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Superbonus, cosa succede con stop a sconto in fattura e cessione del credito

Ennesimo capitolo della vicenda superbonus. Il nuovo decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri  – il Dl 29/2024, in vigore dallo scorso 30 marzo – ha di fatto abrogato la possibilità per i beneficiari della misura di ricorrere alle opzioni della cessione del credito e dello sconto in fattura. Una stretta giustificata dalla necessità da parte del Governo di conoscere in modo puntuale l’ammontare complessivo dei crediti fiscali e dall’esigenza di salvaguardare i conti pubblici. Il provvedimento ha però fatto storcere il naso ai commercialisti, che l’hanno ritenuto eccessivamente penalizzante per i contribuenti.

“Fatte salve alcune particolari casistiche, sull’esercizio delle opzioni di cessione del credito e sconto in fattura è stata di fatto posta una pietra tombale. A mio avviso questa decisione è la manifestazione di un’incapacità di gestire la situazione e predisporre i controlli necessari”, sottolinea a Fortune Italia Matteo De Lise, commercialista e presidente dell’Associazione italiana degli esperti della composizione della crisi.

La data spartiacque è quella del 4 aprile, termine entro il quale bisogna trasmettere all’Agenzia delle Entrate la comunicazione per l’esercizio delle opzioni per cessione del credito e sconto in fattura. Viene eliminata la possibilità di avvalersi della remissione in bonis, l’istituto che avrebbe consentito al contribuente di sanare errori formali oppure il tardivo o omesso invio di comunicazioni per l’accesso ai benefici fiscali, presentando la documentazione necessaria e versando una sanzione amministrativa di 250 euro entro il 15 ottobre 2024. “Eliminare la remissione in bonis è una scelta che non condivido e che, secondo il mio parere, non è motivata da ragioni logiche di finanza pubblica”, lamenta De Lise.

Tutti quelli che non provvedono alla comunicazione entro il 4 aprile, dovranno pagare i lavori di tasca propria e rinunciare a cedere il credito. Potranno usufruire del superbonus soltanto ritornando al regime della detrazione sulla dichiarazione dei redditi. Un’opzione, quella della detrazione per il valore dell’importo dei lavori, sicuramente meno appetibile rispetto alle altre due e che peraltro rischia di non poter essere utilizzata da chi è incapiente; da chi cioè ha redditi bassi e quindi non ha imposte da scontare. Si salvano quindi i contribuenti che hanno già fatto dei versamenti per l’inizio dei lavori edilizi, e hanno inviato per tempo le fatture all’Agenzia delle Entrate.

Il blocco alla cessione vale anche per chi ha inviato la Cila, la Comunicazione di inizio lavori entro il 16 febbraio di un anno fa – e quindi in tempo utile – ma non ha ancora dato avvio ai lavori o sostenuto spese preliminari: le cosiddette Cila dormienti. “Il decreto preclude la possibilità di accedere allo sconto in fattura ai contribuenti che hanno presentato la Cila ma che non hanno sostenuto spese alla data del 30 marzo 2024. È una misura a mio avviso paradossale”, commenta De Lise.

Cessione del credito e sconto in fattura vengono meno anche per le fasce di proprietari finora agevolati. Nella fattispecie il terzo settore, le cooperative di abitazione a proprietà indivisa e le case per l’edilizia popolare. La cessione del credito rimane invece una strada percorribile per gli interventi eseguiti su immobili danneggiati da eventi sismici, certificati dal 6 aprile 2009 al 24 agosto 2016, nei comuni di Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche. Ma la deroga sarà applicata solamente fino all’esaurimento del risorse, pari a 400 mln di euro per il 2024.

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