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Errare per crescere, il ruolo del feedback

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Il feedback nasce nel mondo dell’ingegneria delle telecomunicazioni per risolvere problemi molto concreti di trasmissione dei messaggi su lunga tratta. L’idea venne ad un giovane e geniale ingegnere mentre si trovava su un battello. Prese un giornale è disegnò il primo sistema a retroazione negativa della storia. Consiste in questo: l’energia entra nel sistema e quando esce viene riportata all’ingresso, così da generare un guadagno. L’informazione può essere riportata all’ingresso per sommazione o diminuzione: nel primo caso aumenta l’energia; nel secondo la corregge. Per questo si parla di feedback positivo e feedback negativo. È stato merito di Norbert Wiener, un genio mai abbastanza ricordato, comprendere come questo concetto – che nella sua apparente semplicità era al tempo ben poco ortodosso – avesse una portata ed importanza ancora più vasta.

Il ruolo del feedback nelle organizzazioni è quello di permettere di costruire un sistema auto-correttivo.

Costruire una cultura basata sul feedback implica un passaggio decisivo: dare più valore al metodo, come capacità del sistema di autocorreggersi, che all’intelligenza olimpica, come capacità di effettuare previsioni infallibili (capacità che continuiamo ad affinare da secoli e che oggi può avvantaggiarsi di sofisticati algoritmi ma che, quando entrano in gioco gli esseri umani, non è molto più affidabile del fenicottero usato come mazza da croquet in Alice nel Paese delle Meraviglie).

Il grande leader non è quello che riesce a prevedere in modo infallibile ogni cosa, ma quello che riesce a trasformare ogni errore in informazione. Nelle sue conseguenze sistemiche non vi è nulla di più rilevante che comprendere il valore operativo di questo concetto.

Il metodo del feedback è un metodo basato sul possibile, ma gli esseri umani continuano a lasciarsi sedurre dalla tentazione dell’ideale impossibile, e nel tentativo di perseguire questo ideale conducono in rovina interi sistemi organizzativi.

Tutte le volte in cui le organizzazioni chiedono il mio aiuto per costruire un’organizzazione perfetta e infallibile, io penso a come potrebbe essere possibile. L’organizzazione migliore infatti non è quella che non sbaglia. Tutti sbagliano. Persino Dio ha mandato il diluvio universale perché era insoddisfatto di come andavano le cose tra gli uomini (una storia già narrata nella bellissima epopea di Gilgamesh, ma questa è appunto un’altra storia).

L’organizzazione migliore è quella che è capace di rilevare l’errore, trasformarlo in informazione e correggersi in modo flessibile adattandosi a ciò che avviene ogni istante.

L’impossibile costruzione di un’ideale organizzazione infallibile induce a trascurare quello che si rivela essere il più prezioso elemento, da cui può originare la crescita o la distruzione dell’intero sistema: l’errore. Su questa idea si basa il concetto di “Knowing by Doing, Learning by Failing”, che è alla base del modello di formazione che ho sviluppato nel mio lavoro.

Immaginate di possedere un meccanismo che vi permette di definire e seguire perfettamente la rotta. Ogni tanto, però, commette un piccolo errore. Non sapete quando, perché l’errore viene nascosto. Questo significa che non potrete mai compiere lunghe tratte perché il più piccolo errore, se non corretto, si trasforma in un errore sempre più grande, sempre più grande.

Immaginate adesso di possedere un meccanismo più impreciso, ma che tuttavia permette di segnalare l’errore e, dunque, correggerlo. Potete andare ovunque con un meccanismo come questo.

C’è di più. Dopo un po’, il meccanismo conoscerà sé stesso e riuscirà a formulare previsioni, che saranno esse stesse informazioni, indicazioni o istruzioni (questo è il concetto di feed forward, ma anche questa è un’altra storia).

Il sistema-treno incontra un dosso e comunica a sé stesso di aver bisogno di più energia, ma quando l’energia arriva, il dosso è passato. Adesso il treno rileva il dosso in anticipo e formula previsioni sull’energia di cui il treno avrà bisogno e in quale momento erogarla. Cosa sta circolando nel treno? Energia? No. Informazione.

Un sistema basato su feedback è un sistema basato sull’informazione.

E qual è l’informazione che si rivela sempre più delicata, fallimentare o decisiva? Quella che circola tra esseri umani.

Per questo i processi di comunicazione tipo feedback sono tanto cruciali nei sistemi organizzativi e istituzionali.

Il feedback viene oggi spesso percepito in modo volgare, come qualcosa che bisogna dire a qualcuno perdendo del tempo. Quello non è feedback. È una parola presa in prestito e svuotata del suo significato, un po’ come quando dimentichiamo che “quechua” è il nome di un gruppo etnico.

Il feedback è qualcosa di più. È un elemento indispensabile di un sistema che vive e comunica, un sistema capace di gestire la comunicazione, l’informazione e il potere, capace di governare le cose: un sistema cibernetico.

Finché continueremo a inseguire il sogno di un’organizzazione infallibile continueremo a sbagliare, e finché non impareremo a gestire l’errore come informazione non potremo migliorare.

Dobbiamo allora rinunciare al nostro ideale di perfezione impossibile (che in genere non tiene in debito conto l’incredibile fallibilità dell’essere umano)? No. Esso continuerà a ispirarci, come un punto di fuga impossibile da raggiungere ma che permette al pittore di lavorare con giudizio e proporzione.

I nostri ideali, come grandi Utopie, continueranno sempre a ispirarci, permettendoci di prendere in prestito da un futuro impossibile, sognato e immaginato, qualcosa di utile nel presente possibile.

Questo è il vero valore, significato e ruolo di una cultura basata sul feedback. Non un semplice momento di comunicazione ma un concetto capace di liberare un grande potere. Da imparare a usare.

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