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L’impatto dei big data sulla comunicazione

Nuovi strumenti, a partire dai big data, e un sistema dell’informazione sempre più complesso. Con la reputazione che resta un bene essenziale per le aziende e la comunicazione che deve adeguarsi alle profonde trasformazioni in atto. Risponde alle nostre domande Giorgia Freddi, direttore comunicazione, Cr e public affairs di Axa Italia.

Come cambia la comunicazione nell’Era dei big data?

Siamo eredi di un’epoca dove la comunicazione era concepita per dare a tutti lo stesso messaggio nello stesso modo, dove l’uniformità era il valore, presupponendo che l’interlocutore fosse un generico uomo, donna, o bambino i cui bisogni, desideri, interessi erano uniformi a quelli della propria categoria di appartenenza. Questa visione non corrisponde più alla realtà, la comunicazione non è più univoca e soprattutto non è più unidirezionale, ma è un processo condiviso e partecipato. Oggi dei nostri interlocutori non conosciamo solo le caratteristiche di genere, ma anche i precisi momenti esperienziali e soprattutto conosciamo il loro livello di ingaggio e gradimento rispetto a quello che noi stessi affermiamo e agiamo. In una parola quanto siamo stati rilevanti. La nostra vita interconnessa produce una enorme mole di dati che, se bene elaborati grazie ai big data, possono permetterci di avere capacità predittive e analitiche nuove e di agire con maggiore consapevolezza. Un’opportunità preziosa, che tuttavia porta con sé anche il rischio di dispersione e frammentarietà dei messaggi. Dunque, una sfida sempre crescente per noi comunicatori, a cui viene richiesto un maggiore sforzo di coerenza e consistenza dei contenuti, verso tutti gli stakeholders esterni e interni.

Come si difende la reputazione di un’azienda in un sistema dell’informazione sempre più complesso?

A differenza della notorietà che può essere raggiunta anche con una certa velocità usando con competenza la leva degli investimenti pubblicitari, la reputazione si conquista sul medio- lungo periodo attraverso un processo di coinvolgimento che soddisfa le aspettative e un bisogno di partecipazione degli stakeholder a 360 gradi. Bisogna continuamente alimentarla perché purtroppo basta un episodio per distruggerla e per questo credo che il differenziale in questa “difesa” sia la credibilità, ovvero puntare sulla qualità dei contenuti e fare quello che si dice. Per farsi scegliere oggi non basta avere un buon prodotto, circa il 40% della reputazione di un’azienda dipende dalla percezione relativa al suo ruolo sociale, i clienti orientano le loro decisioni non solo sulla base di prezzo e qualità, ma in base al riconoscimento nei valori dell’azienda, nell’etica quindi e nella responsabilità di impresa:ancora una volta se non c è coerenza tra valori ed azioni inutile pensare di essere considerati ‘ben reputati’. Per questo le aziende oggi hanno come obiettivo la reputazione e non più la notorietà, perché è un asset che integra il ruolo sociale dell’azienda, le scelte che opera in termini di sostenibilità e di inclusione, con il business. Questo è quello che proviamo a fare in Axa, un ‘purpose’ che è racchiuso nella nostra brand promise Know you can. Ovvero cerchiamo di aiutare le persone a realizzare le loro ambizioni di vita e contribuiamo a migliorare la società nella quale viviamo, con azioni concrete. Questo significa ad esempio sviluppare forme di protezione più inclusiva per nuove categorie di lavoratori, ma anche contribuire a progetti di riforestazione urbana, a sostegno della salute del pianeta e delle persone.

Come sono cambiati i rapporti tra le diverse funzioni (comunicazione, marketing, Csr) all’interno delle aziende?

Se dovessi scegliere una parola per sintetizzare questa relazione, direi integrazione. Fino a non molti anni fa, la comunicazione era intesa esclusivamente come una leva del mkt e la Csr era un nice to have, oggi l’approccio è decisamente cambiato, le tre funzioni sono divenute lanervatura di una visione strategica che integra la dimensione economica, umana e sociale. Si è creato un nuovo equilibrio dove paradossalmente nell’era del digitale il fattore umano acquista maggiore rilevanza, proprio grazie ai nuovi strumenti che la tecnologia ci offre. Oggi le emozioni influenzano più dei fatti e l’ingaggio emotivo avviene sul piano dei valori e dell’identità. Maggiore sarà la nostra capacità di comunicare l’identità e i valori dell’azienda e l’impegno verso la società in cui operiamo e maggiore sarà l’attrattività e quindi la fiducia nei confronti del brand. Le aziende hanno capito questo cambio di paradigma e si stanno orientando sempre più verso strutture in grado di governare questa trasformazione.

Come può essere misurata l’efficacia della comunicazione?

La ‘misurazione’ è un alleato prezioso, una bussola che ci aiuta a tenere la rotta. Ho avuto e ho tuttora il privilegio di lavorare con manager illuminati che hanno sempre considerato la comunicazione come una materia misurabile, abituandomi ad un approccio quali quantitativo che cerco di trasferire ai miei team e che sto utilizzando anche in questa nuova sfida, coniugandolo con un linguaggio innovativo, funzionale a tradurre la visione strategica e la forte componente valoriale di Axa Italia. Questo concetto vale oggi più che mai, in quanto grazie alla rivoluzione digitale, la misurazione trova nuovi strumenti e nuovi spazi. La misurazione del sentiment si arricchisce di analytics sempre più di dettaglio, che misurano le visualizzazioni, l’engagement, le condivisioni, la fidelizzazione, aiutando noi comunicatori ad orientarci in un universo di sempre crescente complessità. Nel bene e nel male, la misurazione ci offre elementi concreti su cui riflettere per orientare le nostre scelte e migliorare il modo in cui prendiamo le nostre decisioni. Ci fa uscire dalla nostra autoreferenzialità, stimola il confronto e ci potenzia l’efficacia del binomio contenuto-relazione.

 

Articolo parte della rubrica ‘Raccontare la comunicazione‘, apparso sul numero di Fortune Italia di gennaio 2020.

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