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Salvini tentato di strappare con la Ue

Sono bastate le prime parole a caldo per capire le reali intenzioni di Matteo Salvini. Si sente autorizzato dai nuovi equilibri all’interno del governo, dopo la schiacciante vittoria elettorale e il contestuale ridimensionamento grillino, a tornare su posizioni intransigenti rispetto ai vincoli Ue. La flat tax, gli investimenti in infrastrutture e il resto del programma di governo a trazione leghista, sono priorità che hanno un costo e la tentazione di finanziarli in deficit, andando contro ogni vincolo europeo, diventa qualcosa di molto più concreto di un’ipotesi.

Il leader della Lega, già nella notte elettorale, ha messo le sue carte sul tavolo, promettendo una risposta adeguata alla lettera in arrivo dall’Europa in cui verranno puntualmente contestate le deviazioni rispetto all’obiettivo di riduzione del debito. Il rischio è quello di dover pagare una maxi-multa da 3,5 mld vedendo ulteriormente ridotti i margini di manovra per la prossima Legge di Bilancio. Poi, ci sono le parole sul tetto del rapporto deficit/pil. “Sforare il 3%? Non ho voglia di sfidare nessuno, ma non sto a impiccarmi a un parametro, un numero o una regoletta. In Europa bisogna rivedere le politiche sulla crescita”.

Salvini mostra un ottimismo legato alla convinzione, più volte ribadita in queste ore, che in Europa sia cambiato il vento. Anche se i risultati usciti dalle urne, in realtà, non autorizzano a pensare che ci possa essere particolare indulgenza verso l’Italia. Resta il solo Paese a guida populista, con un Parlamento europeo in cui i sovranisti sono una minoranza residuale. E i fondamentali dell’economia italiana, con un debito pubblico che continua a salire e una crescita praticamente ferma, non rappresentano certo una garanzia da far valere al tavolo. Sul fronte interno, si indebolisce sicuramente il potere contrattuale del premier Giuseppe Conte e, soprattutto, quello del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Nei mesi scorsi hanno lavorato per tenere la discussione con Bruxelles dentro i binari di una dialettica accesa ma rispettosa delle regole, ora il deragliamento è possibile.

Con queste premesse, il negoziato con l’Europa sarà quindi difficile. E se si sceglierà lo scontro, i mercati torneranno a mettere in discussione l’affidabilità del Paese. Risalirà lo spread, come ha già iniziato a fare, e si torneranno a bruciare risorse, pubbliche e private. Insomma, sarebbe il caso di affidarsi al buon senso, facendolo prevalere sull’euforia elettorale.

A meno di non volersi affidare, citando Salvini, al “Cuore immacolato di Maria” come ultima spiaggia. A prescindere dalle sensibilità, personali o di partito, una strada piuttosto impervia.

 

 

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