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Mediaset verso l’Olanda, tra fondi divisi e lo scoglio Vivendi

mediaset pier silvio berlusconi

Di Sara Bonifazio – Il riassetto di Mediaset divide i fondi che, un po’ a sorpresa, non sono tutti schierati con Vivendi. Anche se la fusione con Mediaset Espana e la nuova superholding in Olanda, andranno a limitare la rappresentatività delle minoranze alcuni (i clienti del proxy advisor Glass Lewis) il 4 settembre in assemblea appoggeranno l’operazione. La prospettiva di un gruppo più forte nella sfida contro i giganti del web ha la meglio sul nodo governance e nemmeno l’incognita delle mosse di Vivendi spaventa più, anche se i francesi si giocheranno ogni carta, a partire da quelle leguleie, per bloccare l’operazione.

La record date è il 26 agosto ed è plausibile che chi è contro l’operazione stia già vendendo, piuttosto che provare a bloccare l’operazione. A Milano Mediaset ha perso lo 0,1% a 2,95 euro, Mediaset Espana ha perso il 3% a 5,48 euro. In Spagna basta la maggioranza semplice per approvare la fusione, a Milano servono i due terzi ma, secondo lo storico delle passate riunioni, arriva circa l’80% del capitale e così Fininvest, con il suo 45,89% sembra avere matematicamente già in tasca il risultato. Anche se i francesi dovessero questa volta essere ammessi a votare, il loro 9,9% (il 19,94% trasferito a Simon Fiduciaria è sterilizzato) non basterebbe ad affossare l’operazione.

Il proxy advisor Iss suggerisce ai fondi suoi clienti di votare contro la fusione: “non è particolarmente attraente dal punto di vista finanziario e gli azionisti di minoranza starebbero peggio dal punto di vista della governance”. La holding olandese infatti “adotterà una struttura di voto di fedeltà in base alla quale agli azionisti ‘leali’ saranno concessi fino a nove voti supplementari per azione ordinaria”. Anche se riconosce che “da un punto di vista strategico, è plausibile che gli investimenti combinati possano rafforzare ulteriormente la posizione competitiva di Telecinco”, il senso dell’operazione resta quello di “aiutare l’azionista di riferimento Fininvest a mantenere il controllo sul gruppo Mediaset”. Glass Lewis invece, che si può stimare rappresenti l’altra metà dei fondi, lascia prevalere le ragioni strategiche e di prezzo, “sono previsti benefici dalle sinergie di circa 800 milioni”, ricorda in un report, il prezzo è “adeguato” e non vede problemi di governance.

L’ostilità di Vivendi è l’unica ombra sull’operazione anche se non un motivo sufficiente per votare contro. La faida con i francesi iniziata nel 2016 prosegue ancora oggi nelle aule dei tribunali, tra reciproche accuse e Vivendi ha già fatto sapere che il prezzo offerto agli azionisti per il recesso è troppo basso rispetto al valore reale della società (2,77 euro) e che il piano danneggerebbe gli interessi degli investitori di minoranza. Ma la denuncia portata davanti al Tribunale di Milano con la richiesta di annullare la decisione del cda di Mediaset che ha impedito a Vivendi di partecipare all’assemblea di aprile quando era stato approvato il sistema di voto maggiorato, avrà la sua udienza solo il 26 novembre, quando ormai l’assemblea avrà (si presuppone) approvato la fusione.

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