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Taglio tassi e Qe, Draghi spiana la strada a Lagarde

di Domenico Conti – Il Fondo monetario internazionale dà il via libera, la Fed si prepara e la Bce è già pronta. Se non a un taglio dei tassi già nella riunione di luglio, a dare il segnale che arriverà a settembre, se necessario con una ripresa degli acquisti di titoli di Stato. A tre mesi di distanza dallo scadere del suo mandato alla presidenza dell’Eurotower, Mario Draghi appare ormai determinato a portare avanti un piano che dipanerà i suoi effetti ben oltre l’avvicendamento a ottobre con Christine Lagarde, che ha lasciato il Fondo monetario internazionale per raccogliere il testimone dall’italiano alla Bce. Anzi: Draghi sta costruendo le premesse per lasciare nelle mani della francese una Bce già ben avviata in una nuova fase di stimolo monetario. Peraltro oggi salutata con favore proprio dal Fmi, secondo cui “con una domanda e un’inflazione deboli una politica monetaria accomodante è appropriata nelle economie avanzate”.

La prima tappa di questo ‘piano’ di Draghi si è vista il mese scorso, a Sintra: “in assenza di un miglioramento, in una situazione in cui venga minacciato un ritorno convincente dell’inflazione al nostro obiettivo, sarà necessario un ulteriore stimolo“, aveva detto il presidente della Bce al simposio portoghese. Un cambiamento semantico importante, con cui la Bce ha abbandonato l’atteggiamento con cui stava alla finestra in attesa di capire i segnali dell’economia: ora giudica la situazione corrente meritevole di una svolta monetaria.

La seconda tappa è il consiglio direttivo della Bce di giovedì a Francoforte. Dove, di fronte a uno scenario globale costellato di rischi (da Brexit al protezionismo alla Cina), a un’inflazione che fatica nell’Eurozona (+1,3% a giugno contro l’obiettivo del 2%), a una produzione industriale debole con gli ordini che segnano il passo, la Bce spianerà la strada all’azione vera e propria, che dovrebbe arrivare al meeting del 12 settembre, terza tappa del ‘piano’.

Gli economisti puntano su un nuovo taglio dei tassi, che passerebbero dall’attuale -0,4%, già minimo storico, a -0,5%. Le banche si aspettano misure per mitigare l’impatto di uno schiacciamento del margine d’interesse sui loro bilanci, come un’esenzione di un tasso così negativo su una parte della liquidità a un giorno depositata alla Bce. Non solo: sul tavolo ci sarebbe anche la considerazione di una ripresa del quantitative easing, che finora ha portato nel bilancio della Bce 2.600 miliardi di euro di titoli soprattutto pubblici. E si parla persino di un dossier di gran peso, la possibile revisione dell’obiettivo d’inflazione. Attualmente, soprattutto per le pressioni tedesche, questo è “vicino la inferiore al 2%” ma Draghi favorirebbe un obbiettivo più simmetrico, che consentirebbe di puntare a un tasso d’inflazione superiore al 2% per il periodo necessario a mettersi alle spalle la debolezza dei prezzi.

Per i mercati (e lo spread italiano sotto 200 lo sta a testimoniare) non si esclude la sorpresa già questo giovedì. Ma, soprattutto, il segnale è quello della massima continuità nella gestione della politica monetaria, con una Lagarde che si troverà parte del lavoro più difficile – quella della costruzione del consenso nella Bce attorno a una nuova fase espansiva – già fatto.

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