Durante il lockdown il livello di interesse degli italiani per le attività culturali online è aumentato: molti più utenti hanno iniziato a seguire le pagine social dei musei. La crescita maggiore si è registrata su Instagram (+7,2%), seguito da Facebook (+5,1%) e Twitter (+2,8%) nel mese di marzo e con un ulteriore incremento rispettivamente dell’8,4%, 3,6% e 2,4% in aprile. A parte pochi casi, il livello di interazione è però rimasto stabile. La chiusura forzata ha dato un significativo impulso alla presenza online dei musei e in parte ha dettato anche un cambiamento di marcia: dal monitoraggio dei musei statali tra dicembre 2019 e aprile 2020 è emerso che il numero di post sui social media è quasi o più che raddoppiato su tutti i canali nelle settimane di lockdown del mese di marzo 2020, mantenendosi su valori elevati anche nel mese di aprile. I dati provengono dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei beni e attività culturali della School of Management del Politecnico di Milano che segue le attività social dei musei italiani.
Ancora oggi circa l’86% dei ricavi dei musei deriva dalla vendita di biglietti d’ingresso in loco, e nell’indagine realizzata poco prima dell’emergenza l’investimento in sistemi di ticketing (presente solo nel 23% dei casi), gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi era indicato come priorità per il futuro solo dal 6% delle istituzioni. “Prima dell’emergenza sanitaria si potevano distinguere in modo relativamente nitido due percorsi: da un lato l’esperienza di visita on site (talvolta supportata da strumenti digitali); dall’altro l’utilizzo degli strumenti online per attrarre e preparare il pubblico alla visita in loco, oppure ex-post per proseguire il rapporto con l’istituzione visitata, soprattutto tramite i social media su cui è attivo il 76% dei musei” ha detto Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio innovazione Digitale nei beni e attività Culturali. “Se con i musei aperti il digitale ha rappresentato un complemento all’esperienza di visita (nelle sue molteplici sfaccettature), con la chiusura delle istituzioni culturali il digitale si è rivelato lo strumento necessario per poter offrire contenuti culturali. Questo ha portato inevitabilmente ad un uso diverso del canale online, social media in primis ma anche siti web, che sono divenuti da strumenti di comunicazione e di preparazione alla visita, quali erano fino ad ora, strumenti di erogazione di contenuto”.
Per quanto riguarda l’esperienza di visita dal vivo, dall’indagine svolta su un campione di 430 musei, monumenti e aree archeologiche italiani, si osserva come le audioguide (32%), QR-code (31%) e installazioni interattive (28%) siano gli strumenti di supporto alla visita più diffusi. È importante anche contestualizzare questi dati rispetto alle infrastrutture disponibili: sempre dall’indagine emerge come ancora il 51% dei musei non sia dotato di wi-fi. Rispetto alla preparazione alla visita, i siti web svolgono un ruolo centrale per raccogliere informazioni su orari, biglietti, attività e percorsi di visita. I dati derivanti dall’analisi dei servizi offerti su internet dai musei, svolta per il terzo anno consecutivo, mostrano che l’85% dei musei ha un sito web, relativo alla singola istituzione o all’interno di altri siti, come quello del Comune. Sono ancora poco diffusi strumenti, come i videogiochi per incuriosire e preparare alla visita (5%).
Il 76% dei musei è presente almeno su un canale social media, con Facebook che si conferma il più diffuso (76%), seguito da Instagram (45%, rispetto al 26% dell’anno precedente). Alcune istituzioni sperimentano anche canali social nati più di recente come TikTok. La presenza sui social ha consentito alle istituzioni culturali di offrire contenuti ai visitatori per approfondire la conoscenza anche dopo la visita e di mantenere una relazione di lungo periodo con i propri pubblici.
Qualunque siano le prospettive future, va ribadito che la fruizione onsite ed online rappresentano non due tipi di offerta alternativi, bensì complementari ed in grado di soddisfare esigenze talvolta differenti. Già nel 2017 l’Osservatorio sosteneva la necessità per le istituzioni culturali di dotarsi di un piano di innovazione digitale, ossia di uno strumento che supporti il processo di trasformazione digitale, ma dall’indagine condotta tra fine 2019 e inizio 2020 emerge che la cultura della pianificazione nelle istituzioni culturali è ancora carente: solo il 24% di esse ha redatto un piano strategico dell’innovazione digitale (il 6% come documento dedicato e il 18% all’interno di un più generale piano strategico).
La trasformazione implica anche investimenti in strumenti di supporto al customer journey, sia online che onsite. Negli ultimi due anni l’83% dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane ha investito in innovazione digitale, concentrandosi prevalentemente su servizi di supporto alla visita in loco (48%) e catalogazione e digitalizzazione della collezione (46%), attività entrambe propedeutiche a un ripensamento della value proposition sia online che onsite. Spostandosi sul futuro, le stesse voci costituiscono anche la priorità di investimento per i prossimi due anni (rispettivamente per il 33% e il 22% delle istituzioni), seguite da comunicazione e customer care (14%) e attività educative e didattiche (13%).
L’investimento in sistemi di ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi, invece, è stato indicato tra le priorità per il futuro solo dal 6% dei rispondenti (questo nonostante solo il 23% abbia attualmente un sistema di online ticketing), così come la digitalizzazione delle attività di sicurezza e sorveglianza. Inoltre, tra i musei che hanno un sistema di controllo accessi (93%) prevale lo stacco del biglietto d’ingresso (71%), rispetto a sistemi automatizzati come lettori di codici a barre (11% su carta e 6% su display) e tornelli o varchi contapersone (7%). Eppure, l’emergenza sanitaria induce a un totale ripensamento anche degli aspetti legati alla logistica e all’organizzazione del journey dell’utente che richiederà sistemi tecnologici che consentano la prenotazione online, il contingentamento degli accessi e sistemi di sicurezza e controllo di quanto avviene all’interno dell’istituzione culturale.
Un’ulteriore condizione abilitante la trasformazione è l’investimento sulle persone: attualmente il 51% dei musei non si avvale di nessun professionista, interno o esterno, con competenze legate al digitale. Il restante 39% dispone di competenze interne e/o ricorre a consulenti esterni per la gestione del digitale, ma solo il 12% ha un team dedicato composto da più persone.
Una competenza che sarà sempre più rilevante, anche alla luce dello spostamento del baricentro verso l’attività online, riguarda l’analisi e l’utilizzo strategico dei dati. Conoscere i clienti, le loro abitudini e esigenze, il livello di gradimento dell’esperienza vissuta sono informazioni che consentono di gestire i rischi e migliorare il servizio offerto; monitorare specifici indicatori di performance relativi alla propria organizzazione permette di migliorare la pianificazione e l’efficacia delle attività.