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Confindustria: Brexit opportunità, ma Italia non pronta

Nonostante le ricadute della Brexit e di un possibile No deal sull’economia, la vicenda britannica potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Italia, se il paese fosse pronto a coglierla. Con la Brexit “il problema non è quante imprese collaborano con la Gran Bretagna”, ha detto il leader di Confindustria Vincenzo Boccia, “ma come l’Italia potrebbe e dovrebbe candidarsi ad attrarre investimenti”.

Parlando a margine di un convegno di Federtrasporto Boccia ha osservato che “è evidente che la Brexit comporta maggior incertezza per l’economia. I dati previsionali del rallentamento dell’economia globale non fanno presagire niente di positivo”. Secondo Confindustria infatti la Brexit può pesare sull’export italiano con “in ballo circa 23 miliardi”. Ma può “generare anche opportunità” per l’Italia con più investimenti diretti esteri per 26 miliardi. Un aumento del valore aggiunto, secondo il centro studi di Confindustria, “pari a 5,9 miliardi annui, lo 0,4% del Pil”.

L’Italia sembra però impreparata a cogliere l’opportunità per ragioni strutturali o istituzionali come “una maggioranza di Governo che a tratti non ha esitato a porsi in modo antagonista rispetto alla Commissione Ue”, soprattutto sulla manovra, ha aggiunto l’unione degli industriali.

L’analisi del centro studi sottolinea come, dopo il voto di ieri, “tempi e modalità” della Brexit siano “più incerti”. Le “sfide” per le imprese, italiane ed europee si suddividono “principalmente” in “due tipologie”: quelle organizzative e finanziarie, ad esempio, le multinazionali che hanno base nel Regno Unito, o chi si appoggia sulla piazza di Londra per servizi finanziari, con “la possibilità che ci possano essere aumenti del costo del credito delle imprese”. Poi ci sono tutti gli ostacoli che le “imprese esportatrici italiane si troveranno a dover affrontare quando il Regno Unito uscirà dal mercato unico. Aver rimesso sul tavolo l’eventualità di un ‘no deal’ implica la possibilità che si ricada in uno scenario in cui, almeno per un periodo e per determinate categorie di prodotto, si potrebbe finire per utilizzare le regole tariffarie del Wto”.

Caleranno quindi i volumi di beni delle imprese esportatrici italiane verso il mercato britannico. “In ballo ci sono circa 23 miliardi di euro”, secondo il centro studi. Sul fronte delle eventuali opportunità, legate ad una “riallocazione, almeno parziale, degli investimenti diretti esteri” di cui beneficia oggi l’economia del Regno Unito, Confindustria avverte: “le opportunità che si sono presentate e si stanno presentando in corrispondenza di un avvenimento così epocale come la Brexit trovano però l’Italia impreparata a coglierle per ragioni di ordine strutturale e istituzionale”.

Sul fronte strutturale “l’Italia soffre uno svantaggio competitivo nel settore dei servizi finanziari rispetto ad altri paesi in Europa, quali per esempio Paesi Bassi, Germania e Francia, che peraltro godono anche di una posizione geografica più centrale per servire il resto dei paesi membri”. Tra le ragioni istituzionali “va annoverato che l’Italia, insieme al Regno Unito, è diventato il secondo paese tra i più critici rispetto all’attuale architettura istituzionale dell’Unione, con una maggioranza di governo che a tratti non ha esitato a porsi in modo antagonista rispetto alla Commissione europea, soprattutto durante le negoziazioni legate all’approvazione della Legge di bilancio”.

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