Nuovo scontro dialettico tra il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e il vicepremier Luigi Di Maio. Oggetto della contesa, sempre lo stesso: il decreto dignità. “Senza alcuna polemica, devo dire che il decreto dignità è antitetico al contratto di programma, che verte su due elementi, reddito di cittadinanza e flat tax. Invece si aumenta il costo dei contratti a tempo determinato e il costo dei licenziamenti”. Un messaggio chiaro, rafforzato da un passaggio tutto politico. “Sarebbe bello capire anche dagli esponenti della Lega cosa ne pensano in merito alla Flat tax, perché i cittadini la somma algebrica delle tasse la sanno fare”.
La replica, affidata a un post su Facebook, è ruvida. “Forse non lo ha letto bene. Di sicuro non abbiamo bisogno di lui per interpretarlo“. Di Maio, quindi, aggiunge: “Per noi l’unica opinione che conta è quella dei cittadini e, da quello che mi dicono tutte le persone che incontro, del Decreto Dignità c’era bisogno come il pane”.
“Basta vedere – continua Di Maio nel suo post – i dati di questo sondaggio pubblicato l’altro giorno dal Corriere della Sera: tre italiani su quattro esprimono un giudizio positivo sulla stretta alle imprese che delocalizzano dopo aver ricevuto agevolazioni dallo Stato (75%), nonché sull’introduzione di limiti alla pubblicità per le aziende del gioco d’azzardo (74%), e una quota analoga (71%) concorda con l’aumento degli indennizzi ai lavoratori nei casi di licenziamento senza giusta causa e la restituzione proporzionale di eventuali aiuti statali per chi licenzia (71%)”. Il vicepremier fa la sua sintesi: “Gli italiani premiano la coerenza: la lotta al precariato, all’azzardopatia, alle delocalizzazioni selvagge e alla burocrazia sono punti fondanti del nostro contratto di governo”.