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Amazon e la guerra dello J.e.d.i.

jeff bezos

Lo ammetto, a me piace Bezos. Con Jeff condividiamo la comune passione per lo spazio (lui ci campa pure, con la sua compagnia Blue Origin) ed egual passione per la fantascienza. Certo io la guardo, lui invece la crea. Di recente ha anche “salvato” una delle mie serie sci-fi preferite: “the Expanse”. Ci sono complottisti che malignano: suggeriscono che la passione di Bezos per lo spazio sia per infondere nella popolazione la volontà di supportare programmi spaziali pubblico-privati (cioè il pubblico caccia i soldi, i privati come Jeff, li pigliano).

C’è da ammettere che Jeff, quando vuole una cosa, ci si mette d’impegno. Così mentre in questi giorni esce l’ultimo film della trilogia di guerre stellari, Jeff scende in campo per la sua guerra alla conquista dello J.E.D.I.

La fantascienza tira molto. Si calcola che, ad oggi, la creatura di Lucas, ora Disney, abbia prodotto poco meno di 10 miliardi di dollari (a cui aggiungete le vendite dei gadget, diritti videogiochi etc..). Non ci vuole molto a capire perché Jeff si sia buttato nel business della fantascienza. Lo J.E.D.I, come singolo affare, potrebbe diventare il miglior colpo di Jeff.

Ok, sino ad ora ho giocato con le parole, adesso parliamo sul serio. La mia passione per lo JEDI si riferisce ad una Enalogia (ad oggi, 3 trilogie) di film più una serie di spin-off bene o male riusciti. La passione di Jeff per lo J.E.D.I è qualcosa di molto meno fantascientifico e molto più concreto.

Lo J.E.D.I ovvero il pentagono 5.0

Lo J.E.D.I è uno dei più ambiziosi contratti del Pentagono. Parliamo di 10 miliardi di dollari di singola gara; probabilmente anche di più se consideriamo che il Pentagono ha anche un budget non pubblico, per le operazioni ombra. La cifra di 10 miliardi di dollari non rende a pieno quello che il Pentagono sta cercando di fare. Per dirla semplice, ma rimando a un link più esaustivo, è un’evoluzione verso una struttura di hardware e software che possa rivaleggiare con tutte le sfide del futuro che gli USA affronteranno. È bene ricordare che la difesa americana non è come quella italiana (e non parlo di dimensioni delle armate). La complessità degli scenari che vedono partecipi gli Usa vanno dal Soft Power (con ritocchi di cyberwarfare) al Hard Power (leggasi ti spacco le ossa). Dalle sfide recenti della sorveglianza con droni ad alta quota (i Global-hawks di cui ho scritto in passato) alla singola gestione dei soldati sul terreno. Un’ambizione di innovazione che, a volte, è stata mal gestita: un caso su tutti la politica di Rumsfeld. Non si dimentichi poi che l’esercito Usa è una macchina burocratica immensa. Napoleone diceva che un esercito marcia sul suo stomaco. Ecco gli americani quando vanno in missione, all’estero, si portano interi blocchi di America dal fast-food al cinema. Fornitori del Pentagono come KBR sull’ “American Way of Life” ci han fatto miliardi. Quindi per coordinare questa “bestia” immensa un nuovo sistema digitale Hardware e Software è ormai necessario.

Jeff e la sua passione per gli affari di stato

Il gruppo di Jeff ha tante mani nelle ricche tasche della cosa pubblica americana. Ricordiamo che la lista delle aziende di Jeff è piuttosto amplia: da quelle più famose a tutte le sue partecipate lo sviluppo di Jeff è continuo. Giusto per citare i contratti tentati e bloccati oppure vinti, dall’universo di Jeff, facciamo qualche nome. Abbiamo il famoso caso del “Amazon amendment (chiamato così nei giri dei lobbysti di Washington): un piccolo ritocchino che sembrava scritto su misura per Amazon o entità simili ad Amazon (un numero assai ridotto, se consideriamo alcune specificità della gestione del marketplace di Amazon). Per mettere in proiezione di quanti soldi e lavoro si parlava: il governo americano spende, ogni anno, circa 50 miliardi in “roba da ufficio” e altri oggetti e servizi per la burocrazia. I competitor di Amazon han colto al volo cosa stava succedendo e questo “colpaccio” non è andato bene a Jeff. Poi c’è il contratto con U.S Communities (oggi gruppo Omnia) una coalizione di 55.000 comunità americane (città di medie dimensioni, enti pubblici quali scuole, ospedali etc..) che hanno creato un unico ufficio acquisto. In questo progetto ci sono in ballo un potenziale di acquisti poco inferiore ai 6 miliardi di dollari. ReKognition, il Jeff Software di riconoscimento facciale per le agenzie di polizia americane è un altro business, anche se, a quanto pare, Jeff non ha fatto (per ora) grandi cifre. Siamo tranquillamente ben al di sotto del mezzo miliardo di fatturato. Un software che ha ricevuto parecchie critiche dagli esperti del settore: tra gli ultimi problemi quello del riconoscimento facciale per i cittadini afro-americani (o in generale di pelle scura). Un segmento della popolazione molto spesso finita vittima di abusi della polizia. Aws è poi fornitore di una serie di agenzie federali e centri ricerca quali il dipartimento degli affari per i veterani di guerra, Centro per l’assistenza sanitaria, il centro nazionale per lo studio atmosferico e oceanografico (NOOA), lo Smithsonian etc… presi singolarmente non sono contratti giganteschi, ma fanno cassa e sinergie. Per finire AWS/Amazon è presente, con i suoi servizi, in circa una 40-ina di stati americani. In questo caso il servizio offerto è legato alle attività elettorali per la scelta di politici locali o nazionali. Un’area piuttosto sensibile, a mio avviso. Soprattutto considerando che le elezioni americane si avvicinano, Trump si ricandida e Mr J non lo vede di buon occhio. Poi Jeff ha anche le manine nel settore spaziale, come detto prima, ma qui ci arriviamo tra poco. Nel suo piccolo giardino di casa Jeff a tentato anche di far capire alla politica di Seattle il modo migliore di gestire gli affari pubblici. Ha perso di brutto un paio di milioni di dollari, più che altro facendo una pessima figura con i media. Ma questo è poca roba rispetto ai giochi seri.

Jeff e la passione per la guerra & la sicurezza

Jeff non ha mai fatto segreto di sbavare all’idea di mettere le mani sui lucrativi contratti militari o di sicurezza civile. Per certi versi lo ha nel sangue: il nonno aveva già lavorato con il Pentagono in passato (ma bene inteso questo non ha nessun tipo di rilevanza pratica ai fini dei contratti a cui anela Jeff). Intendiamoci. La stragrande maggioranza delle “pacifiche” compagnie digitali americane darebbe via un braccio (dei suoi dipendenti?), all’idea di mettere le mani su contratti militari o di sicurezza governativi. Alcune, come Google, si erano chiamate fuori dal bando dello J.E.D.I adducendo che non era nella loro indole. Salvo poi, nel caso di Google, ritrovarsi a fronteggiare una guerra civile interna alla multinazionale, perché il gruppo stava creando un motore di ricerca a censura “variabile” per la Cina (una nazione che adora sapere, sempre, cosa fanno di bello i suoi cittadini). AWS ha già in pancia un grasso contratto con la CIA per oltre 600 milioni di dollari. Le cose potrebbero anche migliorare: come riporta Nextgov, dopo qualche anno a spendere pochi milioni (600) la Cia sta valutando un secondo passo per un contratto intorno ai 10 miliardi di dollari. Anche nella NSA Bezos appare presente con le sue iniziative, come riporta Rt. Vi è tuttavia da ricordare che, almeno in un caso, si è registrato un grave incidente, negli ultimi anni, sulla gestione della sicurezza di dati sensibili (direi segreti) su piattaforme AWS. La passione di Jeff (e dei suoi competitor) per i contratti statali è facile da capire. Dopo tutto il mercato civile consumer è sempre incostante, i consumatori a volte non consumano come si deve. Mentre vuoi mettere ciucciare i soldi direttamente dalle mammelle dello Zio Sam. Ma di tutti Jeff è quello che ne ha fatto un arte (per non parlare poi della abilità di Amazon/AWS nel tax break, per arrivare a pagare praticamente zero tasse in America nel 2018 e probabilmente anche nel 2019). Il serio turbamento di Jeff, per aver perso la possibilità di servire il suo paese (o farsi servire dal suo paese) con il grasso contratto dello J.E.D.I andato a Microsoft, è palese, e lui è pronto a dare battaglia a colpi di cause civili molto strutturate e serio gossip (magari sparato sui media, come il modesto Washington post di sua proprietà).

Jeff e l’esercito… dei lobbysti

Se devi andare in guerra e conquistare il mondo devi avere un esercito. Jeff si è preparato per tempo. Trump ha dichiarato che il Washington Post (che ha sede a Washington, dove pascolano i lobbysti) sia usato da Jeff come “costoso strumento di lobby politica” per gli affari di Jeff sparando a zero contro il presidente stesso. L’affermazione di Trump sarebbe da analizzare, certo è che difficilmente il Washington Post parlerà mai male del suo proprietario. Ad ogni modo, giornale a parte, Jeff con le spese per i lobbysti ci si è messo d’impegno. Anche la sua campagna acquisti è stata molto oculata. Ci sono alcuni casi di “campagna acquisti” che meritano un veloce approfondimento. Appena Anne Rung lasciò la sua posizione di “super Buyer” per l’amministrazione USA Jeff se la portò a casa al volo. Dopo tutto una ex burocrate che capisce la macchina degli acquisti americana torna sempre utile, se devi vendere ai burocrati. Un caso “low profile” che tuttavia non è sfuggito agli investigatori americani (che hanno aperto un indagine sull’atteggiamento di Amazon verso il Dipartimento della Difesa) è il caso Deap Ubhi. Ubhi ha lavorato nei dipartimento dei servizi digitali del Pentagono e, in 2 anni, anche su progetti di AWS. Un caso molto famoso è, sul fronte Lobby, quello di questa estate: Jeff Miller ex fundriser per Trump, con ottime entrature presso il governo attuale, preso da Aws/Amazon per fare lobby specificamente su progetti di cyber-security e altri affari digitali. In generale le spese di Jeff per la sua armata di lobbysti a Washington è piuttosto imponente, come riporta il Wall Street Journal (che non è di proprietà di Bezos): oltre 100 lobbisti (numero in crescita anche quest’anno) a cui si aggiungono varie agenzie che più o meno direttamente supportano il Jeff pensiero. Del resto queste spese sono logiche. Già lo stesso articolo del WSJ riportava una crescita stimata, nel 2019, ad oltre 5 miliardi di dollari solo in contratti governativi per servizi AWS (a cui si aggiungono contratti per altri servizi o gruppi di Jeff come Blue Origin).

 

Jeff & J.E.D.I: un matrimonio che s’era da fare?

La cosa che a mio avviso allarma di questo scenario (J&J leggasi Jeff e J.E.D.I) è che, per mesi, questo contratto sembrava ormai cosa fatta. Anzi numerose analisi hanno sollevato una serie di caustiche riflessioni se non vi fossero “strane relazioni” tra i ragazzi di Bezos (leggasi Lobbysti di Aws) e i responsabili militari e/o quelli politici (fonte Propublica), oppure che l’intero bando di gara fosse “su misura” per Amazon/Aws. Tra i tanti retroscena nel mondo militare, invece, non sfugge il licenziamento di Mattis da parte di Trump. Un evento discusso da ProPublica: la famosa testata di reporter d’assalto, ha analizzato con dovizia di particolari le relazioni tra Mattis e lo stesso Bezos. Relazioni che non sembrano essere sfuggite agli osservatori di Trump. Nel carteggio (qui il documento ufficiale) della causa, che Aws vuole muovere contro il Pentagono, si parla di una serie di richieste pressanti da parte di Trump a Mattis per far rimuovere (o far perdere) Aws. A dirla tutta Jeff aveva già messo una zampina nel Pentagono. Ashton Carter agli inizi del 2016 si era fatto vedere negli uffici di Amazon/Aws per parlare di come migliorare il mondo della difesa. In seguito aveva invitato Jeff a entrare a prendere parte ad un iniziativa di dello stesso Carter, allora nel governo Obama. Il progetto si chiamava Defense Innovation Advisory Board: una sorta di gruppo di probi-viri della Silicon Valley che potevano offrire suggerimenti e consigli (ovviamente disinteressati), su come rendere più digitale e moderno il Pentagono e le sue attività.

No J.E.D.I no party.

Ora Jeff è molto turbato. In verità, stante le altre cifre riportate sopra, il valore del contratto del Pentagono non è solo misurabile in termini economici (che comunque non sono da buttare via). Non ci vuole un genio del corporate branding per intuire che vincere un contratto così prestigioso sarebbe un biglietto da visita perfetto. Ci vuole poco a immaginare i lobbysti e i commerciali di AWS entrare nelle sedi politiche confacenti e nelle centrali acquisti con un sorriso da Joker (parlo solo del sorriso, non delle attitudini comportamentali illegali del personaggio) buttando li una battuta stile “be sa noi siamo i migliori, lavoriamo per il Pentagono (mia ipotetica frase bene inteso)”. A Jeff di recente è andato storto anche un altro colpo, sempre nel giro “alto” delle cose di governo. Un bando di gare dove partecipava con la sua Blue Origin è andato male. Persino il GAO (Government Accountability Office Usa, una specie di corte dei conti italiana) ha detto che il bando cosi costruito dalla Usa Air Force non andava bene. Come dire per Jeff il Natale quest’anno sarà un pochino più povero.

Ma se Trump avesse ragione?

Ho lasciato per ultima questa parte: a mio avviso si deve fare una riflessione che richiede la logica più che la arida e meccanica analisi costi-benefici. Alcuni (oltre ai lobbysti di Aws e Jeff) hanno suggerito che Trump possa aver in qualche modo bloccato o ostacolato la presenza di Jeff all’interno del Pentagono (vincendo lo J.E.D.I intendo) per un fatto personale. Specialmente i democratici, il cui precedente presidente non aveva battuto ciglio quando, come spiegato sopra, Ashton Carter aveva fatto una capatina da Jeff per parlare di futuro della difesa e di cose digitali. Vi faccio una riflessione molto banale: io ho un abbonamento per il cellulare e uno per la casa. Però con due operatori differenti. Il ragionamento è anti economico. Se ne avessi uno solo avrei degli sconti. Ma, come è successo in passato, se uno dei due operatori, per ragioni tecniche, mi lascia a terra io ho l’altro operatore di supporto. Ora al netto che i servizi e i prodotti venduti da Jeff sono un poco più complessi del mio contratto di cellulare non è plausibile che Trump, ammesso che sia vero si intende, abbia avuto anche interesse a evitare che Jeff diventi una sorta di super fornitore, quasi monopolista, dell’intero governo americano? Suona così strano ipotizzare che un presidente, di una delle nazioni più potenti del mondo, abbia interesse che il suo Stato non divenga un feudo di un singolo grande conglomerato di aziende (Jeff è tanta roba) che può fare il bello e il cattivo tempo? Specialmente se parliamo di temi cosi vitali come la difesa e la sicurezza? Se questo pensiero può sembrare cosi strano mi giova ricordare le parole, anzi le ultime parole, di un uscente presidente che, parlando del rischio che gli stati uniti diventassero un feudo del conglomerato industriale e della difesa disse (cito solo la parte più importante) : “ […] Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro.
Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito. Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme. […].”

Se, nel discorso di Eisenhower, al posto di “complesso militare-industriale” mettete “le aziende di Jeff” cambia qualcosa? Si trova così strano la preoccupazione espressa da un presidente americano, per il futuro della sua nazione?

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