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Liberi dagli intermediari: le startup della blockchain

blockchain

Dalle criptovalute alla logistica, passando per qualunque cosa debba essere tracciata: così le startup italiane hanno scoperto la blockchain.

Nel giro di pochi anni la blockchain è passata dall’essere una tecnologia praticamente sconosciuta ad una soluzione da applicare ai campi più disparati. Per blockchain – letteralmente “catena dei blocchi” – si intende una rete informatica di nodi che permette di aggiornare un registro contente dati o transazioni in maniera condivisa e distribuita senza la necessità di un organismo di controllo o verifica. La blockchain appartiene alla famiglia delle tecnologie “Distributed Ledger” cioè i sistemi costruiti sulla base di un registro distribuito che può essere modificato dai nodi della rete. Per fare questo, senza un organo di controllo centrale, ci si basa essenzialmente su due elementi: gli algoritmi di consenso e la crittografia. Facilmente si intuisce come la blockchain si possa applicare a tutti quei settori che necessitano di disintermediazione: banche, notai, finanza ed anche industria. La blockchain consente di effettuare transazioni con un asset da trasferire che può essere digitale oppure fisico con un corrispettivo digitale. Il settore in cui la blockchain viene utilizzata di più è quello finanziario (48% dei progetti) ma ci sono anche le pubbliche amministrazioni (10%), i pagamenti (24%), la gestione documentale (24%) e la tracciabilità di filiera (22%). In Italia, le startup che sfruttano la tecnologia blockchain sono in aumento e offrono una buona panoramica delle applicazioni delle varie piattaforme.

CONIO

Il settore più sviluppato è quello della finanza e delle valute virtuali: la startup italiana Conio nel 2018 ha chiuso un round di finanziamento di 3 mln di dollari. Fondata nel 2015 da Vincenzo Di Nicola e da Christian Miccoli, opera nella compravendita di bitcoin con sedi a San Francisco e Milano. L’app di Conio permette di gestire un portafoglio di criptovalute, usando la blockchain per fare investimenti o pagamenti attraverso lo smartphone. I suoi punti di forza sono un’app estremamente facile da usare e un sistema di sicurezza che permette di recuperare i bitcoin qualora si perda la password: “il nostro obiettivo è sempre stato quello di essere un facilitatore – ha detto Christian Miccoli, co-founder e ceo di Conio a Fortune Italia – Per chi oggi infatti, vuole operare in autonomia nel settore delle valute digitali ci sono due limiti, l’essere in possesso di una preparazione tecnica di un certo livello per muoversi agevolmente nei vari e complessi sistemi, e il rischio di affidarsi a piattaforme ed exchange che in caso di fallimento, di perdita della password da parte del cliente o in caso di morte improvvisa di quest’ultimo, non consentono il recupero dei propri Bitcoin. Un vero rischio di credito che noi abbiamo risolto, sviluppando un sistema unico a tre chiavi, che da una parte garantisce la massima sicurezza contro attacchi hacker e furti di identità e dall’altra permette il recupero dei Bitcoin in ogni evenienza. Oltre a questo, offriamo un servizio che punta alla semplicità di utilizzo, e che opera in Italia, per cui i nostri clienti possono comprare o vendere Bitcoin all’interno del territorio italiano, il che rende tutto più trasparente e sicuro”. Conio offre a clienti privati e istituzionali come banche, assicurazioni e società finanziarie, soluzioni integrate per la gestione di asset digitali, dai wallet per la gestione delle criptovalute all’integrazione dei protocolli blockchain all’interno di carte e servizi di pagamento su smartphone: “abbiamo siglato un accordo con Confinvest per convertire Bitcoin in oro e viceversa e, attualmente, stiamo lavorando con diversi istituti finanziari interessati ad integrare il nostro servizio di compravendita di cripto all’interno della loro offerta”, continua Miccoli. Per un periodo si è pensato che quella delle criptovalute fosse una ‘bolla’, in conseguenza al generalizzato calo dei prezzi. Secondo Miccoli, invece, l’interesse in questo ambito sta crescendo: “L’entrata nel settore di importanti gruppi finanziari come Goldman Sachs e di colossi tecnologici come Facebook, dimostrano che il fenomeno è tutt’altro che giunto alla sua fine. Inoltre, l’esperimento delle stable coin (token che si scambiano come valute digitali ma che hanno un valore stabile garantito da un operatore) dimostra che la blockchain è adatta per far circolare effettivamente il denaro su internet, all’insegna della discontinuità con un sistema finanziario che mostra crepe evidenti e un deficit di fiducia. Gli stable coin potrebbero essere lo strumento adatto per superare il problema della volatilità delle criptovalute, il che ci permetterebbe di sfruttare a pieno le potenzialità di una tecnologia che offre un elevato grado di libertà”.

INBITCOIN

Le startup che in Italia stanno sviluppando l’offerta intorno alla tecnologia blockchain non sono poche. A Trento c’è Inbitcoin, che sviluppa servizi per aziende e privati e permette di comprare, vendere e spendere bitcoin. L’azienda stringe partnership con aziende operanti in vari campi che desiderano integrare il proprio lavoro con progetti che prevedono l’uso della blockchain e dei bitcoin.

MANGROVIA SOLUTIONS

Mangrovia Solutions, invece, allarga il campo, ed è specializzata nell’offrire servizi basati sulla blockchain rivolti a settori che vanno dall’energia alla logistica, passano per il food, il crypto gaming, e l’arte. La startup, infatti, lo scorso anno ha stipulato una joint venture con Evolvere per sviluppare e-Prosume, un sistema di gestione dell’energia elettrica nelle case private.

ETERNITY WALL

Di tutt’altro si occupa, invece, Eternity Wall, nata nel 2015 e immediatamente riconosciuta come la startup dei messaggi “eterni”. Il suo ideatore, Riccardo Casatta, ha sfruttato la tecnologia blockchain per lasciare messaggi testuali sul registro dei bitcoin che, secondo lui, è la attualmente la cosa più durevole ed eterna che esista. Oggi Eternity Wall è anche la startup che punta a rendere obsoleti i notai rendendo inutile la loro intermediazione: lo fa utilizzando la blockchain per marcare temporalmente delle informazioni, come farebbe un notaio con una firma.

Anche Tutelio utilizza la blockchain per compilare un registro di atti finalizzati, in questo caso, alla protezione del diritto d’autore e all’attribuzione della paternità: la startup permette di “fermare” le idee anche in fase di bozza, per poi depositare la paternità intellettuale su un registro globale con il rilascio di un certificato univoco.

UNIQUID

Ma la blockchain si può applicare anche a campi più strettamente “fisici”. Uniquid è la startup fondata da Stefano Pepe e Giuseppe Cardinale Ciccotti che opera nel campo dell’Internet delle cose, applicando la blockchain ai dispositivi da collegare. In parole povere, l’azienda punta a garantire la sicurezza e la protezione dei device collegati alla rete senza l’uso di password: è la nicchia del Blockchain Identity e Access Management. Pur essendo fondata da italiani, la startup ha la sede principale a San Francisco, lavora sulle potenzialità dell’identità digitale sviluppando però un sistema per la protezione di tutti i dati relativi ai dispositivi connessi.

FOODCHAIN

Infine il campo della logistica: la blockchain permette di seguire in modo sicuro il percorso di oggetti fisici attraverso un loro “corrispettivo” digitale. Di questo si occupano le startup che puntano a tracciare i passaggi della supply chain relativa a beni, servizi o prodotti food. Foodchain, per esempio, ha sviluppato una piattaforma che consente di seguire i prodotti alimentari lungo il percorso che li porta dalla materia prima alla nostra tavola.

Tutte le informazioni relative alla filiera produttiva sono rese disponibili e accessibili via web. Sul prodotto viene apposto un codice univoco che riporta al produttore e che contiene tutti i dati relativi al bene. Foodchain è stata fondata nel 2016. Alla sua guida ci sono Marco Vitale e Davide Costa, che seguono un modello di business che si può applicare anche ad altri settori oltre al food, cioè tutti quei mercati dove c’è la necessità di scambiare dati tra i vari snodi della filiera.

 

Articolo di Carlotta Balena apparso sul numero di Fortune Italia di maggio.

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