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Carige, Fitd al lavoro sul salvataggio e sul nuovo piano Apollo

banca carige

Di Sabina Rosset – Carige si riparte, ultimo giro. Dopo lo stop del Fondo interbancario al piano Apollo e l’annuncio di un possibile salvataggio da parte dello stesso consorzio di banche, accanto ai soci attuali dell’istituto e ad eventuali partner pubblici e privati, il supervisory board della Bce torna a fare il punto sul commissariamento dell’istituto ligure, concedendo – è l’auspicio a Genova – altro tempo per il salvataggio ‘privato’ (o semiprivato) di Carige, evitando così che l’istituto vada in risoluzione o peggio in liquidazione coatta. Le valutazioni del Fondo Interbancario su Carige dureranno circa due settimane, si è appreso intanto.

Oltre al piano B dello stesso Fitd, sul tavolo ci sarà anche la nuova proposta di Apollo, formalizzata lunedì sera a valle del consiglio del Fondo. Continua intanto a salire il conto dell’aumento di capitale, che secondo quanto filtrato potrà arrivare fino a 800 milioni di euro. Il piano dei commissari Carige di fine febbraio ipotizzava per la banca ligure una ricapitalizzazione da 630 milioni, poi cresciuta a 720 milioni nel piano Blackrock e 500 milioni nel primo progetto di Apollo. Era invece di 400 milioni l’aumento fermato dai Malacalza con lo stop in assemblea a dicembre alla proposta di ricapitalizzazione. Va notato comunque che dal commissariamento in poi si è sempre ipotizzata su Carige, oltre alla conversione del bond dello Schema volontario, un’iniezione nell’ordine dei 500 milioni di mezzi freschi suddivisa tra la componente primaria di capitale (tier 1) e subordinati (tier 2), che sono rilevanti ai fini dei coefficienti considerati dalla vigilanza, al di là della ricapitalizzazione.

Anche il piano dei commissari di fine febbraio prevedeva accanto a un aumento da 630 milioni, 150 milioni di mezzi freschi addizionali ‘tier 2’. In attesa di capire l’appeal del piano bis di Apollo, tra i possibili soggetti pubblici in partita con il Fitd si guarda a un possibile ruolo del Mediocredito Centrale, che potrebbe valutare un intervento nell’ordine dei 200 milioni, affiancando lo stesso Fondo interbancario, che da un lato convertirebbe in capitale per 313 milioni l’obbligazione in mano allo Schema Volontario, ed entrerebbe in pista per i fondi restanti con la propria parte obbligatoria. Quanto ai soci storici, in attesa che la famiglia Malacalza si esprima, si è già detto pronto a fare la propria parte l’imprenditore Aldo Spinelli, azionista con l’1%. “Se siamo tutti disposti a fare l’ennesimo e ultimo aumento di capitale ci siamo anche noi – ha detto – Vediamo quello che fanno gli altri, deve essere una cosa fatta da tutti e insieme. Prima dell’aumento ci vorrebbe un chiarimento tra tutti gli azionisti per rilanciare questa banca finalmente e non solo per mettere i soldi e basta”. Ubi ha intanto chiarito di non essere interessata a una aggregazione, con il ceo Victor Massiah pronto a notare come non ci siano le condizioni per un salvataggio simile a quanto visto per le banche venete. Dal fronte dei lavoratori, intanto, Lando Maria Sileoni della Fabi si è detto contrario a un investimento utilizzando i mezzi del Fondo per l’occupazione.

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