altre nazioni, ma temo che sia un sogno. Non ci sono ancora le condizioni per grandi Gruppi paneuropei, anche se qualche tentativo lo ha fatto Unicredit. Se avvenisse la formazione di un grande attore con qualche Gruppo francese che acquisisce in Italia, o il contrario… Sarebbe un’ottima cosa per il sistema bancario italiano ed europeo. Si andrebbe verso quell’integrazione dei mercati finanziari in Europa che ancora manca”, dice Monticini.

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