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Uniqlo ha sostituito il 90% degli operai di Tokyo con robot

Circa il 90% degli operai del magazzino di Tokyo del brand Uniqlo è stato rimpiazzato da robot a due braccia programmati per fare il loro lavoro: prendere le magliette e piegarle. Uniqlo è un’azienda giapponese che produce abbigliamento low-cost, unendo design lineare e buona qualità. In patria è tra i leader del settore dell’abbigliamento, per diffusione e fatturato, e i suoi negozi sono distribuiti in tutto il mondo (il primo punto vendita italiano ha aperto a Milano a settembre 2019). Il centro di smistamento di Tokyo è dunque il punto di inizio dell’automatizzazione che Uniqlo sta cercando di portare nei suoi punti vendita. Secondo un report del Financial Times, infatti, il proprietario del brand, il colosso Fast Retailing, ha stretto una partnership con la startup giapponese Mujin, che sviluppa robot industriali. I robot messi “a lavoro” da Uniqlo hanno il compito di prendere le t-shirt, piegarle e inscatolarle per poterle inviare ai clienti che le acquistano online.

Questo lavoro, prima, veniva svolto dagli uomini. Un dirigente di Fast Retailing ha sottolineato al Financial Times che “solo le aziende in grado di aggiornare i propri business model saranno in grado di sopravvivere” e pertanto la strada intrapresa dall’azienda verso l’automazione rientra in questo nuovo corso. Un altro motivo della corsa ai robot è la sempre crescente scarsità di forza lavoro in Giappone: con un tasso di nascite in ribasso, la società giapponese è costituita sempre di più da anziani (una persona su cinque è ultra-settantenne), e alcuni dati del National Institute of Population and Social Security stimano che la popolazione del Paese passerà da qui al 2065, da 127 milioni a 88 milioni.

Mujin, la startup che produce i robot di Uniqlo, è nata nel 2011 a Tokyo, ed è specializzata nella costruzione di macchine per l’industria, vendite e logistica. Ha oltre 100 impiegati, e sviluppa e vende il proprio sistema di visione 3D per i robot, che sono in grado di svolgere una gran quantità di azioni: tra cui, appunto, preparare pacchi di magliette pronte per essere spedite. Anche se può sembrare un compito semplice, in realtà l’attività di agganciare e sollevare un tessuto leggero come una t-shirt di cotone è molto difficile per un braccio meccanico. Inoltre, non tutte le magliette sono fatte con lo stesso materiale, e non tutti i capi si possono piegare nello stesso modo. Proprio per questo, l’attività di confezionamento dei pacchi è sempre stata affidata agli umani (perfino Amazon, che ha fatto dell’automazione la sua filosofia, usa i lavoratori umani per preparare le confezioni). Fino ad oggi.

I robot che sono stati sviluppati in collaborazione da Mujin e Fast Retailing, per ora stanno svolgendo bene il loro lavoro nella fabbrica di Tokyo, almeno per quanto riguarda la maglieria. Con altri tipi di prodotti, invece, i bracci meccanici hanno incontrato difficoltà: qualora le buste di plastica che contendono la biancheria intima della linea ultra-tech di Uniqlo, ad esempio, venissero sostituite con un packaging di carta più eco-sostenibile i robot andrebbero in confusione, e con le cinture già accade. Gli operai meccanici riescono sì ad arrotolarle, ma poi queste si srotolano inevitabilmente una volta messe nella scatola. E dunque, il processo di perfezionamento continua.

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